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La celiachia è quasi quadruplicata in 70 anni e la sensibilità al glutine non celiaca è in forte aumento

Riceviamo e pubblichiamo questo intervento di Enzo Spisni docente di Fisiologia della Nutrizione all’Università di Bologna sul grano khorasan Kamut, in risposta ai due articoli apparsi pochi giorni fa sul sito.

 

Spett.le Il Fatto Alimentare,

l’articolo relativo al grano khorasan Kamut mi sembra complessivamente riduttivo rispetto a una problematica di salute che è purtroppo evidente. Viviamo un’esplosione di patologie legate al glutine: la prevalenza della celiachia è quasi quadruplicata in 70 anni e la sensibilità al glutine non celiaca è in forte aumento anche in bambini piccolissimi…

Pochi giorni fa parlavo con un dirigente medico di pediatria relativamente ad un caso di un bambino di tre anni, non celiaco e non sensibile al glutine, che non cresce in dieta libera, ma ricomincia a crescere regolarmente solo se si nutre con alimenti privi di glutine… queste sono problematiche comuni a medici e pediatri in questi anni. Sono problemi dovuti ad un mutato rapporto glutine (grano) – uomo, e non possiamo fingere che non esistano! Siccome in 70 anni la genetica dell’uomo non può cambiare, dobbiamo assumere che sia cambiata la componente ambientale, e il grano è parte di questo cambiamento visto che dagli anni ’50 ha subito una selezione basata su due caratteristiche fondamentali: la produttività, legata al nanismo e alla fertilizzazione e l’aumento della forza del glutine. Purtroppo, non sono mai stati presi in considerazione i possibili effetti sulla salute umana di questa selezione spinta.

 

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Crescono a dismisura nel mondo le persone sane che volontariamente scelgono diete senza glutine.

D’altra parte, crescono a dismisura nel mondo le persone sane che volontariamente scelgono diete senza glutine. E questa è l’altra deriva estrema a cui assistiamo, certamente sbagliata da un punto di vista nutrizionale.
Ma tutto ciò che si evince dall’articolo è un attacco a un’azienda che certamente ha un’abile strategia di marketing, ma che ha anche diverse strategie che tutelano il consumatore. E proprio da consumatore abituale di grani antichi, khorasan Kamut incluso, posso dire che il mio problema principale non è trovare un khorasan alternativo.

 

Bensì è chi mi garantisce che sia veramente grano khorasan e chi sia veramente biologico? Gli scandali sul falso Bio sono all’ordine del giorno. Quanto al mescolare una farina khorasan con un grano “moderno”, che costa molto meno, è una operazione facilissima e il rischio di venire scoperti è minimo. La Kamut, proprio per difendere il marchio, fa continuamente analisi relativamente alla presenza di pesticidi e alla materia prima utilizzata in tutti i prodotti venduti con il suo marchio. Questo dà sicurezza al consumatore, ma comporta dei costi certi.

 

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La Kamut, proprio per difendere il marchio, fa continuamente analisi relativamente alla presenza di pesticidi

Per questo quando compro farine o prodotti a base di grani antichi, o li acquisto direttamente da produttori che conosco, o compro marchi che abbiano una filiera controllata (come Alce Nero, per fare un altro esempio),  evito di confrontare i prezzi con quelli di altri prodotti su cui ho dei dubbi.

È evidente che gli studi citati nell’articolo sono sponsorizzati e preliminari, ma è altrettanto evidente che oggi un accresciuto problema causato dal glutine (grano) sull’uomo esiste (è sotto gli occhi di tutti i medici che lavorano in questo settore ed emerge anche dai dati epidemiologici facilmente ricavabili da moltissime ricerche  indipendenti). Non nascondiamo tutto questo dietro ad una o più strategie di marketing più o meno azzeccate: non faremo certamente un buon servizio ai consumatori.

