formaggi latte yogurt latticini

latte e derivatiCircolano ancora  false credenze sul consumo di latte e dei derivati, per questo motivo il Centro di ricerca alimenti e nutrizione (CREA) ha voluto rispondere alle fake news e alle affermazioni inesatte che circolano in molti siti, dedicando una giornata di studio sull’argomento .

Un tema molto dibattuto riguarda la questione sull’opportunità di  continuare a dare il latte ai bambini dopo lo svezzamento, alcuni lo ritengono dannoso in quanto “innaturale”. Non è così, latte e derivati, se consumati secondo le raccomandazioni nutrizionali, contribuiscono a fornire macro e micro-nutrienti essenziali durante tutto l’arco di vita. Sono alimenti che rivestono un ruolo cruciale soprattutto durante l’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza.

Negli anni della crescita la massa e la densità ossea dello scheletro aumentano. Per garantire un buon metabolismo dell’osso è necessario assumere con la dieta un adeguato apporto di calcio altamente biodisponibile e  altri elementi essenziali come magnesio e fosforo, tutti  minerali presenti nel latte e nei latticini. In questo modo si riduce il rischio di sviluppare osteoporosi da grandi. Il consumo di yogurt e di prodotti caseari è consigliato anche a chi è intollerante al lattosio, con l’accortezza di scegliere tra le numerose proposte in commercio quelle con un contenuto ridotto.

Un’altra idea errata è che il consumo di latte provochi una perdita di calcio dalle ossa in seguito all’acidificazione del sangue, contribuendo allo sviluppo di osteoporosi. Non esiste una relazione causa-effetto tra livello di acidità della dieta e salute delle ossa. Quando l’acidità aumenta, la quota di calcio eliminata attraverso le urine è maggiore e contemporaneamente viene stimolato l’assorbimento intestinale, quindi il bilancio totale non viene influenzato.

Dopo lo svezzamento, il latte di altri mammiferi fornisce macro- e micro- nutrienti essenziali a tutte le età, tra cui calcio, magnesio e fosforo

Per quanto riguarda i grassi, il contenuto nel latte è relativamente basso (circa 3,6 %) e alcuni  dei grassi contenuti svolgono un ruolo positivo per il nostro organismo. Inoltre il contributo del consumo di latte all’apporto totale di colesterolo alimentare è molto limitato. Più attenzione va posta ai formaggi, limitandone le quantità. È anche dimostrato che i bambini e gli adolescenti che consumano più latte e yogurt aumentano meno di peso. Forse perché sono spuntini che hanno contenuto di calorie ben lontano da quello delle merendine industriali.

Un altro elemento da sfatare è il collegamento tra  latte e fattori di rischio tumorali. In particolare è stato osservato un effetto protettivo per il tumore del colon-retto, mentre esistono solo prove limitate riguardo all’associazione tra un consumo molto alto di latte e derivati, superiore a 400 grammi al giorno, e l’aumento del rischio di sviluppare il tumore della prostata. Altri dati suggeriscono un effetto protettivo nei confronti dello sviluppo di sovrappeso, obesità, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari, soprattutto se si scelgono latte scremato e prodotti caseari a basso contenuto di grassi e fermentati.

Il Crea tranquillizza i consumatori anche sulla questione dei residui di farmaci e pesticidi. I limiti europei  sono ampiamente rispettati e i continui controlli lo confermano. Basandosi sui dati che provengono dalla letteratura scientifica più recente, si può dire che un consumo appropriato di prodotti lattiero-caseari ha effetti positivi a tutte le età. Le uniche eccezioni sono rappresentate da malattie specifiche come l’intolleranza  al lattosio e l’allergia alle proteine del latte.

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Paoblog
Paoblog
17 Novembre 2018 10:01

Scusate, ma proprio non si può scrivere “false notizie” o “bufale” piuttosto che l’onnipresente “fake news”?

Come scrive Licia Corbolante: “Se l’espressione fake news è così generica in inglese, ha senso usarla anche in italiano? Secondo me è un anglicismo superfluo: possiamo dire notizie false o notizie inattendibili oppure usare bufala che nell’accezione “notizia priva di fondamento” è una parola breve, molto precisa ed efficace.

Perché allora si sta diffondendo fake news anche in italiano? Direi pigrizia e/o scarse competenze linguistiche di chi traduce dall’inglese, ma anche l’ossessione di evitare la ripetizione, tipica del media italiani, che spinge a usare gli anglicismi come sinonimi.

Mi pare anche che sia intervenuto un meccanismo tipico dell’itanglese e a fake news venga attribuito un significato più specifico, per ora assente in inglese: nell’uso italiano fake news sono le notizie false presenti esclusivamente online e [fabbricate per essere] condivise sui social media.”

