Un mese fa, l’Antitrust ha messo in riga foodblogger, influencer e personaggi dello spettacolo come Alessia Marcuzzi, Belén Rodriguez e Fedez che su YouTube, Instagram o Facebook presentavano foto e filmati a fianco di borse, vestiti, prodotti alimentari, elettrodomestici, accessori di moda ricevendo compensi da parte delle aziende produttrici. Il sistema è scorretto, ha detto l’Antitrust, perché il lettore deve sapere che si tratta di una forma di pubblicità o di una sponsorizzazione retribuita. In quegli stessi giorni l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria ha inviato una lettera a due testate autorevoli come HuffingtonPost e Dissapore evidenziando problemi molto simili. Per capire meglio, vi proponiamo le immagini degli articoli dell’HuffingtonPost e di Dissapore prima e dopo la correzione. Le foto evidenziano le modifiche apportate, che secondo lo Iap sono necessarie per fare capire al lettore che sta si tratta di una nota promozionale frutto di un accordo commerciale.
Pubblicità mascherata: il caso dell’HuffingtonPost
L’HuffingtonPost diretto da Lucia Annunziata per settimane ha pubblicato finti articoli firmati da veri giornalisti (Nicoletta Moncalero) realizzati con il supporto del Consorzio dell’olio di palma sostenibile (Rspo), un’associazione di produttori interessati a promuovere l’uso del grasso tropicale nei prodotti alimentati. L’unico elemento che poteva insospettire il lettore sulla natura del testo era la scritta “Olio di palma sostenibile”, che abitualmente non si trova negli articoli (vedi foto 1 e 2). Il direttore dell’HuffingtonPost subito dopo avere ricevuto la lettera dello IAP, ha immediatamente tolto la firma della giornalista e ha aggiunto la frase “Contenuto offerto da Rspo”. La stessa frase è stata aggiunta sotto le foto dei vari articoli presentati nella home page delle sezione. Con questa variazione la testata ha riconosciuto la natura commerciale dell’articolo, ammettendo un’insufficiente segnalazione nei confronti del lettore.
PRIMA
DOPO
Il caso di Dissapore
Anche Dissapore (supplemento di Multiplayer.it, testata giornalistica diretta da Andrea Pucci, che tratta solo di cibo e prodotti alimentari) per settimane ha presentato una nuova sezione del sito dedicata ai gelati Algida, con diversi articoli firmati da Pierpaolo Greco, che promuovevano il consumo del gelato Magnum. Per il lettore di Dissapore distinguere questo articolo frutto di un accordo commerciale con Algida dagli altri che parlano di prodotti alimentari è veramente difficile. L’unico elemento che poteva insospettire era una frase posizionata subito dopo il primo paragrafo in cui si dice “Algida, che in questo periodo estivo è partner di Dissapore…”. Anche il direttore di Dissapore.com, dopo avere ricevuto la lettera dello Iap sulla natura dell’articolo, ha immediatamente modificato il testo, aggiungendo in grassetto la frase “Comunicazione pubblicitaria sponsorizzata da Magnum in collaborazione con Unilever” (vedi foto 3 e 4). Con questa variazione la testata ha riconosciuto la natura commerciale dell’articolo ammettendo un’insufficiente segnalazione nei confronti del lettore.
Pubblicità mascherata troppo diffusa nel giornalismo
La pubblicità mascherata, pur essendo una scorrettezza molto grave, non è una novità per il mondo del giornalismo, in genere si realizzano articoli frutto di un contratto di carattere commerciale che prevede una forma di compenso in denaro o altre modalità di scambio. Le segnalazioni sono poche perché sia le aziende sia gli editori hanno poco interesse a sollevare la questione. Meno chiara è la posizione dei direttori che, pur essendo responsabili di tutto quanto viene pubblicato sui siti (compresa la pubblicità), sembrano alquanto distratti. I principi deontologici che invitano a differenziare in modo netto e chiaro gli articoli dalla pubblicità commerciale sono un elemento fondamentale per i giornalisti, tanto che concetti simili sono ripresi anche nelle regole dell’Antitrust e dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria. Per questo motivo nelle redazioni, quando si sospetta che un articolo sia il frutto di un accordo commerciale, si attribuisce alla nota un’etichetta che preferiamo non riferire.
PRIMA
DOPO
© Riproduzione riservata
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
mi raccomando lanciate una campagna per la sostituzione del cioccolato. http://www.repubblica.it/ambiente/2017/09/14/news/il_lato_nero_del_cioccolato_cosi_stanno_morendo_le_foreste_dell_africa_-175465547/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P20-S1.6-T1
non di sola palma si ammazza l’ambiente
La tutela dell’ambiente dovrebbe essere un priorità per tutti, cittadini, governi e aziende. Una campagna che punti l’attenzione su un determinato problema, non impedisce che si possano lanciare altre campagne. Sulla piattaforma Change.org chiunque può farlo. Grazie per il suggerimento. Approfondiremo l’argomento.