Possiamo aggiungere un altro oro al medagliere nazionale, ma questa volta non c’è nulla di cui andare fieri. Con oltre 9 miliardi di metri cubi utilizzati ogni anno, l’Italia è infatti il primo paese in Europa anche per consumo di acqua potabile. È questo il triste primato emerso in occasione del terza edizione del Forum nazionale Acqua, che si è svolto a Roma lo scorso 5 ottobre. La denuncia arriva da Legambiente. L’associazione ambientalista evidenzia inoltre che abbiamo ampiamente superato la soglia per l’impiego di risorse idriche rinnovabili, consumandone mediamente tra il 30 e il 35%, ben oltre, quindi, l’obiettivo di efficienza europeo, che prevede di non usarne più del 20%.
Agli sprechi quotidiani causati da una cattiva gestione da parte di individui e imprese, si aggiunge una consistente quota di inadempienze sul fronte della gestione pubblica. La nostra rete di distribuzione è infatti obsoleta, produce forti perdite e non è ancora stato messo a sistema il riutilizzo delle acque reflue depurate. Anzi, a oggi sono quattro le procedure d’infrazione aperte dall’Ue a carico dell’Italia per le carenze sul piano dei sistemi di depurazione, due di esse sono già sfociate in condanna e dal 2018 costano al Paese 60 milioni di euro l’anno. È invece recentissima (6 ottobre) la notizia di un’altra sentenza di condanna da parte della corte Ue per la violazione delle norme sulla raccolta, trattamento e scarico delle acque reflue urbane di centinaia di aree sensibili dal punto di vista ambientale, che però non prevede per il momento né multe né ulteriori sanzioni.
Occorre un rapido giro di vite, anche e soprattutto in considerazione della crisi climatica che determina un aumento del rischio di emergenze siccità, già molto sentito nei paesi dell’area mediterranea, soprattutto in ambito agricolo. Serve urgentemente l’adozione di un approccio circolare, per una gestione più equa, razionale e sostenibile di questa risorsa, che coinvolga i cittadini, le amministrazioni, le industrie e l’agricoltura. Sei sono gli interventi suggeriti da Legambiente, da mettere in campo insieme ai piani di adattamento al clima e a un migliore indirizzo delle risorse previste dal Pnrr. Non possiamo più accontentarci di progetti di riqualificazione idrica determinati da iniziative singole, ma occorre sviluppare le iniziative su questo fronte nell’ambito di politiche di sistema. Legambiente suggerisce quindi:
1. Interventi strutturali: separazione delle reti fognarie, investimento sullo sviluppo di sistemi depurativi innovativi e con tecniche alternative;
2. Introduzione di strumenti di incentivazione e defiscalizzazione, come già avviene per l’efficientamento energetico;
3. Obbligo di recupero delle acque piovane, installazione di sistemi di risparmio idrico e recupero della permeabilità in ambiente urbano;
4. Uso dei Criteri minimi ambientali nel campo dell’edilizia per ridurre gli sprechi e implementare i sistemi di recupero e riutilizzo delle acque;
5. Riutilizzo dell’acqua nei cicli industriali;
6. Garanzia di un servizio di depurazione dedicato per una migliore qualità dell’acqua di scarico.
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