Vedi http://blog.terminologiaetc.it/2016/12/06/origine-significato-fake-news/

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
Reply to  Paoblog
18 Novembre 2018 11:11

Gli anglicismi nascono come uno dei tanti tristi ma storicamente frequenti tentativi di distinguersi e mostrarsi sopra la media in ambito sociale. Mi ricordo personalmente l’ostracismo per i dialetti negli anni’60 per la stessa illusoria ragione pseudoaltezzosa. Oggi fortunatamente il dialetto è musicale espressione identitaria di profonde radici storiche e culturali. Anche gli anglicismi in funzione di scorciatoia per dimostrare distacco dalla plebe ignorante fortunatamente mostrano i primi segni di affanno, anche se , ahimè, l’inglese è di fatto lingua universale di scambio di conoscenza fra i popoli e non può certo essere demonizzato totalmente.

In ogni caso fake o bufale che dir si voglia esprimono qualcosa di più grave e pericoloso della pur comprensibile voglia di non essere additati come poveri ignoranti di classe inferiore: sono meccanismi perversi di controllo sociale da parte di sette fanatiche avide di sottrarre il potere alle “disprezzate” élite dell’establishment unicamente per sostituirvisi, infondendo discredito alla scienza e alla conoscenza con la lusinga di beceri luoghi comuni ben orecchiabili rincorrendo una post verità di comodo e appagante ciò che ci si vuol sentire dire.

Le fake o bufale o str..ate hanno questo preciso scopo e dilagano a macchia d’olio soprattutto in campo agrolimentare dove è più facile mescolare paura ed ignoranza. Il “Free from” invade i supermercati alla spasmodica ricerca di danarosi clienti convinti che la causa del loro male non sia la semplice ignoranza facilmente curabile con studio e dedizione ma il perfido gombloddo che ci fa mangiare il lattosio e il ….GLUTINE!!!! AAAAAAAAAAAAARRRRRRRRRGGGGGGHHH!!!!!!!!!

cristina
cristina
17 Novembre 2018 20:33

Mi chiedo se il CREA è a conoscenza dei metastudi che a quanto affermano l’esatto contrario di ciò che hanno dichiarato…
A hundred thousand men and women were followed for up to 20 years. Researchers found that milk-drinking women had higher rates of death, more heart disease, and significantly more cancer for each glass of milk. Three glasses a day was associated with nearly twice the risk of premature death, and they had significantly more bone and hip fractures. More milk, more fractures.
Fonte:
https://nutritionfacts.org/2017/01/31/why-is-milk-consumption-associated-with-more-bone-fractures/

Andrea C.
Andrea C.
Reply to  cristina
18 Novembre 2018 13:16

Nutritionfacts.org è un sito del Dr. Michael Greger, famoso propagandista vegano americano, uno che seleziona accuratamente gli studi che gli fanno comodo per demonizzare tutti i cibi di origine, ed omette tutte le evidenze contrarie alla sua ideologia vegan!

Umberto
Umberto
Reply to  cristina
18 Novembre 2018 14:07

Peccato però che non venga citata la fonte bibliografica!

Roberto La Pira
Reply to  Umberto
18 Novembre 2018 15:32

In questo articolo che tratta argomenti analoghi dovrebbe trovare le fonti bibliografiche che cerca
https://ilfattoalimentare.it/latte-intolleranza-benefici-allergie.html

pier danio
pier danio
Reply to  cristina
1 Dicembre 2018 18:58

L’ultimo articolo che risponde ai dubbi su latte e derivati è stato pubblicato su Lancet:
Published Online September 11, 2018 http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(18)31812-9

Queste le conclusioni dello studio su 136824 individui e condotto da decine di studiosi mondiali, senza conflitto d’interessi:
In conclusion, we observed that higher dairy consumption was associated with lower risks of mortality
and cardiovascular disease, particularly stroke. Our study suggests that consumption of dairy products should not be discouraged and perhaps should even be encouraged in low-income and middle-income countries where dairy consumption is low.
Questo non convincerà i vegani, ma probabilmente metterà dei dubbi a Cristina.

Sergio
Sergio
19 Novembre 2018 10:35

A volte si crede di vivere nel ventunesimo secolo, poi si scopre che a livello di raccomandazioni siamo ancora al livello dei medici del diciottesimo secolo che sconsigliavano alle donne incinte di fare un bagno.

