Pubblichiamo la nota di un lettore che ha visto datteri Israeliani in vendita da NaturaSì e la risposta della catena di supermercati.
Buongiorno, sono un cliente di NaturaSì e sono rimasto sconcertato dal fatto che, proprio in queste settimane sugli scaffali siano in vendita datteri israeliani. Ho scritto alla direzione esprimendo il mio disappunto e la mia incredulità per avere constatato che nel negozio di Porta Ludovica a Milano, ho visto (addirittura in offerta poi!) datteri provenienti da Israele. Mi chiedo e vi chiedo come si possa in un momento catastrofico come l’attuale, sostenere il commercio di prodotti israeliani vista la sconsiderata guerra di sterminio dell’attuale governo d’Israele. Con molto dispiacere, da vecchio e fidato cliente della catena, vi informo che mi asterrò dal fare la spesa nei vostri negozi fino a quando non cesserete la vendita di prodotti israeliani. Gianni P.
I datteri Medjool
I datteri Medjool venduti da NaturaSì sono una qualità molto pregiata e Israele produce quasi la metà di quelli in commercio a livello mondiale. La maggior parte dei datteri israeliani provengono dalle colonie che Israele ha costruito nei Territori palestinesi occupati. Questi insediamenti situati in alcune aree occupate dallo Stato di Israele violano il Diritto internazionale umanitario in quanto attuano “una politica di trasferimento di popolazione condotta da tale Stato al di fuori del suo territorio”. Queste annessioni non sono riconosciute giuridicamente da gran parte della comunità internazionale, tra cui l’Unione europea.
C’è di più: la metà circa delle colonie israeliane coltiva datteri creando un reddito importante che contribuisce a mantenere e sviluppare l’occupazione e la colonizzazione della Palestina. In Italia i datteri israeliani sono venduti anche da altre catene di supermercati come Esselunga e Iperal (sono quelli di nostra conoscenza).
Altre insegne li vendono, ma non indicano in modo chiaro l’origine. Per legge non è obbligatorio indicarne l’origine, ma naturalmente nulla vieta agli operatori di inserire in etichetta l’informazione a titolo del tutto volontario.Va altresì aggiunto che sugli scaffali dei vari supermercati si trovano comunque datteri provenienti da Tunisia, Marocco e Arabia Saudita.
A nostro avviso la vendita di prodotti di uno Stato come Israele che porta avanti un genocidio non è condivisibile. È una scelta che supporta l’economia di un Paese che non rispetta le decisioni dell’Onu, che occupa in modo illecito un territorio di altri e che ogni giorno fa strage di uomini, donne e bambini innocenti.
La risposta di NaturaSì
Fra poco sono quarant’anni che ci stiamo prodigando non solo per il biologico ed il biodinamico ma per una sana vita sociale, che vuol dire fondamentalmente rispetto e cura delle persone qualsiasi sia il loro ceto sociale, la loro nazione di appartenenza, il loro credo religioso.
Per cercare di mantenere saldi questi principi aziendali anche oltre le vite dei fondatori, abbiamo messo la maggioranza, quindi la direzione aziendale, in una fondazione no profit che persegue e cerca di salvaguardare questi principi.
Andiamo sul tema specifico cioè l’attuale situazione in Israele. Abbiamo affrontato il tema da lungo tempo, non solo ora in questa drammatica situazione. Abbiamo iniziato a lavorare con aziende agricole israeliane oltre trent’anni anni fa. Il primo contatto è stato con il signor Mario Levi, da qualche anno deceduto (può sentire una sua intervista alla radio svizzera in internet). Era una persona squisita, che io ho conosciuto personalmente, fondatore di un kibbutz che aveva introdotto il biologico in Israele ove si era trasferito da Trieste dopo essere sfuggito all’Olocausto. Abbiamo iniziato con le carote invernali, ma ora le facciamo in Italia, quindi abbiamo chiuso da molti anni con la produzione israeliana.
