Riprendiamo in questo articolo un approfondimento sulla specie aliena del granchio blu (Callinectes sapidus). Il testo, scritto da Giovanni Ballarini e pubblicato su Georgofili Info, notiziario di informazione online realizzato a cura dell’Accademia dei Georgofili, ripercorre la storia della presenza di questo animale nel nostro Mar Mediterraneo e ne suggerisce un più ampio impiego culinario.
Le specie aliene nel Mar Mediterraneo
Il Mar Mediterraneo, un tempo mare ‘chiuso’ dove si erano costituiti equilibri biologici, è ora uno dei mari più invasi al mondo da specie aliene, per il numero e per la velocità d’invasione. Queste specie non indigene, quando riescono a insediarsi e a diffondersi, diventano invasive provocando danni alla biodiversità, al funzionamento degli ecosistemi, alle attività socio-economiche e alla salute umana. Secondo un censimento provvisorio, queste specie presenti nel Mediterraneo sarebbero circa 240, il 68% delle quali divenute stabili sulle nostre coste, con la perdita della precedente biodiversità e l’istituzione di nuove biodiversità dalle conseguenze ancora imprevedibili.
L’arrivo nei nostri mari di nuove specie marine s’intreccia con i cambiamenti climatici, due fenomeni indipendenti tra loro, ma che possono avere una connessione. Inoltre, molte delle specie invasive favoriscono l’insorgenza e la diffusione di malattie infettive e costituiscono una minaccia per l’uomo, la flora e la fauna selvatiche. Diverse le vie attraverso le quali arrivano le specie aliene: introduzione volontaria, involontaria o migrazioni.
Nell’introduzione volontaria sono comprese l’acquacoltura, l’acquariofilia e l’importazione di esche vive, nell’introduzione involontaria il traffico marittimo, gli organismi associati all’acquacoltura, le migrazioni attraverso canali artificiali, quali il canale di Suez, divenuto parte di rotte internazionali con navi sempre più grandi. Il traffico marittimo è ora tra le cause principali d’introduzione, e successiva diffusione, di specie aliene nei mari italiani e avviene tramite le acque di zavorra delle navi. Gli organismi così trasportati, se riescono a sopravvivere, possono riprodursi e diffondersi nel nuovo ambiente. Tra le specie aliene ora venuta alla ribalta vi è anche il granchio blu.
Il granchio blu
Il granchio blu (Callinectes sapidus, Rathbun, 1896) è una specie dell’Atlantico occidentale che si trova tra il Canada meridionale e l’Argentina settentrionale ed è presente nel Mar Mediterraneo, più precisamente nell’Adriatico settentrionale, dalla metà del XX secolo (1948), anche se la sua presenza nel Mar Egeo era sospettata già nel 1935. Per tutta la seconda metà del XX secolo, la registrazione della presenza nel Mediterraneo del granchio blu è in maggior parte il risultato di catture episodiche. Considerando che il Callinectes sapidus è una specie euritermica (*) ed eurialina(**), con elevata fecondità, forte capacità di nuoto e comportamenti aggressivi, dati anche gli impatti negativi sulle attività umane, questa specie è oggi inclusa nella lista delle 100 specie marine esotiche invasive nel Mediterraneo.
Le numerose ricerche compiute nei primi due decenni del XXI secolo, considerando soltanto i mari italiani, dimostrano ora una grande, se non quasi totale diffusione di questo granchio, rilevato nelle acque abruzzesi del Mare Adriatico centrale, nella laguna di Acquatina del Mare Adriatico meridionale, nel bacino di Torre Colimena nel Mar Ionio, all’interno della Sacca di Goro nel Mare Adriatico Settentrionale, alla foce dei fiumi Basento e Bradano nei pressi di Metaponto, al confine tra Basilicata e Puglia nel Mar Ionio, vicino al porto di La Spezia nel Mar Ligure, sulla costa orientale della Sicilia e sulle coste della Sardegna.
L’invasione lungo le coste italiane
Ora si può dire che il granchio blu si è insediato lungo tutte le coste italiane. Dopo una presenza di circa 70 anni e, soprattutto, per la sua diffusione in tutto il Mediterraneo, il granchio blu è da considerare ancora un alieno o piuttosto un immigrato ormai adattato al nostro ambiente che può essere usato in cucina?
Questa possibilità non sembri un’eresia, considerando quanto avvenuto per altri organismi aquatici, tra questi il pesce gatto (Ameiurus melas), originario delle zone occidentali degli Stati Uniti d’America dai Grandi laghi al Messico settentrionale e introdotto in Italia e in gran parte dell’Europa nei primi del ‘900, e il gambero della Louisiana (Procambarus clarkii) originario delle aree palustri e fluviali degli Stati Uniti centro-meridionali e del Messico nord-orientale, attualmente il gambero di fiume più diffuso al mondo e in Italia, dove è apprezzato per la prelibatezza delle sue carni, le dimensioni che è in grado di raggiungere, la velocità di accrescimento e la prolificità.
Il granchio blu in cucina
Oggi il granchio blu ha una significativa importanza culinaria ed economica negli Stati Uniti, in particolare in Louisiana, North Carolina, Chesapeake Bay, Delaware e New Jersey ed è il prodotto della pesca più importante del Maryland. L’industria ittica e alimentare ha sviluppato ricerche e tecnologie su questo granchio, anche con l’uso di iperpressioni per l’estrazione della polpa, presentata in diverse confezioni. Principalmente negli Stati Uniti e in Messico, dove il granchio blu è pescato e consumato per la bontà della sua carne, ogni anno ne sono usate circa 60 mila tonnellate ed è cucinato al vapore o bollito, usato come ingrediente con la pasta o in insalate e zuppe, saltato in padella con burro all’aglio ed essendo un alimento pregiato ha un costo che arriva ai 150 € al chilo.
Anche in Italia nei mercati ittici si trova già il granchio blu e in diverse confezioni. È in commercio la sua polpa, per un uso in cucina, e soprattutto in gastronomia, con ricette innovative o che in gran parte ricalcano quelle già note per i granchi nostrani, ma questa, come un tempo si diceva, è un’altra storia.
(*) euritermica: può resistere a un ampio intervallo di temperature
(**) eurialina: sopporta variazioni di salsedine anche molto accentuate
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Professore Emerito dell’Università degli Studi di Parma e docente nella Facoltà di Medicina Veterinaria dal 1953 al 2002
Ricordo però che in Italia se non si è pescatori professionisti non è consentite (multe salate) pescare alcun tipo di crostaceo.
In questi giorni ne sono stati trovati (vivi) diversi esemplari sull’arenile del Lido di Venezia ! (ributtati in mare).