Purtroppo ormai queste credenze sono entrate nella vita di tutti i giorni, basta vedere quanto spopolano i piatti senza qualcosa: senza zucchero, senza burro, senza olio, senza uova, senza latte, senza niente.
Secondo me la cosa migliore sarebbe tornare a mangiare come facevano i nostri nonni, che probabilmente morivano prima perchè si spaccavano la schiena al lavoro e non perchè si bevevano dei gran bicchieri di latte crudo e non avevano timore di una fetta di gongorzola o di un paio di uova sode. Le abitudini alimentari infatti dannose sono nate nel secondo dopoguerra a causa di cibi industriali privi di nutrienti e demonizzazioni di alimenti salutari in favore di altri, vedasi il burro per favorire la margarina.

ezio
ezio
21 Novembre 2018 13:50

Quando ci renderemo conto che generalizzare, seguendo le statistiche, è il modo peggiore per prendersi cura della salute delle persone, sarà sempre troppo tardi.
In special modo per quelle istituzioni, o consulenti/specialisti che si fanno prendere dalla tendenza alle affermazioni generaliste, sia per ruolo, sia per moda, sia per principi vari, ma anche ed a volte per supporto lobbistico.
Quando ci renderemo veramente conto che allergie a parte, la tolleranza e la digeribilità di un alimento e delle sue componenti nutrizionali è fatto personale non trasferibile ad altri nemmeno della propria famiglia?
L’incidenza altissima dell’intolleranza al lattosio non ha insegnato proprio nulla e la tollerabilità/digeribilità individuale ai grassi e agli zuccheri nemmeno.
Ma ci sono altre specifiche sensibilità ancora poco considerate, come quella per le fibre, le proteine dei vari frumenti, le proteine dei diversi latti animali, per vari conservanti e coloranti ben assortiti in quasi tutti gli alimenti, ecc..
Perché le statistiche sembrerebbero valere per tutti, ma purtroppo non valgono per nessuno in particolare ed ognuno di noi è una persona particolare.

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
22 Novembre 2018 15:47

La scienza statistica coadiuva le altre scienze nella nobile ed utile ricerca della verità, delle cause, dei sintomi, dei rimedi. Malgrado la crescente rinascita di esoterismi, paure e relative superstizioni l’obiettivo della conoscenza rimane la chiave per puntare ad un maggior benessere condiviso e diffuso.

Sapere che il rischio di un certo evento patologico associato a comportamenti o cibi è 1 su 1 milione o 1 su mille o addirittura 1 su 3 è ben differente dal punto di vista statistico ma anche umano, sociale e delle regole preventive da mettere in campo. Ovviamente se si seguono metodi sperimentali scientifici rigorosi per giungere a individuare quelle percentuali.

Certo poi essere quell’1 comunque non dà certo nemmeno mezzo “gaudio” anche se il mal comune fosse tra 3 o nel più raro 1 su milione.
Però malgrado l’alibi autoassolutorio dello stucchevole mezzo pollo di Trilussa ha evitato ed evita il contrario: che milioni prendano ad es. la malaria perché ignorano l’esistenza della zanzara e plasmodio o la poliomielite che tanto con i vaccini ci si arricchisce solo bigghefarma.

ezio
ezio
23 Novembre 2018 13:10

“La scienza statistica coadiuva le altre scienze nella nobile ed utile ricerca della verità, delle cause, dei sintomi, dei rimedi. Malgrado la crescente rinascita di esoterismi, paure e relative superstizioni l’obiettivo della conoscenza rimane la chiave per puntare ad un maggior benessere condiviso e diffuso.”

Quando siamo ammalati oppure abbiamo un problema alimentare andiamo dal medico, oppure dal dietista/nutrizionista e non dallo statitistico.

“Sapere che il rischio di un certo evento patologico associato a comportamenti o cibi è 1 su 1 milione o 1 su mille o addirittura 1 su 3 è ben differente dal punto di vista statistico ma anche umano, sociale e delle regole preventive da mettere in campo. Ovviamente se si seguono metodi sperimentali scientifici rigorosi per giungere a individuare quelle percentuali.”

Le statistiche mediche servono per la prevenzione sanitaria e servono alle istituzioni ed agli specialisti sul campo.

“Certo poi essere quell’1 comunque non dà certo nemmeno mezzo “gaudio” anche se il mal comune fosse tra 3 o nel più raro 1 su milione.
Però malgrado l’alibi autoassolutorio dello stucchevole mezzo pollo di Trilussa ha evitato ed evita il contrario: che milioni prendano ad es. la malaria perché ignorano l’esistenza della zanzara e plasmodio o la poliomielite che tanto con i vaccini ci si arricchisce solo bigghefarma.”

