Gli alimenti provenienti dai territori occupati illegalmente da Israele dovranno riportare sulle etichette l’origine del prodotto attraverso diciture come: “Cisgiordania”, “Alture del Golan”, “Gerusalemme Est” o “Striscia di Gaza”. La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza del 12 novembre, ha deliberato che “gli alimenti originari di territori occupati dallo Stato di Israele devono recare l’indicazione del loro territorio di origine, accompagnata, nel caso in cui provengano da località che costituiscono un insediamento israeliano all’interno del suddetto territorio, dall’indicazione di tale provenienza”.
Ad esempio i prodotti della Palestina che non provengono dagli insediamenti, potrebbero scrivere “prodotto in Cisgiordania (prodotto palestinese)”, “prodotto nella striscia di Gaza” o “prodotto in Palestina”. Invece per quelli della Cisgiordania o delle alture del Golan provenienti dagli insediamenti, le diciture potrebbero essere :“prodotto delle alture del Golan (insediamento israeliano)” o “prodotto della Cisgiordania (insediamento israeliano)”.
Secondo i giudici europei “apporre su alcuni alimenti l’indicazione secondo cui lo Stato di Israele è il loro «paese d’origine», mentre tali alimenti sono in realtà originari di territori che dispongono ciascuno di uno statuto internazionale proprio e distinto da quello di tale Stato, che sono occupati da quest’ultimo e soggetti a una sua giurisdizione limitata, in quanto potenza occupante ai sensi del diritto internazionale umanitario, sarebbe tale da trarre in inganno i consumatori”.
Si tratta di una misura necessaria per permettere ai consumatori di effettuare delle scelte di acquisto “consapevoli nonché rispettose non solo di considerazioni sanitarie, economiche, ambientali o sociali, ma anche di considerazioni di ordine etico o attinenti al rispetto del diritto internazionale”.
I giudici ricordano che gli insediamenti in alcuni dei territori occupati dallo Stato di Israele violano il Diritto internazionale umanitario in quanto attuano “una politica di trasferimento di popolazione condotta da tale Stato al di fuori del suo territorio”. Queste annessioni infatti non sono riconosciute giuridicamente da gran parte della comunità internazionale, tra cui l’Unione europea.
Diverso il parere del ministero degli esteri di Tel Aviv che considera la decisione “uno strumento in una campagna politica contro Israele”. In realtà si tratta di una sentenza che ribadisce la posizione dell’Unione europea già esposta in precedenti comunicazioni e che mira a “garantire il rispetto delle posizioni e degli impegni dell’Unione, in conformità al diritto internazionale, sul non riconoscimento da parte dell’Unione della sovranità di Israele sui territori occupati dal giugno del 1967”. *
* Comunicazione interpretativa relativa all’indicazione di origine delle merci dei territori occupati da Israele dal giugno del1967 (GU 2015, C375, pag.4).
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare
Signori: chapeau. Decisione a mio parere giuridicamente ineccepibile.
Sono d’accordo, Giorgia
Perché allora non si fa etichettare anche quello che i Turchi producono nella parte di Cipro da loro invasa con guerra di aggressione ? O dei cinesi in Tibet ? O nelle circa 200 zone contese sparse nel mondo ?
Qui di ineccepibile c’è solo l’antisemitismo di euroburocrati.
Se c’è una dichiarazione ONU negli altri casi, si può fare. Poi che ci sia ipocrisia quando di mezzo c’è la Cina o gli USa con cui tutti vorrebbero commerciare… Ha ragione. Basta vedere tutti zitti su Hong Kong. Anche perché quelli (i cinesi) non scherzano, sparano.
Resta il fatto che l’occupazione di Israele è illegale e dispiace perché è una democrazia ed in quelle zone non si sprecano. L’occupazione da Stati dittatoriali la comprendo, da una democrazia no
E certo… bisogna fare tutto quello che vuole Israele, altrimenti si viene tacciati di anti semitismo…