Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, questo commento all’articolo del 21 ottobre 2021: Influenza aviaria: i mega allevamenti di polli sono i serbatoi perfetti di virus e malattie. La lettera, ricevuta dalla Sipa, Società italiana patologie aviarie, intende fornire un contributo di natura scientifica. L’obiettivo è quello di rassicurare la popolazione in merito alla gestione europea, e in particolare italiana, di eventuali casi di influenza aviaria.
Il titolo del vostro articolo, assieme alla frase “e la colpa non sarebbe degli animali selvatici, ma di quelli allevati. I mega allevamenti, infatti, sono un serbatoio ideale per la nascita di nuove varianti dei virus” trasferisce un messaggio fuorviante per il lettore: la stessa Efsa ha ribadito più volte come questi virus ad alta patogenicità non ‘nascano’ negli allevamenti, ma provengano dagli animali selvatici, spesso asintomatici, così come evidenziato anche nell’ultimo rapporto sull’influenza aviaria (Avian influenza overview) pubblicato dall’Efsa relativamente al periodo maggio-settembre 2021. Gli allevamenti convenzionali fungono da fattore protettivo degli animali, attraverso le misure di biosicurezza che hanno l’obiettivo di evitare contatti con l’avifauna selvatica. Non a caso, nelle situazioni di rischio, tutte le misure di gestione (tra cui la detenzione degli animali al chiuso) sono tese a evitare il più possibile il contatto diretto tra uccelli selvatici e pollame.
Gli allevamenti italiani, inoltre, non possono essere paragonati a quelli di contesti meno evoluti sotto il profilo delle biosicurezze, dei controlli preventivi e delle azioni di eradicazione. Ciò rende ancora più evidente come in Europa, e in particolare in Italia, gli allevamenti non rappresentino un serbatoio per i virus pandemici, poiché i puntuali monitoraggi predisposti su base scientifica dall’autorità sanitaria, sentito il Crn presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, consentono di intervenire tempestivamente applicando drastiche misure di eradicazione. L’Italia può vantarsi in questo campo di essere un’eccellenza nella gestione dei focolai, grazie a un sistema collaudato ed efficiente e alla presenza del Centro di referenza europeo.
Circa il riferimento al caso della Russia, occorre tener conto che la possibilità che si verifichino mutazioni del virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità di sottotipo A (H5N8), con conseguenti casi trasmissione da uomo a uomo, è stata prospettata dall’agenzia Rospotrebnadzor come puramente teorica. L’ultimo rapporto dell’Efsa (già citato sopra, vedi link) evidenzia che le segnalazioni di eventi di trasmissione di virus A (H5) a mammiferi ed esseri umani in Russia, sia i recenti casi umani A (H5N6) in Cina non escludono un rischio continuo di adattamento di questi virus ai mammiferi. Il rischio di infezione per la popolazione generale nell’area europea è però valutato come molto basso, mentre è valutato come basso per gli operatori.
In Italia in particolare, con l’introduzione del nuovo piano pandemico influenzale, ci sarà inoltre l’opportunità, in caso di focolaio, di effettuare un follow up anche delle persone e degli operatori che gestiscono l’allevamento. L’Italia, infatti, i cui territori sono interessati da rotte migratorie e ricchi di aree umide, ha una grandissima esperienza in tema di aviaria e ha dimostrato negli anni ottime capacità nel gestire i casi di influenza aviaria, grazie a un collaudato sistema di collaborazione tra autorità, veterinari e filiere produttive e a interventi tempestivi ed efficaci. La professionalità e la competenza conquistate sul campo dal Laboratorio nazionale sull’influenza aviaria e la malattia di Newcastle, che opera presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, ha fatto sì che allo stesso venisse attribuito il riconoscimento di laboratorio di riferimento europeo.
Ricordiamo infine che il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), in collaborazione con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e il Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria (Eurl) hanno valutato il rischio basso per gli addetti ai lavori e gli operatori e molto basso per la popolazione umana. Auspichiamo che una corretta informazione su questi elementi segnalati possa contribuire all’intento di evitare di generare panico infondato nella popolazione, già duramente provata dalla pandemia.
Mattia Cecchinato, presidente Società italiana patologie aviarie
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Spero che la SIPA abbia mandato un “avvertimento” anche alla FAO e al Guardian che sono i fornitori primari delle affermazioni riportate dal FattoAlimentare, sarebbe curioso non lo avesse fatto……….
Vero che il sistema Europa è vivo in questo campo e il sistema Italia emerge al meglio almeno in questi ultimi 2 anni, pur con qualche raro episodio storto di gran lunga inferiore a quanto successo in altri paesi europei, ma le potenziali minacce esistono e trovano terreno fertile nelle condizioni particolari degli allevamenti intensivi, su questa realtà non ci sono margini di dubbio, si cammina sul ghiaccio sottile.
I virus e i batteri poi non sono entità che si muovono in una unica direzione soltanto, vanno e vengono più volte da individui di specie diverse con riassortimenti e modifiche continue che (potenzialità temuta) possono portare a minacce serie.
Sulla provenienza dei virus in particolare non si può giocare agli equivoci, l’origine primaria attualmente è sempre naturale selvatica ma le ricombinazioni……….gli assembramenti degli allevamenti intensivi, per fare un paragone improprio con il congresso umano, sono pericolosi e a maggior ragione gli assembramenti di individui che vivono in un sistema parecchio innaturale e con una genetica che non è costruita per avere individui longevi e immunologicamente forti ma solo esseri che acquistano peso sempre più in fretta.
Pane al pane, i controlli vengono fatti e sono sufficientemente efficaci ma bisogna guardare i dati in prospettiva diciamo almeno decennale e le crisi lontane e vicine mi sembra siano sempre più frequenti, e fanno danni a tutti che siano consumatori o no.
Quanto alla popolazione già stremata dalla pandemia, beh tempo al tempo, forse non sapremo mai la verità ma potremmo scoprire risvolti e responsabilità impensabili della scienza (con la esse minuscola ovviamente). E stiamo amaramente constatando la letalità di un virus influenzale sugli individui deboli, l’effetto sindemico, curiosamente il correttore automatico del pc non conosce il significato del termine sindemico e me lo sottolinea come errore…..
Tutto questo dovrebbe suggerire una seria revisione di tutta la filiera, a mio parere.
Se posso esprimere un mio pensiero l’unica pecca dell’articolo precedente è rappresentata dalla parola “serbatoi” da sostituire con “amplificatori”, certamente che gli operatori siano scrupolosi e ben istruiti e i controlli vengano fatti bene o no cambia le cose per i consumatori, merito quindi agli operatori e controllori nostrani ma la situazione è veramente sotto controllo? In una ottica generale l’ammassamento di tanti individui in ambienti innaturalmente ristretti e una certa debolezza genetica degli animali li espone potenzialmente a grande rischio, questa cosa può essere ragionevolmente contestata? Questo era il senso implicito del servizio contestato, vogliamo guardare al problema complessivo o fermare lo sguardo solo allo scaffale del negozio oggi?
Tenere al riparo gli animali da virus che viaggiano nell’aria è una impresa dura e quasi impossibile nel medio periodo, senza volersi lanciare in parallelismi che non sono poi così tanto campati in aria credo che la situazione che stiamo vivendo dovrebbe indurre a grande prudenza e a non sorvolare sui rischi potenzialmente presenti.