I formaggi a latte crudo sono balzati nuovamente agli onori della cronaca dopo l’episodio del bambino di Belluno che, in seguito all’assunzione di formaggio non stagionato contaminato da Escherichia coli STEC, ha avuto seri problemi. La questione è ben conosciuta dalle autorità sanitarie, meno dai genitori. Basta dire che pochi giorni prima dell’episodio, il sistema di allerta del Ministero della Salute aveva segnalato l’ennesimo ritiro in provincia di Trento di un formaggio di malga a latte crudo per la presenza di Escherichia coli STEC (ritiro che al momento non ha correlazione con l’incidente di Belluno). L’allerta precisa che “Il prodotto può essere nocivo per i bambini, le gestanti e le persone con sistema immunitario indebolito”.
I formaggi a latte crudo in Italia
Il tema è di attualità perché in Italia si producono decine di formaggi non stagionati (anche DOP) preparati con latte crudo. Sarebbe però sbagliato criminalizzare un’intera categoria che rappresenta una realtà importante del Made in Italy a tavola. Per questo motivo è necessario fare chiarezza, evitando allarmismi inutili ma anche facili soluzioni assolutorie riversando la responsabilità sui ‘genitori incauti’.

La cronaca di questi giorni registra una sanzione di 7.750 euro a un caseificio per aver commercializzato un lotto del celebre formaggio Puzzone di Moena contaminato dal batterio Escherichia coli, che ha rischiato di provocare la morte di una bambina di un anno. La lista dei formaggi a latte crudo non stagionati è ampia e include tante varianti regionali, dai formaggi d’alpeggio (come tomini e formaggelle) fino a quelli semistagionati e freschi. Non riguarda invece i formaggi a latte crudo stagionati per oltre 12 mesi come Parmigiano e Grana Padano. Ne parliamo con Antonello Paparella, ordinario di microbiologia degli alimenti nel Dipartimento di Bioscienze e Tecnologie Agroalimentari e Ambientali dell’Università di Teramo e grande esperto di patologie alimentari di tipo microbiologico.
I casi riguardano solo bambini?
I problemi dei formaggi a latte crudo poco stagionati non riguardano solo i bambini. Per esempio, nel 2022 in provincia di Pescara, in soggetti adulti sono stati identificati 37 casi di infezioni da Streptococcus equi subspecies zooepidemicus causate dal consumo di formaggio vaccino fresco morbido e semi morbido locale, preparato con latte crudo di vacca e di pecora non pastorizzato.

Che problemi ci sono stati?
Tra le manifestazioni cliniche, si sono verificati casi di setticemia, faringite, artrite, uveite, endocardite ma soprattutto la morte per meningite grave di cinque di questi pazienti. Un episodio gravissimo ignorato dai media.
Nei casi che colpiscono i bambini, la colpa è dei genitori?
Certo, questo accade perché i genitori non sanno quali rischi corrono somministrando ai figli questi formaggi acquistati in malga e spesso in caseifici locali. I bambini fino a 5 anni sono a rischio maggiore perché il loro sistema immunitario è ancora debole. Lo stesso problema si pone per adulti diabetici, pazienti oncologici, oppure soggetti che assumono abitualmente cortisonici e hanno il sistema immunitario indebolito. Queste persone sono maggiormente esposte al rischio di infezioni trasmesse da alimenti, come per esempio nel caso di consumo di frutti di mare crudi (cozze o ostriche) o altri piatti crudi come le tartare di carne o di pesce.
Come capire che il formaggio è prodotto con latte crudo?
Nel mese di agosto 2025 il Ministero delle Salute ha diffuso nuove linee guida. Il testo dice che quando il produttore non è in grado di garantire la sicurezza del formaggio, dovrebbe riportare in etichetta un avvertimento per le categorie vulnerabili come bambini, anziani e immunocompromessi. La frase potrebbe essere così formulata: “Formaggio a latte crudo: il consumo da parte di bambini sotto i 5 anni, donne in gravidanza, anziani o persone immunodepresse può comportare rischi per la salute”. La dicitura dovrebbe essere riportata anche nei ristoranti e quando nel menù ci sono formaggi a latte crudo per i quali i produttori non sono in grado di garantire l’assenza di Escherichia coli STEC.

E al supermercato?
Ci sono alcuni Paesi come l’Australia e gli USA dove è obbligatorio riportare la scritta in etichetta. Da noi non esistono obblighi, ma solo una linea guida dove viene “fortemente consigliata l’introduzione di un’etichettatura informativa”. Alcuni produttori segnalano chiaramente in etichetta che il formaggio è a latte crudo, perché si tratta di una caratteristica di pregio, associata a sapori e aromi particolari. Tuttavia, non basta scrivere ‘latte crudo’, anche perché questa indicazione non informa correttamente i consumatori a rischio. Inoltre l’avvertenza dovrebbe essere esposta anche su cartelli nel punto vendita.
Ma allora conviene non mangiarli?
Se il produttore ha un controllo puntuale della filiera del latte e nelle stalle vengono fatti controlli sistematici da parte dei veterinari sulle vacche, pecore e bufale e sono applicati trattamenti o procedure per la gestione del rischio microbiologico, il latte viene analizzato quotidianamente oltre a fare verifiche sulla stagionatura, non ci sono problemi. La circolare è infatti indirizzata primariamente ai caseifici che non sono in grado di garantire queste condizioni standard.
Che consiglio darebbe ai lettori?
Ritengo che sia opportuno controllare se le etichette riportano l’avvertenza riguardante i consumatori a rischio, mentre vale la pena chiedere chiarimenti al ristorante e comunque evitare di somministrare formaggi a latte crudo a bambini, anziani, donne in gravidanza e persone immunocompromesse. Questo non vuol dire penalizzare questi formaggi ma solo essere trasparenti e prevenire spiacevoli incidenti.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24