I Kibbutz
Con la stessa organizzazione israeliana abbiamo cominciato poi con i datteri. I datteri che noi importiamo vengono solo da due kibbutz che non si trovano nei territori occupati ma verso il Mar Rosso: Samar e Neot Semadar. Sono kibbutz fondati negli anni 70 da artisti pacifisti non allineati con le politiche del governo. Abbiamo parlato con persone in Israele che soffrono come tutti noi per la situazione attuale e per le scelte governative e ci hanno detto: “se volete aiutare la pace dovete farlo sostenendo queste realtà non allineate”.
Quindi noi abbiamo scelto di tenere relazioni con realtà virtuose indipendentemente dalla politica sbagliata della nazione in cui si trovano. Noi non ci sentiamo sempre rappresentati dalla nostra politica governativa ma sarebbe drammatico che venissimo penalizzati per questo.
Datteri palestinesi ed egiziani
Abbiamo avuto anche datteri palestinesi, purtroppo troppo pochi, ed egiziani. I datteri egiziani arrivano da Sekem, ove il CEO, nostro carissimo amico fraterno, ha fatto sei mesi di carcere per sospetta azione anti governativa. Secondo noi proprio queste sono realtà da sostenere in qualsiasi nazione e con qualsiasi regime esse si trovino ad operare. La stessa organizzazione che aiuta l’esportazione dei datteri dei due kibbutz israeliani ha cercato con noi di aiutare una cooperativa palestinese, purtroppo per ora non ci siamo riusciti ma ci riproveremo. Appena possibile andremo personalmente in quei territori. In realtà alcuni nostri colleghi ci sono stati qualche anno fa ed hanno avuto un’ottima impressione dei due kibbutz con i quali lavoriamo. E, non appena possibile, ci torneremo.
La nostra scelta per ora va in questa direzione. Vorremmo lavorare per il bene con tutte le persone che lo cercano sinceramente perché crediamo che in questo mondo impazzito sia la cosa più sensata e sana da fare, ognuno dalla posizione in cui si trova, prendendosi la responsabilità delle sue scelte.
Siamo a completa disposizione per qualsiasi confronto e approfondimento anche di persona. L’unica cosa che vorremmo chiedere è che non si accendano nuove guerre né piccole né grandi, neanche verbali, né stati d’animo conflittuali dai quali, nel nostro piccolo, iniziano piccoli contrasti e polemiche, ciò che poi fuori di noi si trasforma in grandi guerre e violenze di ogni genere.
Fabio Brescacin, presidente di EcorNaturaSì (nota diffusa da NaturaSì all’inizio del 2024)
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Grazie di questo articolo. Chiedo se le fonti delle informazioni fornite da NaturaSì sono state verificate direttamente con accesso alla documentazione che prova quanto asserito. Farebbe una grande differenza.
Ho messo il link del documentario, le informazioni sono anche diretta testimonianza di un mio viaggio in Palestina, in particolare nella Valle del Giordano (ne fu pubblicato a suo tempo un articolo su Nena News), ottenute dalla mia personale esperienza visiva e da incontri e colloqui con abitanti del luogo. Di quegli anni: https://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o50246
Diversi articoli sono stati scritti nel tempo sull’argomento, ne metto qua
un altro link: https://nena-news.it/valle-del-giordano-lapartheid-qui-e-gia-una-realta/
Questo che segue è, invece, quello di una realtà di un progetto di solidarietà
con gli abitanti nativi della Valle del Giordano:
http://jordanvalleysolidarity.org/
Qui è un po’ presentata la questione dell’acqua: http://jordanvalleysolidarity.org/events-action-call-outs/we%ca%bcre-raising-7500-help-indigenous-palestinian-communities-dig-water-wells/
http://jordanvalleysolidarity.org/events-action-call-outs/stop-water-apartheid-launch-of-our-right-to-water-campaign/
Grazie delle informazioni. Ciò non risponde però alla mia iniziale necessità di avere riscontro sull’attendibilità delle fonti su cui si basa l’articolo.
Solo la redazione può dare riscontro in merito, temo.