 

Enzo Spisni

© Riproduzione riservata

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Luca
Luca
11 Marzo 2015 14:20

Personalmente trovo questo articolo piuttosto superfluo, la KAMUT® ha utilizzato metodiche commerciali discutibili e questo è un dato di fatto, propone un prodotto identico a molti altri ad un prezzo triplo, e questo è un altro dato di fatto. Che poi ci siano aspetti positivi non lo metto in dubbio ma screditare gli altri per metterli in luce non mi sembra serio e nemmeno professionale.
Le società che certificano i prodotti biologici, (almeno le più conosciute e non quelle nate ieri) sono tutte molto serie e molto scrupolose perché ne va della loro credibilità e in questo campo la credibilità è tutto.
Certo, chi ha i soldi da spendere non ha di questi problemi: compro una Ferrari perché sono sicuro sia una buona macchina, ok, il problema è far credere che sia una Ferrari quando invece non lo è.

Luigi
Luigi
11 Marzo 2015 20:51

A dire la verità non ho capito cosa abbia voluto dire il prof. Spisni. Sarà colpa della mia ignoranza,ma a me sembra che abbia fatto promozione alla
Kamut prima, e poi che abbia detto, praticamente: io compro dai miei amici che mi trattano bene cosi’ sono sicuro di non sbagliare.

Paolo
Paolo
12 Marzo 2015 12:28

E’ strano leggere tale commento da parte di un medico, questo perchè sono loro i primi ad aver confermato che molte patologie non sono in aumento rispetto a decenni fa, ma sono le diagnosi ad essersi fatte più sofisticate.
In poche parole come si fa a a scrivere che la celiachia sia aumentata rispetto a 70 anni fa quando sappiamo benissimo che la diagnosi certa per questa patologia è tutt’altro che semplice?
Sicuramente la farina raffinata è meno digeribile ma non direi che il marchio Kamut sia la soluzione a tutti i problemi.
Un medico dovrebbe limitarsi a divulgare scienza, non marchi commerciali.

Sandro kensan
Reply to  Paolo
14 Marzo 2015 20:16

C’è un problema di fondo. L e malattie colpiscono le persone anziane oppure i bambini che non hanno gli anticorpi oppure sono malattie rare. Quando l’1% delle popolazione è colpito da una malattia significa che non è rara e che la causa è da ricercarsi al di fuori del nostro patrimonio genetico.

Se mangio una sostanza tossica il problema è esterno al mio patrimonio genetico e un certo numero di individui della popolazione mondiale risulteranno meno sensibili degli altri alla sostanza tossica.

A me pare evidente che la celiachia non è una malattia rara e che va ricercata nella naturale vaiabilità genetica ma è una intossicazione alimentare che colpisce soggetti normali. altrimenti non si spiegherebbe l’incidenza dell’1%.

Valerio
Valerio
12 Marzo 2015 12:28

Vorrei sapere dal Prof. Spisni se è effettivamente e Scientificamente provata la correlazione tra nuove varietà di grano e l’aumentata incidenza di malattie legate alla sensibilità al glutine. Dire che è “evidente” non basta. Si prega di citare le fonti.

Gianni Federici
Gianni Federici
12 Marzo 2015 17:19

Non capisco (da nutrizionista) cosa voglia dire il sig. Spisni. Il grano khorasan contiene anch’esso glutine e, se raffinato, è identico a qualsiasi altro grano bio. Cambia la qualità solo nel caso in cui il grano khorasan non sia raffinato (integrale o semintegrale).

Ankh
Ankh
12 Marzo 2015 22:28

A dire il vero il caro professore ha detto tante cose ma niente di concreto! Si è anche dimenticato di tutti i fenomeni di sensibilizzazione alla porzione proteica visto Che il manutentore viene prodotto dal fermeremo grano ricco di proteine…tra cui anche glutine…

Carlo
Carlo
13 Marzo 2015 08:20

Come sempre credo la verità sia nel giusto equilibrio. L’uso massiccio di pesticidi nella coltivazionei dei cereali per preservare la
qantità é sotto gli occhi di tutti e sistemi di coltivazione bio con relativa filiera di controllo hanno un evidente maggior costo nel prodotto finale. Ma é anche vero che a volte il maggior costo non equivale ad una maggiore qualità risetto ad un prodotto equivalente bensi dipende anche da scelte di gestione aziendale come ad esempio progetti aggressivi di marketing.

vincenzo
vincenzo
Reply to  Carlo
13 Marzo 2015 17:00

Vorrei ricordarle che le coltivazioni convenzionali subiscono gli stessi controlli di quelle biologiche per quel che riguarda la presenza di pesticidi residui.
In questo blog può trovare numerosissime notizie di prodotti bio ritirati per presenza di pesticidi fuori dai limiti.

