Dopo l’Eco-Score francese, una nuova etichetta ambientale potrebbe presto fare capolino sugli scaffali dei supermercati di tutta Europa e il Regno Unito. O almeno questa è l’intenzione dei suoi promotori e sviluppatori: l’associazione no profit Foundation Earth (creata dal fondatore dell’azienda Finnebrogue Artisan) e una schiera di imprese del settore agroalimentare, che comprende anche i colossi Tyson Foods e Nestlé. Un test pilota è previsto per settembre 2021, quando alcuni marchi metteranno sulle confezioni dei loro prodotti l’etichetta ambientale, con l’obiettivo di portare ufficialmente l’etichetta sul mercato nell’autunno del 2022.
Come nel caso dell’Eco-Score, il logo proposto ricorda molto da vicino il Nutri-Score, ma anche un po’ l’etichetta energetica degli elettrodomestici. Si tratta infatti di un’etichetta a semaforo che unisce una scala di colori – dal verde scuro al rosso – con delle lettere, in questo caso dalla A+ alla G, per comunicare ai consumatori l’impatto ambientale – “Eco Impact” – di un prodotto.
Ma come funziona questa etichetta? Il sistema si basa su un metodo sviluppato da Mondra e derivato da uno studio di due ricercatori dell’Università di Oxford per la valutazione del ciclo di vita (Life Cycle Assessment o Lca). Il sistema considera la produzione, la lavorazione, il confezionamento e il trasporto di un alimento. L’impatto ambientale che ne deriva viene ponderato del 49% per quanto riguarda l’emissione di carbonio e del 17% ciascuno per l’utilizzo dell’acqua, l’inquinamento idrico e la perdita di biodiversità. Questo metodo sarà utilizzato per generare le etichette ambientali durante il test pilota del prossimo autunno. Allo stesso tempo, però, verrà sviluppato, con il supporto economico di Nestlé, un sistema per combinarlo con quello sviluppato dall’Università belga di Leuven e dall’istituto di ricerca spagnolo AZTI grazie a un finanziamento europeo di EIT Food.
Sulla base delle informazioni rese note dai promotori dell’iniziativa, tuttavia il sistema di calcolo sembra essere un po’ meno trasparente rispetto a quello dell’Eco-Score, i cui ideatori hanno pubblicato tutti gli algoritmi utilizzati per calcolare il contributo di ciascun indicatore e correttore considerato insieme alla valutazione del ciclo di vita, basato a sua volta sui dati del programma pubblico Agribalyse dell’Ademe. Ma dato che il sistema è ancora in divenire e che il metodo usato nel test pilota forse non sarà quello definitivo, si può concedere ai promotori del logo il beneficio del dubbio. Per ora.
© Riproduzione riservata Foto: Foundation Earth
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Ah, se ne sentiva il bisogno, un’altra etichetta un po’ simile alle esistenti, un po’ simile a quelle proposte, un po’ differente da quelle approvate, un po’ richiamantesi a quelle scartate, che propone una classificazione differente, che integra una valutazione non esistente, che ricorda un aspetto cogente, che evidenzia un problema inapparente, e che contribuirà sicuramente a fare chiarezza, ma sì, più etichette ci sono più ci si diverte…
Così finalmente il consumatore che già adesso non sta capendoci niente dirà “ma sono tutte put… str… sciocchezzuole” e orgogliosamente continuerà a comprare il prodotto più pubblicizzato in tv, sui social, dagli influencer, impippandosene di tutte le valutazioni esattamente come succede da decenni, “caro, quale compriamo?” “ah, cerca quello che si taglia col grissino” (sentita personalmente da una coppia davanti allo scaffale dei tonni in scatola).