Si chiamavano thermopolia, ed erano gli equivalenti pompeiani dei moderni fast food, perché lì si poteva trovare cibo pronto, adatto soprattutto alle fasce più povere della popolazione, che spesso non avevano una vera cucina in casa: in tutta Pompei ne sono stati trovati oltre 80.
A parlarne, riprendendo un comunicato dello stesso parco archeologico, è lo Smithsonian Magazine, che ricorda anche l’immagine condivisa su Instagram da Massimo Osanna, direttore degli scavi decaduto in gennaio (la nomina del nuovo direttore è attesa per Pasqua, e potrebbe essere una conferma). Osanna, infatti, di recente ha fatto vedere le magnifiche decorazioni del termopolio del Regio V, zona al momento soggetta a scavi e quindi chiusa al pubblico. Le foto mostrano questi locali: nel caso specifico, oltre a un’immagine di una delle Nereidi su uno splendido cavallo marino, si vede la rappresentazione dell’attività commerciale svolta nel piccolo ristorante, che potrebbe aver avuto la funzione di insegna (vedi foto sopra).
I termopoli sono stati trovati in tutto l’impero romano, e dimostrano quanto i proprietari fossero ingegnosi: il cibo era infatti conservato in lunghe file di vasi di terracotta chiamati dolia, incastonati in banconi di marmo, che mantenevano caldi cibi e bevande e, al tempo stesso, rendevano subito evidente l’offerta dello snack bar. Il pasto tipico comprendeva pane abbrustolito con pesce salato, formaggio, carne, lenticchie e vino speziato e garum, una salsa popolarissima, probabilmente ottenuta da pesce fermentato e speziato, rossa e simile alla ketchup: un menu che non sfigurerebbe neppure oggi.
Questi locali erano molto frequentati: secondo alcune stime un quarto dei 20 mila abitanti di Pompei (e per estensione di tutti i centri urbani) mangiava almeno una volta al giorno in un termopolio, cioè in un locale che Stephen Dyson, archeologo dell’Università di Buffalo, ha definito una via di mezzo tra “un Burger King e un pub britannico o un bar di tapas spagnolo”. La loro reputazione, però, era peggiore di quella dei fast food di oggi, perché erano frequentati dai criminali e si trovavano spesso persone ubriache (per questo l’imperatore Claudio volle che fossero chiusi, per diminuire la criminalità).
Secondo gli archeologi intervistati dalla rivista, i termopoli dimostrano quanto sia antica e umana l’esigenza di avere cibo pronto, da gustare in locali dove trovare altre persone e socializzare: una passione di cui forse si dovrebbe tenere conto quanto si cerca di capire come modificare l’alimentazione moderna nelle sue distorsioni peggiori.
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Giornalista scientifica
era street food non fast food ….non fate confusione.