Negli ultimi mesi il tema dei semafori in etichetta è tornato alla ribalta sulle cronache nazionali, con la posizione contraria espressa dal ministro per l’agricoltura Maurizio Martina, affiancato dall’insolita coalizione fra Coldiretti e Federalimentare. La retorica esula tuttavia dalla realtà dei fatti e dai presupposti giuridici (leggi articolo). Proviamo a fare un po’ di chiarezza su un tema liquidato con troppa semplicità da molti addetti ai lavori.
Il sistema delle etichette a semaforo (traffic lights) è stato sviluppato e sperimentato in Inghilterra per lungo tempo, su base volontaria, con il supporto del Ministero della salute. L’intento era quello di aiutare i consumatori a identificare in poco tempo e in modo semplice gli elementi più importanti di un prodotto alimentare (energia, grassi e grassi saturi, zuccheri e sale) per orientare le scelte di acquisto e portare un maggiore equilibrio nella dieta. Il regolamento UE 1169 del 2011, ha riconosciuto il ruolo dei legislatori nazionali nell’introdurre sistemi volontari di informazione nutrizionale di sintesi rispetto alla dichiarazione obbligatoria stabilita a livello europeo (reg. cit., art. 35)*. Per questo motivo la Commissione europea si accinge a dare il via libera ai semafori britannici. Come farà più avanti col sistema NutriScore adottato di recente in Francia. Le prese di posizione ostili a tali sistemi sono a dir poco tardive, considerato che l’esame politico del regolamento “Food Information to Consumer”, avviato nel 2008, si è concluso quasi sei anni fa.
I colossi internazionali di Big food hanno di recente dichiarato il loro appoggio al sistema dei traffic lights, impegnandosi ad applicare i semafori sui loro prodotti. Una manovra che ha stupito alcuni, ma in realtà serve a raccogliere il plauso delle Associazioni dei consumatori (Beuc a livello europeo, Altroconsumo in Italia) e a cercare di evitare la prospettiva di intervento pubblico più efficace come le tasse su zuccheri e bevande zuccherate (1) che, nelle varie parti del pianeta ove sono applicate, rivelano di essere utili a ridurre i consumi eccessivi.
L’utilità dei semafori è evidente sui cibi ricchi di grassi, zuccheri e sale (Hfss: High fats, sugars and sodium), come le bevande zuccherate, che in una sola lattina contengono una quantità di zuccheri in quantità superiori alla soglia raccomandata indicata dall’OMS. La stessa cosa si pone per snack, merendine e patatine fritte cariche di grassi saturi, ma anche per i prodotti “insospettabili” come alcuni piatti pronti per vegetariani e vegani, troppo spesso iper-salati. Oltre a ciò il semaforo permette di confrontare prodotti analoghi. Per esempio le pizze surgelate non sono tutte uguali. Quelle che contengono, oltre alla mozzarella, pomodoro, salame e altri insaccati, oppure quelle ai quattro formaggi, meritano un punteggio, e quindi una valutazione nutrizionale, peggiore rispetto a una pizza margherita o alle verdure. La foto sotto mostra questa diversità in modo chiaro: l’etichetta semaforo varia dalla lettera B di colore verde per la pizza con verdure, alla lettera D di colore arancione per la pizza ai 4 formaggi o salame e formaggio. Anche se confrontiamo pizze analoghe condite con salumi e formaggio, si scopre che il colore varia dalla lettera B alla lettera D o E in relazione alla quantità degli ingredienti.
Le etichette a semaforo non vogliono però penalizzare gli alimenti tradizionali (in Italia il Parmigiano Reggiano o il Grana Padano DOP, l’olio extravergine d’oliva e tanti altri) che potrebbero venire esclusi in ragione del loro ruolo storico nell’ambito di diete equilibrate, come suggerito dall’OMS, e dal legislatore europeo (2). Si tratta infatti di un provvedimento a carattere volontario.
Altro capitolo è quello dei profili nutrizionali, da non confondere con le etichette semaforo come capita spesso di leggere. I profili aiutano a distinguere i prodotti alimentari formulati in modo squilibrato, relativamente all’apporto di energia, nutrienti e sodio, dagli altri. Sono stati introdotti dal regolamento su Nutrition & Health Claims (3), per impedire alle aziende alimentari di vantare presunte virtù salutistiche su cibi ricchi di grassi, zuccheri e sale a cui vengono aggiunte vitamine o una manciata di sali minerali e altri nutrienti. Un esempio è quello del Nesquik Optistar, oltre a molte confezioni di cereali per la prima colazione che sono promossi come cibi salutari in quanto arricchiti di vitamine, pur avendo spesso una quantità esagerata di zuccheri.
Lo scopo dei profili, in termini più generali, è perciò quello di porre un freno al marketing, soprattutto ove rivolto a bambini e adolescenti, di cibo-spazzatura. La disinformazione portata avanti in Italia muove dalla scorretta sovrapposizione di etichette a semaforo ai profili nutrizionali, che in realtà sono due concetti diversi anche se riguardano entrambi le etichette. L’intento è creare confusione cercando di teorizzare che gli uni e gli altri minaccerebbero le vendite all’estero del made in Italy, come Parmigiano, prosciutto di Parma e olio extravergine. Si tratta di una favola costruita ad arte per proteggere un altro tipo di prodotti, quelli che davvero rischiano di venire penalizzati, per gli eccessi di zucchero e di olio di palma. Il destino di questi ultimi è comunque segnato, a meno che non si provveda a una doverosa riformulazione.
Note
* “Oltre alle forme di espressione di cui all’articolo 32, paragrafi 2 e 4, e all’articolo 33 e alla presentazione di cui all’articolo 34, paragrafo 2, il valore energetico e le quantità di sostanze nutritive di cui all’articolo 30, paragrafi da 1 a 5, possono essere indicati mediante altre forme di espressione e/o presentati usando forme o simboli grafici oltre a parole o numeri, purché siano rispettati i seguenti requisiti…”
(1) La lobby delle 10 Grandi Sorelle del cibo sta anche provando a trasferire ogni informazione e valutazione nutrizionale dei cibi dai 100 g/ml alle singole porzioni, che possono essere “calibrate su misura” dal marketing. Questo approccio risulta peraltro ingannevole per i consumatori, i quali perdono la possibilità di comparare i vari prodotti riferendosi alla stessa quantità
(2) Reg. CE 1924/06, articolo 4
(3) Il regolamento su Nutrition & Health Claims prevede infatti la possibilità di escludere gli alimenti tradizionali. Come è logico, a maggior ragione, in quanto è la stessa Europa a co-finanziare i programmi di promozione degli alimenti tradizionali, nell’ambito della PAC
Le etichette a semaforo adottate in Francia, chiamate Nutri-Score, sono il miglior sistema per aiutare il consumatore a capire le caratteristiche nutrizionali di un prodotto. Lo schema è molto semplice: il rosso indica un alimento da assumere con moderazione, il verde un cibo sano mentre il giallo invita a consumare il prodotto senza esagerare, per mantenere una dieta equilibrata. Le etichette sono state accolte con entusiasmo dall’OMS e dalle associazioni dei consumatori. In questo dossier di 19 pagine spieghiamo come funziona il Nutri-Score e perché nutrizionisti e società scientifiche che si occupano di alimentazione non possono che essere favorevoli all’adozione anche in Italia.
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