Oltre ai link che ho già postato, sull’acqua nella Valle del Giordano ed altro,
questo articolo del 2012 sul lavoro palestinese nella Valle del Giordano è molto istruttivo
https://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o32651
I protagonisti che soffrono questa feroce occupazione proprio nella Valle del Giordano
si possono conoscere qui: http://jordanvalleysolidarity.org/events-action-call-outs/stop-water-apartheid-launch-of-our-right-to-water-campaign/
Ma alla fine tutta la questione si riduce a un concetto relativamente semplice: la maggior parte degli israeliani vogliono l’annientamento totale dell’entità ‘palestina’, così come la maggior parte dei palestinesi vuole l’annientamento totale dell’entità’ ‘israele’. In una situazione di stallo come questa, allo stato attuale, la guerra andrà avanti all’infinito o nella situazione più drammatica con il genocidio di una delle due popolazioni. Quindi entrambi i popoli e i loro governi sono su un fronte di guerra totale e vogliono lo sterminio degli altri, il che mi mette nella posizione di non dover supportare nessuna delle due popolazioni che hanno questo atteggiamento guerrafondaio. Se veramente si vuole raggiungere la pace e terminare le violenze per il bene di tutti, bisogna accettare che l’unica soluzione disponibile sia la sussistenza ed esistenza di entrambi gli stati (con tutte le implicazioni diplomatiche del caso). chiunque si pone solo da un lato della barricata (che sia a sostegno di israele o dei palestinesi) non fa altro che alimentare violenza e odio e guerra. Qualche anno fa la gente esponeva la bandiera della pace (non quella di una nazione vs un’altra) solo e solamente della PACE. al massimo accetterei una bandiera della pace con dentro entrambe le bandiere di israele e palestina )
Guarda che due popoli e due Stati non li vuole Israele dal 1947. C’era stata una schiarita nel 1995 (Oslo), con Rabin e Arafat ma uno studente israeliano di estrema destra ha ucciso Rabin, il primo ministro. Questo dice la storia, e poi la colonizzazione della Cisgiordania…è tutto così difficile…ma gli oltre 40.000 morti sono Palestinesi, in maggior parte donne e bambini…si chiama pulizia etnica
non credo che tutto il popolo israeliano sia di estrema destra. se a suo tempo Rabin era al governo, qualcuno l’avrà pur votato ed, inoltre, anche oggi, con la destra e gli oltranzisti ad amministrare, sono numerosissime le manifestazioni di protesta nelle piazze israeliane contro di essi. quindi, fare di tutta l’erba un fascio, se ciò voleva essere il significato, mi sembra sbagliato. allo stesso modo, tra i palestinesi, ci sono estremisti e moderati.
Mah, leggo commenti di vario genere ma, la situazione è molto intricata, e in parte c’è ragione da una e l’altra parte (tra l’altro generalizzare a tutti gli israeliani mi sembra sbagliato, dato che in molti non condividono quanto sta facendo il governo e vorrebbero da sempre una convivenza pacifica, a due stati, anche se è proprio a causa di Israele che due stati non ci sono, per ragioni varie soggetto di discussione).
Il cliente è libero di scegliere, può acquistare o meno, non mi sembra giusto che venga imposta l’idea politica di un cliente su tutta la catena di negozi.
Se NaturaSi reputa giusto l’acquisto e vendita di tali datteri, può farlo.
Si vendono nei negozi pinoli dalla Russia, e altri prodotti, e non sono stati boicottati in toto, dalla Cina continuano ad arrivare auto e vengono usate le loro batterie, i cui materiali vengono estratti sfruttando in modo schiavizzante ai limiti dell’umano gli africani, non parliamo di abbigliamento e altri prodotti che coinvolgono paesi altrettanto discutibili.
L’Italia fornisce armi da anni a destra e sinistra, sarebbe da boicottare allo stesso modo seguendo lo stesso principio (probabilmente anche in Israele o altri paesi).
L’idea di far sentire la propria voce con un boicottaggio che è limitato a un prodotto che alla fine non influirà minimamente su quanto accade, è un’utopia.
Se una persona è felice per questo e si sentirà bene con sé stesso, nessuno glielo vieta.
