Fra le tante novità di Seeds and Chips, manifestazione dedicata all’innovazione nel settore alimentare, che si è svolta da poco a Milano, c’era lo stand della start-up Crické, dove si potevano assaggiare le Crickelle, cracker a base di farina di grillo (con la minuscola!). In realtà le Crickelle contengono un 15% di questo ingrediente, il resto è farina di grano tenero, olio e sale. Ma questo basta per collocarle fra i cibi “speciali”, o meglio “novel food”, sia perché la vendita non è ancora autorizzata (e questo alimenta la curiosità), sia perché i grilli, come molti altri insetti commestibili, hanno un contenuto proteico molto elevato quindi questi cracker sono più nutrienti e “completi” di quelli che mangiamo di solito.
La FAO ha lanciato da alcuni anni il programma Edible insects per promuovere la diffusione dell’entomofagia, cioè la pratica di mangiare insetti, già seguita da circa 2 miliardi di persone nel mondo, principalmente in Asia, Africa e America Centrale. Se, come stima la stessa FAO, la popolazione mondiale raggiungerà i nove miliardi entro il 2050, gli insetti potrebbero diventare un’importante fonte di cibo, sia per la loro ricchezza nutrizionale (proteine, acidi grassi essenziali, minerali, vitamina B12), sia perché allevare insetti ha un impatto molto più basso dell’allevamento di polli o di bovini. L’emissione di gas-serra legata all’allevamento di insetti è 10-100 volte più bassa delle forme più diffuse di allevamento, inoltre per produrre un chilo di cavallette servono due chili di mangime contro gli otto chili necessari per un chilo di carne di manzo.
L’argomento incuriosisce e anche noi ne abbiamo già parlato, ma la legislazione italiana al momento non consente di allevare, trasformare e commercializzare insetti destinati alla nutrizione umana. In Francia e in Germania si possono vendere, mentre nei Paesi Bassi, dove ci sono meno restrizioni, ha sede Kreca, il principale produttore del continente. Nel 2018 entrerà in vigore la normativa europea che uniformerà questi aspetti nei diversi Paesi dell’Unione.
«Il nuovo regolamento sarà in vigore l’1 gennaio 2018 – fa notare Antonio Bozzaotra, allevatore di bachi da seta, insieme al fratello Giuseppe – però passerà un po’ di tempo prima di trovare questi prodotti nei supermercati, perché mancano leggi nazionali che definiscono i protocolli per l’allevamento e la trasformazione degli insetti». I gemelli Bozzaotra producono bozzoli e li vendono come dispositivi medici, per il loro effetto benefico contro dermatiti e acne. Da alcuni anni però stanno sperimentando anche l’allevamento di insetti a scopo alimentare, intanto si dedicano alla divulgazione, organizzando eventi e partecipando a trasmissioni televisive, come Matrix, nel dicembre 2015.
«Stiamo mettendo a punto tecniche di allevamento – spiega Bozzaotra – e da tre anni siamo seguiti da un laboratorio che fa analisi e non abbiamo mai trovato anomalie. Prima lavoravamo in Italia, nel padovano, adesso siamo in Svizzera, dove la normativa è più permissiva. Abbiamo chiesto alle ASL di Monselice e di Padova di controllare il nostro lavoro, ma in mancanza di protocolli standardizzati non possono intervenire. Nel 2014 abbiamo aperto un sito di vendita: compravamo insetti all’estero e li rivendevamo, come “souvenir”, poi però le cose sono cambiate ed è stato bloccato.»
Italbugs, azienda nata in Italia in occasione di Expo 2015, che ha realizzato il primo panettone con farina da baco da seta, si è trasferita in Olanda per iniziare la commercializzazione di prodotti alimentari a base di insetti. Sono presenti a Bruxelles – come membri dell’associazione IPIFF (International Platform of Insects for Food and Feed) – per collaborare alla nuova legge sui novel food.