Luca
Luca
13 Marzo 2015 11:48

Per trovare pareri simili al dott. Spisni, relativamente all’aumento del celiachismo negli ultimi anni, basta fare qualche ricerca on-line, sono in parecchi a dirlo e trovare le fonti non è tanto complicato.
In ogni caso non mi risultano studi di questo genere, lo dicevo qualche post fa su un argomento simile e sono stato schernito, però sto sempre aspettando che qualcuno li menzioni.

Per rispondere al sig. Federici vorrei dare la mia opinione, la quantità di glutine è anche maggiore nel grano khorasan che nel Creso, è la qualità che cambia. Il glutine del khorasan è molto destrutturato e questo lo rende più digeribile.

Gianni Federici
Gianni Federici
Reply to  Luca
13 Marzo 2015 15:50

Sig. Luca,
nella celiachia, il glutine della cultivar khorasan è vietato da ogni protocollo medico. Non importa se destrutturato o meno. Le aumentate diagnosi di celiachia sono probabilmente da imputare alle moderne metodologie diagnostiche un tempo non disponibili e alla maggior quantità di gluitine presente nelle cultivar nane coltivate da 20-30 anni a questa parte….Ovviamente su quest’ultima parte non vi sono certezze assolute ma evidenze ben documentate.

Lola
Lola
13 Marzo 2015 14:20

Sono in aumento i casi o, come per i tumori al seno, essendo migliorata la tecnica diagnostica vengono scoperti prima e di più?

Alessandro
Alessandro
13 Marzo 2015 17:26

più si cerca, più si troverà…

Luca
Luca
13 Marzo 2015 17:41

Sig. Federici,
sono convinto che sia come dice Lei, chi è celiaco non può ingerire glutine, destrutturato o meno.
Quello che intendevo è che chi non è celiaco ma ha più “sensibilità” al glutine, difficoltà a digerirlo e senso di pesantezza dopo un bel piatto di pasta, molto spesso risolve il problema sostituendo il creso con tipi di grano alternativi come khorasan e sen. Cappelli.

Purtroppo credo che dovremo aspettare molti anni perché la medicina si accorga che in effetti un aumento c’è e viene registrato di anno in anno, si parla di un aumento di cinque volte nei bambini di tutto il mondo. On-line ci sono grafici che lo dimostrano, queste sono le diagnosi prendendo tre regioni a caso:
VENETO nel 2009: 6.748 nel 2010: 7.626 nel 2011: 8.542
TOSCANA nel 2009: 8.833 nel 2010: 9.737 nel 2011: 10.733
SICILIA nel 2009: 9.847 nel 2010: 10.586 nel 2011: 10.746

E sono dati vecchi, purtroppo non ho trovato niente di aggiornato ma basta perderci due minuti in più..

vincenzo
vincenzo
Reply to  Luca
13 Marzo 2015 20:21

Che i numeri siano in aumento è una cosa ormai assodata, ma è errato dedurre che ciò sia dovuto al grano che mangiamo.

Luca
Luca
16 Marzo 2015 08:42

Che sia cosa assodata è vero, ma se siamo ancora qui a ripeterlo qualcuno continua ancora ad ignorarla evidentemente..

Che attribuirne la responsabilità al grano sia una deduzione errata è una tua personale opinione, che personalmente non condivido, ma mi piacerebbe saperne le motivazioni visto che non ne menzioni.

