La Bayer, multinazionale tedesca che possiede il brevetto del glifosato dal 2018, ha perso ancora, nell’ultimo processo in cui una persona ha chiesto un risarcimento per aver sviluppato un tumore in seguito all’esposizione all’erbicida, e per questo dovrà pagare 78 milioni di dollari. Il numero di cause vinte in precedenza dall’azienda è stato di 14 su 20, ma la nuova sconfitta mette in discussione anche il futuro di migliaia di processi tuttora in attesa di sentenza. Ma vediamo i fatti.
L’ultima causa
William Melissen e sua moglie Margaret, cittadini della Pennsylvania, nel 2021 avevano intentato causa all’azienda perché, secondo loro, il linfoma non-Hodgkin (LNH) che aveva colpito William era stato provocato dal glifosato contenuto in prodotti utilizzati in casa (oggi non più legali) nel periodo compreso tra il 1992 e il 2020. La causa verteva sul fatto che la Bayer, e prima di essa la Monsanto, conoscevano da anni la pericolosità del glifosato, dichiarato probabile cancerogeno dall’International Agency for Research on Cancer (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2015, ma aveva continuato a commercializzare prodotti per gli ambienti chiusi, esponendo così i clienti a rischi enormi.
La Corte ha dato loro ragione, assegnando al querelante tre milioni per i danni fisici e ben 75 come risarcimento punitivo. Così gli avvocati di Melissen hanno commentato: “L’azienda ha agito con sconsiderata indifferenza per la sicurezza delle persone, e non ha ancora recepito il messaggio che deve cambiare rotta”.
I risarcimenti
In effetti, lo scorso novembre il tribunale ha condannato la Bayer a risarcire 1,56 miliardi di dollari, poi ridotti a 611 milioni, e nello scorso gennaio aveva perso un’altra causa, con relativa condanna a pagare 2,25 miliardi di dollari, in seguito scesi a 400 milioni. Nel 2020 aveva cercato di chiudere le cause aperte, sborsando ben 10,9 miliardi di dollari, ma i processi ancora attivi (con relative richieste di risarcimento) sono comunque 58mila, secondo gli ultimi report finanziari. Non si capisce quindi se l’enorme diffusione del glifosato e gli introiti a esso associati potranno continuare a garantire guadagni tali da permettere all’azienda di essere in attivo, nonostante l’iperbolica quantità di denaro speso nelle cause legali. Anche perché continuano a uscire studi che ne descrivono aspetti
preoccupanti sulla salute.
Le ultime ricerche sul glifosato
Per rimanere solo agli ultimi giorni, una ricerca dell’Università di Torino, appena pubblicata su Neuropharmacology dimostra per esempio che il glifosato, nei cervelli dei modelli animali, dopo soli 30 minuti di esposizione (a dosi compatibili con quelle normalmente utilizzate), modifica profondamente il funzionamento delle cellule nervose dell’ippocampo che rilasciano il GABA, un neurotrasmettitore fondamentale nella regolazione del tono dell’umore e in diversi altri ambiti. Non solo la trasmissione degli impulsi nervosi è diminuita e rallentata, ma le stesse cellule cambiano morfologia, e tutto ciò conferma gli effetti neurotossici già suggeriti da altri studi, per esempio su persone esposte.
Sempre negli ultimi giorni è stata poi pubblicata anche un’altra ricerca, questa volta su Aquatic Toxicology, che dimostra come il glifosato sia deleterio per i muscoli delle carpe erbivore (Ctenopharyngodon idellus) e come, in sole due settimane, modifichi profondamente anche il microbiota di questi pesci. Tutto ciò, con ogni probabilità, si vede anche in altri pesci, e conferma l’ampiezza delle conseguenze sull’ambiente di una sostanza che è ubiquitaria, e che è ancora utilizzata in enormi quantità in tutto il mondo.
L’EFSA nel 2023 ha rinnovato i permessi per altri dieci anni, tra aspre polemiche anche per la metodologia utilizzata. Da anni associazioni ambientaliste e medico-scientifiche chiedono il ritiro del glifosato, per il momento senza successo se non in singole realtà.
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Giornalista scientifica
Molto interessante perchè per la prima volta si scrive che il glifosato era (è?) “… contenuto in prodotti utilizzati in casa …” fino al 2020 (anche in Italia?). Noi tutti l’abbiamo sempre creduto un pericolosissimo fitofarmaco per uso outdoor.
A questo punto la domanda è: ma quali prodotti di uso casalingo lo contengono?
Certo, stupisce la superficialità e il menefreghismo di una grande e solida multinazionale nel non essere ancora riuscita – a decenni di distanza dalle prime ricerche – ad elaborare un’alternativa ecocompatibile.
probabilmente costa di più cambiare che pagare le multe…..incredibile!
quando si dice chi comanda….le lobby che influenzano i governi! Altri 10 anni di veleni e per compiacere chi? A quanto pare se ne fregano delle cause ricchi come sono. Ma quanto guadagnano da questi veleni per potersi permettere esborsi miliardari?
le uniche difese da queste aziende sono l’onestà, il senso di responsabilità, la conoscenza e la cultura. tutto il resto soggiace al loro strapotere…
il glifosato è un diserbante con azione disseccante, quindi non selettivo e non adatto con coltivazione da reddito in piedi, salvo alcune eccezioni. Ne vedete gli effetti quanto guardate campagne verdi che hanno bordi o capezzagne di un colore arancio/rossastro innaturale.
Viene usato su tutti i campi prima delle semine in quanto , avendo un costo relativamente basso, risparmia più costosi passaggi con trattori macchine adatte ad eradicare in maniera meccanica le erbe (infestanti?) naturali che ci sono. L’uso più pericoloso l’uomo è nel periodo di pre/raccolta su colture molto infestate di malerbe con coltura principale conseguentemente umida .Un trattamento con glifosato in questo stadio “secca” tutto molto rapidamente e permette di trebbiare la coltura più rapidamente, senza attese e con un grado di umidità più basso con chiari vantaggi economici.
E’ utilizzato in Canada per “asciugare il grano duro in campo che, altrimenti, per latitudine e clima non riuscirebbe quasi mai a chiudere il suo ciclo ed essere trebbiato in modo naturale.
Questo con buona pace di tutti gli attori che percepiscono una parte di reddito nella filiera!!!
Ce lo troviamo ovunque, proprio per le sue caratteristiche e i bassi costi, non per niente è la prima molecola cercata e temuta anche nelle analisi multi residuali del biologico.