I prodotti a base di insetti, posti in vendita, devono essere sicuri per i consumatori, come accade per tutti gli altri alimenti: le procedure di allevamento e trasformazione devono permettere di individuare ed evitare rischi di contaminazione chimica e microbiologica, e si deve considerare anche il problema degli allergeni, settore nel quale le informazioni disponibili sono pochissime.
«Il sapore dei grilli ricorda un po’ quello dei gamberetti – dice Bozzaotra – e anche la composizione è simile, per certi aspetti, quindi di solito si sconsiglia l’assaggio a chi è allergico ai crostacei. A me per esempio la farina di grillo non dà nessun fastidio, a mio fratello invece – e siamo gemelli omozigoti – provoca pizzicore alla gola.»
Luigi Ruggeri, fondatore dell’azienda Microvita, con sede in provincia di Bologna, alleva insetti da 35 anni e il suo approccio è molto concreto. «Lavoravo all’Università di Bologna e allevavo insetti per la lotta biologica – racconta Ruggeri – poi mi sono licenziato e nel 1982 ho aperto una biofabbrica dove ho cominciato a produrli in proprio. A questi si sono aggiunti insetti da usare come esche per la pesca o per nutrire rettili, uccelli e altri animali da compagnia. Adesso vendiamo soprattutto larve di camole del miele, tarme della farina e grilli, che possono essere adatti anche al consumo umano.
L’allevamento di insetti da vendere vivi ha una propria normativa – spiega Ruggeri – e noi ci atteniamo a questa. Quello che manca sono le norme per la trasformazione. Adesso i nostri biologi stanno lavorando con l’ASL per mettere a punto la procedura di autocontrollo (HACCP) necessaria per ogni attività che abbia a che fare con la produzione e vendita di alimenti. Ci occuperemo di tutta la filiera, compresa la trasformazione in farine e della produzione di snack.»
Ruggeri è convinto dell’importanza e della salubrità dell’entomofagia: «Noi li mangiamo e io li trovo molto gustosi. Organizziamo cene con gli amici e mia moglie sta scrivendo un ricettario.»
Quali sono i rischi? «È importante che gli allevamenti seguano procedure rigorose e purtroppo c’è chi improvvisa; – dice Ruggeri – le farine di insetti acquistate dall’Asia possono essere prodotte con animali allevati su rifiuti urbani o scarti dell’agricoltura non sempre sicuri. Noi utilizziamo solo farine vegetali, frutta e verdura.»
Come saranno accolti gli insetti dagli italiani? Arriveranno ad avere un ruolo di una certa importanza nella nostra dieta? Cercano di rispondere a queste domande gli studi in corso all’Università di Parma, dove lavora Giovanni Sogari, autore, insieme a Paul Vantomme, del libro “A tavola con gli insetti” (Mattioli1885, 2014). «L’interesse nel mondo accademico è molto alto – dice Sogari – la maggior parte delle ricerche sono incentrate su come produrre prodotti sicuri, adatti al mercato occidentale. Noi facciamo indagini per capire le motivazioni e le eventuali barriere all’assaggio di insetti interi o prodotti arricchiti con la farina di insetto (esempio i biscotti). La prima motivazione è la curiosità, soprattutto fra i giovani; fra i fattori “deterrenti”, invece, non si trovano le preoccupazioni di carattere sanitario quanto piuttosto il disgusto o la paura di un giudizio negativo da parte di amici e parenti.»
Mangiare insetti tal quali crea certamente qualche problema, mentre sembra più “appetibile” l’impiego di farine, utilizzate come ingrediente in alimenti che fanno già parte delle nostre abitudini alimentari. «Per superare il trauma psicologico puntiamo sui prodotti secchi – dice Francesco Majno, co-fondatore di Crické – come cracker e pasta contenenti farina di grillo. I maggiori produttori della materia prima sono thailandesi, ma noi l’acquistiamo dal Canada anche perché ha la certificazione biologica.»
«Vediamo tanto interesse e curiosità – dice Majno – sia per l’aspetto nutrizionale che per la sostenibilità. Per allevare i grilli si potrebbero per esempio usare scarti vegetali dell’industria alimentare, o degli ortomercati. Dato l’elevato contenuto nutrizionale, pensiamo che i primi clienti di questi prodotti potrebbero essere i clienti degli alimenti salutistici.»
