In Europa tutti ricordano nel 2003/2004 una vicenda simile collegata al colorante cancerogeno e genotossico Sudan I che ha sconvolto tutti i mercati causando il ritiro di centinaia di prodotti. La presenza di questo colorante fu rilevata in Francia nel peperoncino proveniente dall’India impiegato in sughi pronti, salse rosse piccanti e decine di preparazioni. Nel 2004 scoppiò un nuovo allarme, questa volta riguardante l’olio di palma contenente il colorante Sudan IV, appartenente alla stessa famiglia e con gli stessi rischi del precedente. Il procuratore Raffaele Guariniello avviò un’inchiesta e 16 campioni di olio di palma su 87 risultarono contenere il colorante vietato. Il Ministero della Salute italiano in un rapporto del 2004 cita 222 positività al Sudan I nei primi nove mesi che hanno determinato il ritiro di sughi pronti e altri prodotti firmati da aziende come: Barilla, Conad, Cirio, Star, Arena…
Trattandosi di una sostanza genotossica e potenzialmente cancerogena (classificata in questo modo dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc)), l’uso è vietato negli alimenti, nel giugno 2003 l’Unione europea adotta diversi provvedimenti per prevenire ulteriori incidenti. Arrivano infatti le Decisioni: 460/2003, 92/2004 e 402/2005, che estendono le “misure di emergenza relative al peperoncino” anche “ai prodotti derivati dal peperoncino, alla curcuma e all’olio di palma”, perché in questi prodotti erano state riscontrate: Sudan I, Sudan II, Sudan III e Sudan IV (Scarlet red), che costituiscono “un grave rischio per la salute”.
Con il provvedimento del 2005, l’Unione europea dispone “… che le partite di peperoncino, prodotti derivati dal peperoncino, curcuma e olio di palma, importati nella Comunità in qualsiasi forma e destinati al consumo umano, siano accompagnate da un rapporto d’analisi fornito dall’importatore o dall’operatore del settore alimentare interessato, attestante che la partita non contiene Sudan I, Sudan II, Sudan III o Sudan IV (Scarlet red)”. Il provvedimento ha carattere temporaneo e stabilisce che gli Stati membri debbano effettuare campionamenti casuali e analisi su partite di questi prodotti presentate all’importazione o già in commercio. Il provvedimento del 2005 però viene abrogato dal Regolamento europeo 669/2009 del 24 luglio 2009, perché si registra “un miglioramento significativo della situazione per quanto concerne la presenza di coloranti Sudan nei prodotti in questione” e pertanto si riteneva “opportuno eliminare l’obbligo di fornire il rapporto d’analisi per ogni partita di prodotti importati, di cui alla decisione 2005/402/CE, e stabilire invece un livello accresciuto e uniforme di controlli da effettuare sulle partite ai punti di entrata nella Comunità”. Alla luce delle notizie di questi giorni il problema non sembra però ancora risolto.
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Ricordate l’identico problema del peperoncino colorato con colorante sudan IV ? è purtroppo una più che deplorevole usanza di paesi asiatici ed africani dove pare non esistano controlli di sorta, accompagnata alla frequente abitudine di importatori “disattenti /ignoranti/ poco inclini ai concetti di qualità e salubrità”, che non attuano prevenzione su ” fornitori esotici” . Comunque anche le aziende destinatarie e i gruppi di acquisto di tali prodotti non brillano per consapevolezza e controllo di quanto comprano e vendono, nonostante le asserzioni di “biologico” o di “commercio equo e solidale”. Non resta che attivare e coordinare i centri di controllo igienico sanitario ufficiali, ma i vigili ormai non vanno quasi più nei negozi, ed il NAS non può vedere tutto.
I maggiori controlli in Italia non li fanno i Nas ma le Asl e le altre autorità sanitarie