Le statistiche vaccinali servono al ministero della salute per ordinare i vaccini e promuovere le campagne vaccinali, mentre quelle alimentari del pollo servono al marketing aziendale per orientare la pubblicità e le produzioni.
Il cittadino consumatore meglio che segua il suo medico/pediatra/gastroenterologo/dietologo personale, piuttosto che una statistica Istat o Nilsen.

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
23 Novembre 2018 16:59

La statistica non la fa Trilussa o Nielsen, è strumento ineludibile del metodo scientifico per capire se le ipotesi sperimentali hanno fondamento almeno al 95% di probabilità o se c’è un eccesso di casualità legata alla variabilità ambientale. Il rigore statistico ha permesso di confermare o bocciare o migliorare scoperte scientifiche, farmacologiche o tecnologiche che hanno migliorato la vita di tutti fornendo corrette informazioni agli operatori sanitari, medici o dietisti che siano. Negarne l’apporto fondamentale allo sviluppo della conoscenza è una delle tante tragiche tappe di sprofondamento verso il trionfante e garrulo CIALTRONEVO

ezio
ezio
Reply to  fabrizio_caiofabricius
24 Novembre 2018 11:44

Penso proprio che lei abbia palesemente equivocato sul ruolo della statistica che non è in discussione, con quello della prescrizione medica/dietetica.
Si rilegga i commenti e vedrà che sono due atti scientifici diversi non equivalenti per principio e scopo applicativo.

eliana
eliana
1 Dicembre 2018 12:07

Esiste anche un aspetto “etico” nell’alimenotazione. A prescindere dal fatto che faccia bene o male, a me non va di bere il latte sapendo come viene prodotto. I nostri avi non trattavano così le loro mucche. Quindi cerco altre soluzioni, che mettano insieme possibilmente la salute e il benessere sia mio sia della mucca.

Elena
Elena
Reply to  eliana
2 Dicembre 2018 09:31

Signora Eliana…Se non bere latte la fa sentire eticamente tranquilla, vorrei capire come si sente ad avere un cellulare…ci sono bambini di 6-7 anni che vengono mandati in miniera ad estrarre minerali anche per il suo smartphone. Un po’ di coerenza nella vita non guasta…

Mino Gasparotto
Mino Gasparotto
1 Dicembre 2018 13:27

Io da sempliciotto quale sono sorrido quando leggo discussioni sulla utilità o meno di consumare un alimento che l’uomo utilizza da quando esistono gli animali che lo producono, che ha permesso di sfamare dalla notte dei tempi intere popolazioni. Tralasciando che obbiettivamente esistono persone intolleranti o allergiche, il latte e i suoi derivati fanno parte da sempre della dieta abituale di una buona percentuale dell’umanità. ho quasi 60 anni, fino a 20 ne consumavo oltre mezzo litro al giorno, in seguito ho puntato più sui formaggi, finora sto in salute, devo solo tenere un attimo sotto controllo il colesterolo. Una piccola nota da far inorridire i moderni peiiatri, non i medici dell’epoca che anzi lo consigliavano: causa una carenza di latte materno ho iniziato a consumare latte vaccino, bollito e opportunamente diluito con acqua, dopo una settimana di vita, crescevo oltre un kg al mese, meglio dei migliori e costosissimi latti in polvere moderni. stessa dieta è stata imposta a 2 mie sorelle nate in seguito, risultati analoghi

Corrado
Corrado
1 Dicembre 2018 17:08

Per quanto autorevole possa essere l’istituzione che cerca di smontare inopportune credenze, malgrado ciò tra le righe si può leggere come la ricerca di far chiarezza comporti soprattutto in prospettiva la rassicurazione delle persone sul loro mantenimento di abitudini alimentari che tra le altre cose, mediche, scientifiche, ecc. alimentano, è il caso di dirlo esplicitamente, un settore non indifferente dell’economia italiana. A me l’articolo non è parso avere un taglio scientifico. Ma un accenno alle quantità appropriate, dove lo fanno? Sì perché occorre tener presente che il latte, oltre a quello fresco, intero, parzialmente o totalmente scremato che sia, si trova come ingrediente in quasi tutti i prodotti da forno dolci, a volte anche salati, a volte anche in prodotti non da forno. Insomma: si è davvero sicuri che ciascun buon consumatore, magari anche quello in tenera età, sappia quale sia la quantità appropriata; e sappia anche che se consumi latte dovrai contenere la porzione di formaggio. E le varie caratteristiche dei formaggi le conosciamo tutti così bene? Mah. La mia scelta radicale di adottare una dieta vegana prescinde da tutte queste disquisizioni in quanto è una scelta principalmente, ora lo posso dire, etica. Ossia, sono disposto anche a sacrificare la mia salute se ciò allevia la sofferenza di qualcun altro (una mucca non è un qualcosa, ma per me è qualcuno) che non ha spontaneamente deciso di dare il suo latte a noi piuttosto che al suo vitello. Questo è opportuno che non si dica in queste rassicurazioni ufficiali, non sia mai che si inizi troppo presto a sensibilizzare le persone e formarle anche secondo un principio etico e non solo consumistico, salutistico, opportunistico e via discorrendo.

