Può un’etichetta nutrizionale aiutare davvero il consumatore a fare scelte alimentari più sane? Non proprio, almeno secondo i risultati dello studio FLABEL (Food Labelling to Advance Better Education for Life), realizzato con il contributo dell’Unione europea e presentato lo scorso 31 gennaio con una conferenza via web. Il succo del lavoro, durato tre anni e mezzo, è che i consumatori sono in grado di leggere le etichette e di ricavarne le giuste informazioni, ma spesso non lo fanno, per mancanza di tempo o di motivazioni. Una cosa però è certa: l’impiego di etichette ben visibili e chiare aiuta gli acquirenti. Vediamo i dettagli.

Diffusione delle etichette nutrizionali
Per prima cosa i ricercatori hanno analizzato le confezioni di oltre 37.000 prodotti appartenenti a cinque categorie (biscotti, cereali per la prima colazione, pasti pronti preconfezionati, bibite gassate e yogurt) presenti in tutti i 27 i paesi UE, più la Turchia. Dall’esame è emerso che la diffusione di informazioni nutrizionali sulle etichette è molto alta: l’85% dei prodotti riporta le informazioni sul retro delle confezioni, mentre il 48% davanti.

 

 

Comprensione delle informazioni nutrizionali in etichetta
Un’indagine condotta su 2000 persone di 4 paesi (Gran Bretagna, Polonia, Turchia e Germania), ha rivelato che i consumatori in genere sono in grado di capire le informazioni sulle etichette e di utilizzarle per classificare i prodotti in base alla loro salubrità. Il tipo di etichetta – più o meno ricco di dichiarazioni salutistiche o di loghi, oltre che delle informazioni nutrizionali di base (contenuto di nutrienti e calorie) – non sembra influenzare la comprensione da parte dei consumatori. L’unica differenza sostanziale sta nella posizione delle diciture: meglio quelle collocate sul fronte della confezione rispetto al retro.

 

 

Livello di attenzione
I risultati dicono che il tempo dedicato all’etichetta è molto scarso. In media oscilla tra 25 e 100 millesimi di secondo, il che probabilmente significa che qualcuno la legge, ma qualcuno non la guarda neanche. Nel complesso ci si sofferma troppo poco per riuscire a “catturare” le informazioni presenti. Alcuni fattori, però, migliorano il livello di attenzione: anzitutto la motivazione a priori verso scelte particolari (per esempio, se si stanno cercando prodotti a basso contenuto di sale), ma anche la disposizione dell’etichetta (più efficace se si trova in un’area poco affollata della confezione) e la presenza di loghi salutistici. Il poco tempo a disposizione, invece, riduce notevolmente l’attenzione. Per quanto riguarda l’apprezzamento, piacciono di più le etichette con la maggior quantità di informazioni e quelle a cui si è già abituati.

L’etichetta “giusta”
Sulla base dei risultati raccolti, i ricercatori di FLABEL concludono che i principali ostacoli a un utilizzo efficace delle etichette alimentari sono la mancanza di attenzione e di motivazione da parte del consumatore. Del resto non sempre si acquista con l’obiettivo di comprare qualcosa che faccia bene. Più spesso, le spinte sono di altra natura: il gusto, l’abitudine, il denaro, il tempo a disposizione, le preferenze dei familiari e così via. Bisogna dunque incrementare la motivazione individuale a scelte più sane e sviluppare etichette capaci di catturare meglio l’attenzione. L’etichetta migliore, da questo punto di vista, sembra quella che presenta tutte le informazioni necessarie (contenuto energetico e composizione dei nutrienti, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale) in un modo costante per quanto riguarda la posizione, la dimensione e il colore e che in più è affiancata da uno spazio per un eventuale logo salutista, da inserire se il prodotto è effettivamente salutare. Altrimenti quello spazio rimarrà vuoto. In questo modo dovrebbe essere più facile confrontare vari prodotti, anche se si va di fretta.

Lo studio FLABEL ha inoltre rivelato che la probabilità di acquisto di un prodotto “sano” aumenta quanto più numerose sono sullo scaffale le opzioni salutistiche. Insomma: va bene concentrarsi sulle caratteristiche dell’etichetta, ma non bisogna dimenticare che  le motivazioni  dipendono anche da altri aspetti.

Valentina Murelli

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