glm
glm
19 Marzo 2015 08:40

Speriamo che le colture tradizionali reggano il passo e le rese per ettaro implementino perché, affidandosi al bio, l’expo 2015 dovrebbe modificare il tema.
Chissà se la parte denutrita di popolazione del pianeta, dove i bambini non crescono(e muoiono) perché non mangiano, si pone il problema del glutine più o meno destrutturato.
Detto questo, per noi che abbiamo superato tale stadio grazie anche ai grani nanizzati, superfertilizzati e superproduttivi, è lecito preoccupaci degli aspetti salutistici della nostra alimentazione.
E via al fiorire di diete, della lotta all’obesità, dell’importanza delle fibre ecc,ecc.
Non guasta ricordare che le insalate, sia bio che tradizionali, esposte sugli scaffali a misura di carrello , crescono entrambe a misura di piede e bisogna chinarsi per raccoglierle indipendentemente dalla loro certificazione.
Detto questo per inquadrare in modo pragmatico il contesto della discussione, peraltro esaustiva delle varie posizioni che meritano tutte rispetto, è giusto lasciare spazio alle libere scelte.
Ognuno è libero di pagare il triplo un prodotto che altri rifiutano preferendogli un prodotto di mercato normale.
Tranne per chi è veramente costretto (celiachi) i quali meritano tutta la maggiore attenzione possibile.
Artificioso è cercare di convincere il prossimo che veramente quel prodotto vale il triplo.
Questo è marketing, difficile definirlo scienza .

Raffaella
Raffaella
19 Marzo 2015 14:06

Perplessa sull’accuratezza scientifica dell’articolo. Per quanto possa valere sottolineo alcune incongruenze. Nella letteratura scientifica non ci sono evidenze di un aumento dell’incidenza della celiachia che, a livello internazionale, si attesta all’1%. Ovviamente aumentano le diagnosi perché è ancora minima la percentuale emersa. Secondo i dati ufficiali oggi in Italia sono poco più di 160 mila i casi diagnosticati, pochissimi considerando che, secondo il dato di incidenza, dovrebbero essere 600 mila.Ovvio che le diagnosi aumenteranno considerevolmente nei prossimi anni.Superati le 600 mila diagnosi potremo parlare di aumento. In questo senso che sia quadruplicata in 70 anni la prevalenza non è rilevante, soprattutto perché 70 anni fa la malattia era praticamente sconosciuta e assai difficile da diagnosticare in modo certo. La questione della sensibilità al glutine, poi, mi sembra, nella comunità scientifica ancora assai discussa…

glm
glm
19 Marzo 2015 19:01

Lo spunto di riflessione mi viene di getto.
La demonizzazione del glutine è una costante conclamata.
Glutine si/glutine no, mi limito a considerare gli aspetti tecnologici che trainano l’utilizzo del glutine.
Non tanto nella pasta quanto in panificazione, sia esso endogeno sia quello esogeno, cioè apportato coscientemente.
Il glutine vitale è una materia prima largamente utilizzata, soprattutto dai molini, per rispondere ad esigenze ben precise di standardizzazione richieste dai clienti.
Tanto è vero che è stato emanato un decreto ad hoc (Decr. MINISAN 13.4.94 n. 351 – Regolamento concernente l’aggiunta di glutine alle farine destinate alla panificazione ed alla fabbricazione di prodotti da forno – ).
Intendiamoci, i molini non sono entusiasti del suo impiego, è anche una voce di costo importante, ma la moderna panificazione ne trae un beneficio tecnologico ed il consumatore appagato :
il consumatore vuole un pane bello a vedersi, il panificatore sa che per accontentarlo deve usare farina con molto glutine ed molino che deve fare? Lo accontenta aggiungendo glutine.
Non è un circolo vizioso?
Poi si disquisisce sui vantaggi dei grani antichi (come se fossero rimasti immutati nei secoli o millenni) associandoli alla minore incidenza storica di patologie alimentari(mah!).
Poi ancora di glutine destrutturato, delle colpevolezze del Creso nanizzato e della gliadina che non è più quella di una volta e via a seguire.
Pensare a non utilizzare glutine aggiunto no eh?