«C’è il rischio che si esaurisca come una moda – dice Sogari –: si prova ad assaggiarli una volta poi basta, se non si trova un’utilità, una soddisfazione nel gusto o un beneficio dato nelle caratteristiche nutrizionali. In questo senso è difficile fare previsioni, mentre penso che una possibilità più concreta sarebbe l’utilizzo di insetti per produrre farine da usare come mangimi, per l’itticoltura o per l’allevamento di polli.»
Ora non ci resta che aspettare l’aggiornamento della normativa, e vedere cosa succede.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
In molti paesi europei gli insetti rappresentano un cibo ‘tradizionale’. Noi di Italbugs, per esempio, siamo partiti da Expo2015 e il PTP Science Park di Lodi per arrivare a produrre in Olanda. http://www.italbugs.com
in un certo senso già ci cibiamo di insetti ogni volta che mangiamo un prodotto colorato con il rosso cocciniglia 🙂
Ciò che scrive Stever non è corretto, si rischia di fare disinformazione
perchè non è un derivato dagli insetti ? https://it.wikipedia.org/wiki/Cocciniglia_(colorante)
Certo, mi riferivo al fatto che sia improprio associarlo al fatto di cibarsi di insetti.
Comunque, per quanto magari non pertinente con l’articolo, metto un link per chiarire la questione cocciniglia:
http://www.butac.it/non-bevete-gli-insetti/
già i cibi tradizionali qualche volta sono contaminati, nonostante i controlli: che succederà con gli insetti?
Salvatore, suppongo succederà la stessa cosa, visto che il rischio zero non esiste.
L’umanità deve evolversi.
Deve indirizzarsi verso il vegano o vegetariano. Siamo troppi su questo pianeta, altro che non si fanno figli, e ora, dobbiamo pure adottare un alimentazione improbabile, quanto disgustosa.
Personalmente, adoro ascoltare il canto dei grilli nelle notti estivi e non vederli fritti in un piatto.
Sarò un tradizionalista convinto ed un fan del Made in Italy, ma se conosco abbastanza i nostri connazionali, penso proprio che non ci sia un futuro ne uno spazio aperto per questo cibo in Italia.
Abbiamo tradizioni culinarie invidiate ed apprezzate in tutto il mondo, tanto che la nostra produzione viene molto esportata e non abbiamo sufficienti materie prime da trasformare per soddisfare le richieste e pensiamo di proporre alternative marziane ai nostri consumatori, invece di potenziare e valorizzare le nostre produzioni autoctone?
Fantasie progettuali utili e forse indispensabili per il mercato africano ed indiano carenti di proteine, ma per noi non esiste il problema ma neanche il desiderio.
C’e’ un errore nell’articolo. Non e’ vero che in Francia e Germania e’ ammesso venderli. Solo UK, DK, NL e Belgio lo consentono, in deroga alla decisione del parlamento europeo. Per maggiori informazioni: http://www.foodnavigator-asia.com/Policy/Exploring-the-legal-status-of-edible-insects-around-the-world
Gentile Tony,
non ho visto la legislazione specifica di Francia e Germania, quindi non le so dire se in in questi stati il commercio sia legalmente permesso oppure “tollerato”, però in Francia ha sede la Micronutris (http://www.micronutris.com/fr/accueil), grossa ditta di produzione di insetti a scopo alimentare e mi risulta che il commercio sia tollerato. In Germania invece non si possono allevare, ma il commercio è almeno in una certa misura ammesso, come testimonia l’esistenza del sito internet snack-insects (https://snackinsects.com/) dove è possibile acquistare insetti per uso alimentare. È in tedesco e pare destinato a questo pubblico.
La situazione è comunque molto complessa, perché i riferimenti legislativi sono sia comunitari che nazionali, soggetti ad aggiornamenti e interpretazioni.
Cordiali saluti
Valeria Balboni