Il rapporto tra i campioni dello sport, gli attori, i vip e la pubblicità del cibo spazzatura è sempre oggetto di dibattito e polemiche. Negli Usa è molto diffusa l’abitudine tra i protagonisti del mondo dello spettacolo e dello sport di associare il proprio nome a prodotti alimentari non proprio salutari. Un esempio significativo viene dalla first lady Michelle Obama, che dopo avere promosso la campagna Let’s Move!, per incentivare l’alimentazione sana e l’attività fisica, è stata attaccata per aver accettato tra i testimonial la cantante Beyoncé e il rapper ex cestista Shaquille O’Neal, che prima avevano prestato la loro immagine in alcuni spot di bevande zucherate.
Per capire fino a che punto la responsabilità sociale delle star dello sport sia poco più di una dichiarazione di intenti, il gruppo di ricerca del Rudd Center for Food Policy and Obesity dell’Università di Yale ha condotto uno studio tra i cento atleti professionisti più pagati degli Stati Uniti. La ricerca ha controllato quanti di loro sono collegati a una sponsorizzazione di junk food o di bevande. La scelta è caduta sui personaggi che maggiormente rappresentano un modello di vita sana e di corrette abitudini per i ragazzi, prendendo spunto da Businessweek’s 2010 Power Report (classifica degli atleti redatta in base al denaro guadagnato e all’importanza nella propria disciplina).
Il risultato dello studio pubblicato su Pediatricsè sconfortante. Il collegamento tra sportivi e aziende riguarda 512 marchi, la maggior parte delle sponsorizzazioni riguarda attrezzature e abbigliamento sportivo (28,3%), anche se la quota di marchi alimentari raggiunge il 23,8%. Tra i 62 alimenti individuati, quasi l’80% erano ad alto contenuto calorico e a basso valore nutrizionale, mentre la quasi totalità dei 46 sport drink presenti, erano dolcificati con zucchero. Gli atleti con il maggior numero di sponsor sono risultati essere il cestista LeBron James, che pubblicizza Sprite e McDonald’s, il giocatore di football Peyton Manning, legato a Papa John’s, terza catena di pizze d’asporto con 3.300 negozi di cui 2.600 negli Stati Uniti, e la tennista Serena Williams, legata anche lei a McDonald’s e a Gatorade (però la versione light).
I commenti degli esperti non sono stati teneri perchè i bambini e i ragazzi sono molto influenzati da ciò che vedono sul piccolo schermo, in rete, nei social media, nei video e nei giochi on line… Uno studio condotto nel 2010 ha dimostrato che, tra i 12 e i 17 anni, i ragazzi sono esposti quotidianamente a un numero di spot maggiore rispetto agli adulti. Secondo gli autori i genitori devono controllare quello che vedono i figli e anche i loro acquisti alimentari. È necessario inoltre spiegare quanto la pubblicità sfrutti la fiducia dei ragazzini nei confronti dei loro eroi per proporre cibo spazzatura.
Agnese Codignola
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Giornalista scientifica
Sono anni che ne parlo.
Anche in Italia non stiamo messi bene, tra atleti vincolati alla
Ferrero e altri alla Pavesi…