ezio
ezio
21 Marzo 2015 11:51

Nessun commentatore ha recepito il messaggio più importante che il prof. Spisni ci ha passato dalle segnalazioni dei nostri pediatri e non da lobby commerciali amiche:
è che alcuni bambini non celiaci non crescono se non con una dieta priva di glutine.
Cosa dovremo dedurre, che anche i pediatri sono in conflitto d’interesse con la soc. Kamut?
Tutte le opinioni sono rispettabili, ma nelle analisi c’è un ordine gerarchico d’importanza che non può essere stravolto e la comprensione sugli effetti salutistici di un alimento, dovrebbe essere al primo posto della ricerca medica.
Se riusciamo a condividere questo approccio, non è difficile poi dedurre cosa dovrebbero coltivare e traformare i nostri agroalimentaristi, per fare meno danni alla salute dei consumatori e contemporaneamente aumentare i loro utili e rispettabilità.
Per quanto riguarda l’economia del consumatore finale, non dimentichiamo mai che la salute è il bene più prezioso e che rappresenta il miglior investimento che possiamo e dobbiamo fare nella vita.
La fame nel mondo non la risolviamo con il grano creso, la farina lattea, il mais o soia ogm, ma sviluppando l’agroalimentare autoctono dei paesi poveri.

Enzo Spisni
Enzo Spisni
25 Marzo 2015 12:38

Precisazioni dell’autore:

Che la celiachia sia in aumento indipendentemente dal miglioramento delle tecniche diagnostico è accertato.
Basta leggersi gli articoli:
1) Increased Prevalence and Mortality in Undiagnosed Celiac Disease. Rubio-Tapia et al., GASTROENTEROLOGY 2009;137:88–93
2)Increasing prevalence of coeliac disease over time. Lohi et al., Aliment Pharmacol Ther 2007;26, 1217–1225
Gli autori degli articoli sopra citati dimostrano che con le metodiche odierne applicate a banche di sangue congelato 50 anni fa si trovano percentuali di positivi estrememente più basse di quelle attuali. Quindi possiamo affermare per certo che nella letteratura scientifica ci sono chiare evidenze di un aumento dell’incidenza della celiachia!!!

Che la fame nel mondo legata alla povertà non sia risolvibile dall’aumento della produzione legata all’uso di petrolio (pesticidi, fertilizzanti, carburanti) mi pare altrettanto evidente. Ci sono numerosi libri di economia che lo spiegano in dettaglio.

Che ci sia una differente attività pro-infiammatoria esercitata dai grani moderni è una ipotesi, supportata però da diversi dati sperimentali indiretti.
1) Valerii et al., Responses of peripheral blood mononucleated cells from non-celiac gluten sensitive patients to various cereal sources. Food Chem. 2015 1;176:167-74.

Enzo Spisni

Valeria Nardi
7 Aprile 2015 11:21

Salve,
prendo spunto dalle lettere sul grano khorasan a marchio KAMUT, sul glutine contenuto e sui vantaggi indicati dal nutrizionista Enzo Spisni.
Mi pare che, al proposito, si verifichino però dei veri e propri paradossi: tra i prodotti della linea Viviverde Coop, ad esempio, c’è il “PAN BAULETTO AL KAMUT BIO VIVIVERDE COOP” che tra gli ingredienti, oltre al suddetto grano, indica anche glutine aggiunto.
Perché utilizzare un tipo di grano particolare proprio per le caratteristiche del glutine contenuto e poi aggiungere glutine?

Purtroppo non è la sola delusione del marchio Coop.
In realtà, leggendo le varie etichette e provenienze dei prodotti Coop, si resta sbalorditi da tutta una serie di prodotti, soprattutto la frutta secca, che Coop ritira da paesi d’otreoceano: noci, mandorle, prugne, uvetta e così via.
Se anche le nostre grandi catene di supermercati utilizzano per i propri prodotti materia prima straniera (e non parlo di banane, caffè, tè o cacao, ma di prodotti che la campagna italiana da sempre produce), come possiamo stupirci che l’economia italiana non riprenda?
Cordiali saluti, Giulia

ezio
ezio
7 Aprile 2015 11:43

E’ la famosa legge di mercato:
si compra dove costa meno per vendere dove si guadagna di più.
Pochissimi si arricchiscono e tutti gli altri rimangono poveri e mal pagati.
L’economia di un paese non deve essere gestita, ne influenzata da questi pochissimi, ma da politici ed istituzioni rappresentative che difendono le produzioni nazionali, con normative chiare e trasparenti sull’origine delle materie prime e l’etica degli operatori.