Vittoria
Vittoria
1 Dicembre 2018 18:49

Mah, che il latte ed i suoi derivati possano rappresentare un rischio per la salute dei consumatori potrebbe essere vero nella misura in cui questo alimento/i entrano nella dieta quotidiana. É sicuramente buon senso, affermare che tutto fa bene e tutto fa male se non c’è misura, ma é sicuramente esagerato affermare che nei giovani e/o giovanissimi, questi alimenti sono fondamentali. Si insegni la vera alimentazione mediterranea prima e, poi, riparliamo delle qualità nutrizionali del latte e suoi derivati. A mio avviso si vuole salvaguardare l’allevam intensivo, non la salute pubblica.

Marco
Marco
2 Dicembre 2018 10:49

Tuttavia latte e latticini sono sconsigliati a chi soffre di artrosi (vedere “La dieta antiartrosi” del dott. Marco Lanzetta) o no?

Tizy
Tizy
2 Dicembre 2018 15:52

Non so se avete mai sentito o visto la Dott.ssa Villarini che collabora con l’Istituto dei tumori di Milano. Lei è nutrizionista e lavora sull’alimentazione dei malati oncologici. Io ho letto un suo libro e dice chiaramente che latte e latticini contengono le proteine della crescita delle cellule (fattori IGF) che contribuiscono alla crescita delle cellule tumorali. Lei sconsiglia latte e derivati per il fatto che, le mucche provenienti da allevamenti intensivi sono piene di ormoni per garantire una produzione continua di latte, di conseguenza mangiando ogni giorno questi prodotti caseari certamente non aiuta la salute. Anche l’oncologo Berrino la pensa sulla scia della Villarini… non credo che professionisti di questo livello a contatto quotidiano con la malattia, con i riscontri positivi di una dieta che assume poche proteine animali….si inventino barzellette!

Roberto La Pira
Reply to  Tizy
2 Dicembre 2018 16:09

Forse andrebbe ascoltato Vittorio Krogh da qualche anno direttore della Struttura complessa di Epidemiologia e Prevenzione dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano,che ha un parere sicuramente più autorevole e diverso da quello di Franco Berrino. Provi a leggere questi due articoli che abbiano pubblicato sul nostro sito dove Berrino fa una sostanziale marcia indietro rispetto ad alcune strane teorie nutrizioniste che porta avanti https://ilfattoalimentare.it/franco-berrino-farina-bianca-veleno.html

ezio
ezio
Reply to  Tizy
3 Dicembre 2018 13:11

Sull’autorevolezza tra Krogh e Berrino ci sarebbe da discuterne con maggior obiettività di dati riconoscimenti, esperienze e risultati sul campo, piuttosto che una semplice e legittima preferenza soggettiva.
Negli articoli e discussioni citate si trattava di farine raffinate come lento e subdolo “veleno”, piuttosto che di latte e latticini. Farine raffinate da usare con parsimonia e da sostituire decisamente con quelle integrali, se vogliamo e crediamo nella validità preventiva della vera Dieta Mediterranea, oggi finalmente riscoperta anche dai nostri benemeriti dietologi, nutrizionisti ed oncologi, Krogh compreso (ma anche da Barilla ed altri produttori di pasta all’italiana).
Nel merito del latte, ho già commentato sopra sull’errore sostanziale della generalizzazione, mentre occorre valutarne bene la compatibilità personale anche e soprattutto nei bambini.
Ma questa è competenza medica e pediatrica, piuttosto che disquisizioni generalistiche di studi statistici.

carlo
carlo
4 Dicembre 2018 22:41

Ma dove sono le fonti con i relativi studi da cui sarebbero tratte queste notizie? O il latte è troppo importante, dal punto di vista economico così come la pasta, per essere accusato di nocività alcuna? Esistono molti studiosi eminenti che affermano l’esatto contrario rispetto a quanto esposto nell’articolo, a partire dalla proteina IGF che conduce alla crescita cellulare…molti studi pubblicati nel corso degli anni e contenuti nel più grande archivio mondiale in materia di studi scientifici biomedici,il Pubmed, dimostrano la chiara pericolosità dell’assunzione di latte e latticini