Molti genitori non sanno che latte e formaggi a latte crudo possono rappresentare un rischio serio per i bambini sotto i 5 anni, le donne in gravidanza e le persone con difese immunitarie ridotte. Non si tratta di disattenzione, ma di una vera e propria lacuna informativa.
I pediatri dovrebbero essere in prima linea nel sensibilizzare le famiglie, ma troppo spesso queste indicazioni arrivano solo se richieste. Per questo è necessario rafforzare anche la comunicazione pubblica: campagne chiare e diffuse – tramite TV, social e canali istituzionali – sono strumenti essenziali per proteggere la salute dei più piccoli. Solo così i genitori potranno compiere scelte davvero consapevoli.
Credo non sia etico colpevolizzare i genitori
“Nei casi che colpiscono i bambini, la colpa è dei genitori?
Certo, questo accade perché i genitori non sanno quali rischi corrono somministrando ai figli questi formaggi acquistati in malga e spesso in caseifici locali. ”
Sempre sostenuto, da professionista, che queste informazioni sono doverose da parte di chi si occupa di alimentazione. Concordo pienamente con Erika
Dopo la lobby dei balneari e dei taxisti abbiamo la lobby del produttore di latte crudo. In pratica sono dei degli incoscienti i genitori che lo somministrano non i produttori che non scrivono neanche bene a chiare lettere che è un prodotto a latte crudo con quella dicitura tra virgolette che si legge nell’articolo…
Personalmente ritengo che; i formaggi realizzati con il latte crudo, (esclusivamente latte di montagna) siano x definizione, migliori per indice di qualità organolettica e fattori di salute, ma è legittimo dubitare che: un errore umano o casuale, possa comportare qualche rischio x la salute.
Quali sono i formaggi a latte crudo? esiste una lista di questi formaggi?
Non esiste una lista . Quand’anche si scopre che il formaggio è a latte crudo molto dipende dalla stagionatura. Spetta all’azienda indicare in etichetta il warning (per ora facoltativo) quando valuta che il pericolo di presenza di Escherichia coli STEC esiste. Ci sono formaggi a latte crudo che possono essere venduti dopo 7-15 giorni di stagionatura, oppure dopo un mese o 3-6 mesi. Questo vuol dire che il problema può esistere in alcuni casi e non in altri
Mi domando: i tabaccai non possono vendere sigarette ai minori e sono tenuti a controllare l’età; i venditori di alcolici (dai bar alle enoteche ai supermercati, nei quali però il controllo è più difficile perché spetterebbe ai cassieri) non possono venderli ai minori; ora, mentre i prodotti a latte crudo dovrebbero già essere contrassegnati da vistose segnalazioni convenzionali di pericolo (come sui pacchetti di sigarette) e posti in uno scomparto separato del banco della gastronomia con la voce “attenzione prodotti a latte crudo” e destinato ai soli adulti, in realtà questi formaggi si trovano tranquillamente nei banchi preconfezionati, senza segnalazioni di pericolosità, insieme a decine di altri formaggi di ogni tipo.
Troppe persone adulte non conoscono minimamente il problema.
la maggior parte dei formaggi sono prodotti con latte crudo, come dice giustamente l’articolista, e la problematica riguarda principalmente i formaggi freschi.
La casistica delle tossinfezioni da formaggi mi sembra molto bassa.
Mettere una etichetta specifica rivolta ai fragili non credo che ridurrebbe il già esiguo problema, ma sicuramente creerebbe allarmismo e danneggerebbe tutti quei produttori che fanno il loro lavoro con coscienza e attenzione rispettando tutte le regole dell’HACCP.
Sarei dell’idea di puntare il dito sull’uso del latte crudo come bevanda, che a norma di legge dovrebbe essere bollito prima del consumo, alterandone così le caratteristiche organolettiche, ma che continua a essere spesso consumato così come è.
Il latte crudo è già normato e poi mi sembra che sia poco commercializzato
Ma quali sono i formaggi a latte crudo?
Non esiste una lista . Quand’anche si scopre che il formaggio è a latte crudo molto dipende dalla stagionatura. Spetta all’azienda indicare in etichetta il warning (per ora facoltativo) quando valuta che il pericolo di presenza di Escherichia coli STEC esiste. Ci sono formaggi a latte crudo che possono essere venduti dopo 7-15 giorni di stagionatura, dopo un mese o 3-6 mesi. Questo vuol dire che il problema può esistere in alcuni casi e non in altri