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Oggi più che mai è importante chiarire come deve essere l’etichettatura alimentare dei prodotti israeliani, alla luce della posizione assunta della Corte di Giustizia dell’ Unione europea rispetto l’occupazione illecita di Israele nella striscia di Gaza e Cisgiordania, richiamando una storica sentenza di Diritto Alimentare. Può sembrare singolare come correlazione, ma l’occupazione illegale israeliana nella Striscia di Gaza e Cisgiordania è un tema che si intreccia con l’indicazione di provenienza dei prodotti alimentari e la loro etichettatura.

Lo Stato di Israele identificava come “israeliani” alcuni prodotti provenienti dai territori, de facto, occupati dallo stesso Stato. La Corte di Giustizia Europea, nella causa C-363/18, ha stabilito illegittima una simile identificazione richiamando l’art. 26 del Reg. 1169/2011, il quale prevede l’obbligo di indicare in etichetta il paese di origine.

Israele foto da IA di Federico Valentini etichettatura alimentare
Israele, secondo la Corte, non può essere considerato uno Stato sovrano in quelle aree, ma piuttosto un occupante*

Una decisione storica

La Corte, in questa storica decisione, stabilisce che i prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani nei territori occupati devono essere etichettati in modo chiaro, indicando la loro provenienza da insediamenti che non rientrano sotto la legittima sovranità di Israele. Questa sentenza richiama sia il diritto dei consumatori europei a un’informazione trasparente, in quanto la scelta del cibo avviene anche su base etica, sia la natura illegale degli insediamenti, conformemente al diritto internazionale.

Israele, secondo la Corte, non può essere considerato uno Stato sovrano in quelle aree, ma piuttosto un occupante, dichiarando testualmente che “L’Unione europea, in linea con il diritto internazionale, non riconosce la sovranità di Israele sui territori occupati dal giugno del 1967, ossia alture del Golan, striscia di Gaza e Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, che non considera parte del territorio di Israele”. Questo principio si riflette anche nelle attuali operazioni militari contro Gaza e Cisgiordania, dove la popolazione palestinese vive sotto una pesante occupazione militare e, in molti casi, in condizioni umanitarie devastanti.

Non solo etichettatura alimentare

In definitiva, la sentenza non è solo una questione di etichettatura alimentare, ma rappresenta un importante passo avanti nella lotta per la trasparenza e la giustizia. Essa mette in luce la responsabilità morale e legale di riconoscere la realtà dell’occupazione israeliana nei territori palestinesi e l’importanza di informare i consumatori sulle origini dei prodotti che acquistano. In un contesto di crescente tensione e conflitto, è cruciale che l’Unione europea non ignori le implicazioni della sua scelta alimentare e continui a sostenere i diritti dei palestinesi. Solo attraverso un impegno condiviso e una consapevolezza informata possiamo sperare di costruire un futuro di pace e giustizia per tutte le parti coinvolte.

Federico Valentini – Regulatory Affairs Consultant, Food & Food Label Compliance

© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock- Depositphotos. * Israele foto da IA di Federico Valentini

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Franco
Franco
9 Ottobre 2025 08:38

Sono d’accordo con la Corte di Giustizia Europea spero che valga anche per l’italia

Pablo
Pablo
9 Ottobre 2025 09:33

Sentenza di importanza fondamentale.

Maurizio Callegaro
Maurizio Callegaro
9 Ottobre 2025 10:28

Ottimo, finalmente, un altro passo che può forzare il cammino verso la pace.

Gianni
Gianni
Reply to  Maurizio Callegaro
13 Ottobre 2025 23:38

caro Maurizio, condivido in gran parte la tua affermazione ma va detto chiaramente che “non c’e pace senza giustizia”. “non c’è pace se questa non è condivisa da entrambi i protagonisti della disputa. Nel nostro caso uno dei due contendenti è soggetto da decenni a ingiusta violenza che va totalmente rimossa prima di poter sedere al tavolo delle trattative. E la pace non deve essere “suggerita” o peggio “imposta” da soggetti esterni che mirano ad avvantaggiare uno dei paesi in guerra, mantenendo i soprusi in atto.

Annamaria
Annamaria
9 Ottobre 2025 11:04

Ottima sentenza. Spero che nella pratica italiana ci sia controllo massimo della etichettatura etica prevista!

Azul98
9 Ottobre 2025 13:45

Era ora, sperando che il governo italiano smetta con le sue bugie e commercio alimentare con Israele e cominci ad attuare una politica seria, per il popolo Palestinese anche se ci non ci crede nessuno.

Maria Rita
Maria Rita
9 Ottobre 2025 15:16

Spero vivamente ci sia un seguito positivo. Oggi assistiamo ad un primo accordo di “pace” molto discutibile. Certo sempre meglio dello sterminio cui assistiamo quotidianamente. In ogni caso basta ad insediamenti illegali di Israele! Sono passati circa 80 anni, spesso sotto il silenzio, da quando Israele ha iniziato a ignorare i provvedimenti internazionali. Ora basta!

Alessandra
Alessandra
9 Ottobre 2025 17:03

Come facciamo a sapere se i datteri e i manghi sono israeliani o no? Io non li compro ma non vorrei boicottare le cooperative palestinesi!

Angela De Cesare
Angela De Cesare
9 Ottobre 2025 19:06

condivido pienamente la sentenza. E’ vergognoso contrabbandare come israeliani prodotti coltivati in terreni espropriati ai legittimi proprietari.

Giovanni
Giovanni
10 Ottobre 2025 11:01

No scusate quindi cosa scriveranno ? Made in Palestina? Quindi non potrò boicottare ,e i soldi continueranno ad andare alle imprese israeliane?
Non credo specificheranno ” palestina occupata” ….

Valeria Nardi
Reply to  Giovanni
10 Ottobre 2025 13:49
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