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A proposito dell’articolo sulla sostenibilità dell’allevamento del tonno, abbiamo ricevuto questa lettera di Roberto Mamone, esperto di formazione, progettazione, biologia della pesca e acquacoltura.
La lettera
Gentile Redazione, ho letto l’articolo sull’allevamento dei tonni e vorrei fare alcune precisazioni sull’uso del pesce foraggio. Una delle maggiori criticità dell’itticoltura intensiva, per la maggior parte delle specie allevate, è la dieta, basata per lo più su pesce foraggio (chiamato così perché destinato a diventare cibo per gli allevamenti di specie carnivore come salmone, tonno, orata, spigola, ecc..).
Gli stock di questo pesce azzurro di piccola taglia sono spesso soggetti a una pressione di cattura insostenibile, soprattutto perché concentrata su alcune aree ormai sovrasfruttate. Questa criticità sconvolge equilibri ambientali, riduce drasticamente risorse alimentari importanti per le comunità costiere, e mette a rischio la sopravvivenza del settore.
Per molte persone gli allevamenti di tonno sono i principali responsabili di questa sovrapesca, ma bisogna considerare sia l’alimentazione sia l’origine degli animali allevati per valutarne la sostenibilità rispetto ad altre specie. Anche per il tonno è iniziata la produzione di mangime ad hoc, migliorando il fattore di conversione e riducendo il ricorso al pesce fresco e/o congelato, ma la dieta si basa ancora quasi esclusivamente sul pesce foraggio. Questo non succede per i mangimi destinati ad altre specie, per il quali si utilizzano anche discrete percentuali di componenti di origine vegetale, farina d’insetti e scarti di altri allevamenti.

Quanto consuma davvero un tonno
Il ciclo vitale di tutti gli animali allevati è sempre molto più breve che in natura, e quindi in assoluto consumano meno alimento, nonostante sia reso molto più accessibile per accelerarne l’incremento ponderale. Nella fattispecie risulta quindi intuitivo che per ingrassare un tonno ci vuole meno pesce azzurro e cefalopodi di quanti ne consumerebbe nel corso della sua lunga vita in libertà (fino a 40 anni). Peraltro, a differenza dalle altre specie citate, può superare i 600 kg, per endotermia regola la temperatura con costosi processi metabolici, e compie dispendiose migrazioni di migliaia di chilometri, ad oltre 70 km/h, immergendosi fino a 900 m.
Infine, diversamente dalle altre specie carnivore allevate (a parte l’anguilla), la riproduzione artificiale del tonno ancora non è stata perfezionata, per cui si ingrassano solo individui pescati sopra la taglia minima di 30 kg, e il numero complessivo dei pesci (allevati + liberi) non aumenta a causa degli allevamenti, mentre quello delle altre specie sì, generando una richiesta addizionale di pesce foraggio.
Roberto Mamone
© Riproduzione riservata – Foto: Mamone
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