La bresaola di tonno prodotta e commercializzata dall’azienda Tharros pesca di Cabras sembra aver causato un malore a un uomo di Milano, probabilmente a causa di un eccesso di istamina, come evidenziano i controlli effettuati sul lotto 12414. Il prodotto è stato venduto nel loro negozio a Oristano e acquistato da una persona durante un soggiorno in quella zona: il rischio è quindi confinato e il prodotto – poche confezioni – è già stato ritirato. L’azienda ha tempestivamente comunicato l’accaduto attraverso inserzioni pubblicitarie sui quotidiani locali. Sul quotidiano “Unione Sarda” Pino Spanu, titolare dell’azienda cabrese, commenta: «abbiamo avuto la segnalazione di una cliente che ha avuto un leggero malore dopo aver mangiato la bresaola di tonno acquistata da noi a Oristano. Abbiamo eseguito le analisi e alcuni campioni, ma non tutti, ci hanno dato esito positivo per l’istamina. Immediatamente abbiamo ritirato dal mercato l’intero lotto – e continua – in futuro ogni singola lavorazione effettuata nel nostro stabilimento sarà preceduta da analisi preventive per eliminare questa problematica».
Abbiamo voluto riprenere questa notizia per evidenziare il comportamento esemplare della piccola azienda familiare sarda rispetto a quello di molte grandi aziende alimentari e diverse catene di supermercati che di fronte al ritiro di prodotti dal mercato cercano in tutti i modi di occultare la notizia e di non dare informazioni adeguate ai consumatori.
Ecco una scheda redatta da Orsa Campania, sulla intossicazione da istamina
L’intossicazione da istamina, o sindrome sgombroide, è causata dalla presenza in grandi quantità di una sostanza – l’istamina appunto – in alcuni alimenti come il pesce conservato a temperatura ambiente. Si ritrova più facilmente nelle specie a carne rossa appartenenti alle famiglie Scombridae (come tonno, tonno pinna gialla, tonnetto striato o bonito, sgombro, lampuga), Clupeidae (sardine, aringhe, cheppie ed acciughe) e altre specie ittiche affini. Come troviamo scritto sul sito di Orsa Campania, l’intossicazione si verifica in seguito al consumo di tali prodotti refrigerati o conservati in modo non adeguato dopo la pesca. Solo questi pesci possono diventare pericolosi a causa di un amminoacido, l’istidina presente nelle loro carni che, in determinate condizioni di temperatura, si trasforma gradatamente in Istamina, ad opera dell’enzima istidina decarbossilasi prodotto da alcuni batteri.
I sintomi sono: arrossamento della pelle, cefalea pulsante, bruciore orale, crampi addominali, nausea, diarrea, palpitazioni, senso di malessere e raramente ipertermia e perdita della vista. Le persone asmatiche sono più inclini a manifestare problemi respiratori quali dispnea o broncospasmo. L’intossicazione si manifesta entro 10-30 minuti dall’ingestione del pesce. Dura approssimativamente dalle quattro alle sei ore e raramente i sintomi persistono per più di uno-due giorni. La produzione di istamina può avvenire in ogni fase della filiera: dal momento della pesca e sbarco del pesce, al processo di trasformazione e distribuzione fino alla fase di somministrazione (domestica o pubblica). La formazione di istamina può essere prevenuta applicando le “corrette prassi igieniche” (rispetto della catena del freddo, eviscerazione e preparazione tempestiva del prodotto) sia in fase di produzione primaria sia in fase di trasformazione. La cottura non degrada l’istamina una volta formatasi nei tessuti del pesce, anche se distrugge i batteri che concorrono alla sua formazione. La tossina non conferisce al prodotto odori o sapori particolari. L’esame sensoriale del consumatore non può quindi fornire elementi per accertare la presenza o l’assenza della tossina. L’esame di laboratorio è l’unica prova certa per la valutazione di un prodotto.
Fonte: Orsa Campania – Silvia Castellano
Sara Rossi
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