Le motivazioni geopolitiche sono molto più complesse e grandi, per essere toccate da queste piccolezze, altrimenti in Iran le donne sarebbero già libere di vivere se tutte le proteste fatte in piazza facessero qualcosa…
D’accordo con l’ultimo commento
Compriamo di tutto da paesi che violano da sempre diritti umani..figurarsi
Certo le goccie fanno il mare
Ma abbiamo tanto da lavorare !
X la pace sì ma non alimentando conflitti, x il clima che influirà pesantemente su guerre future se non cambia qualcosa ..
Cmq ..mi domando sempre se sono capace di adottare la pace anche dove e con chi vivo accanto..facciamo la differenza con la realtà che adottiamo
Ognuno scelga in libertà che è già un punto di rispetto e di pace
Ciò non impedisce di utilizzare il boicottaggio come mezzo di lotta nonviolenta. Anche fare pressione sulle aziende che vendono armi o mezzi bellici è una forma di lotta. Liberi tutti di non parteciparvi. C’è invece chi cerca di fare qualcosa per arginare la guerra che dilaga.
La risposta è sconcertante. La premessa, dove, come al solito, per predisporre positivamente l’interlocutore, si fa un richiamo all’Olocausto, è di una retorica che potremmo pure abbandonare, almeno in questo momento. Detto questo, vorrei vedere azioni concrete, in Israele, a sostegno dei palestinesi e della Palestina ed invece vedo un popolo che da sempre elegge gente che a che fare con la guerra e con la mentalità militare. Andatevi a vedere chi erano i precedenti. Ascoltate Barbero, per esempio.
Naturasì propone datteri provenienti anche dalla Tunisia, mi viene in mente tristemente e con quanta paura si viveva quando c’era l’Isis,e c’è ancora,importamo prodotti del medio oriente,da esaltati dal religioso che torturano fino alla morte ragazze/i Iraniani li frustano,vengono impiccati,seviziati perché vogliono la libertà di poter vivere, importiamo prodotti cinesi che tortunano e fanno da 70 anni pulizia etnica degli uguri,ammassati in campi di concentramento,abbiamo riscaldamento russo e ucraino che gronda di sangue innocente,come quello egiziano che ha torturato fino alla morte Regeni,con il patto scellerato Eni-Egitto,abbiamo prodotti provenienti da queste nazioni genocide e dittature orribili,come il genocidio del Nagorno-Karabakh,del popolo Armeno,il Myanmar che importamo ciò che ci pare e piace ma delle vittime non ci interessa niente,come è sempre stato e sempre sarà,che altruisti che siamo,che cuori infranti per i diritti umani che abbiamo,cari signori non c’è solo il conflitto Israele-Palestina che è pura barbarie,ce ne sono centinaia di guerre sovvenzionate da Stati Imperialisti e Colonialisti da armamenti per avere il potere di dominare il mondo.
Ho letto l’articolo sui datteri israeliani e la risposta di naturasi. Se posso permettermi suggerirei a naturasi ed altri importatori di aggiungere a: ‘provenienti da israele’ qualcosa come: ‘da campi non in zone occupate della palestina o libano’. Cosi’ il potenziale acquirente potra’ decidere meglio se acquistare o boicottare, per quel che puo’ servire. Ringrazio saluti
Vorrei riportare la discussione su un binario e un profilo più “alto”.
Innanzitutto bisogna essere consapevoli che tutta la GDO smercia in modo più o meno trasparente prodotti provenienti da paesi e contesti di conflitto e repressione.
Sicuramente non è sufficiente prendere come riferimento un prodotto proveniente da un contesto di guerra, repressione e genocidio, insieme a una risposta “cerchiobottista” da parte di NaturaSi, per boicottare una catena di distribuzione.
Il consumo critico e consapevole prende le mosse da una scelta più o meno accorta di cosa acquistare in base alla provenienza, alla salubrità, al rispetto dei diritti umani.
Questo esercizio è molto complesso e difficile da attuare se facciamo riferimento alla GDO per la scarsa trasparenza di etichette, provenienze e difficoltà nella appropriata conoscenza delle qualità del prodotto acquistato.
Altrettanto difficile è riuscire a fare riferimento a produttori locali e filiere corte per scarsità di tempo e difficoltà di reperimento dei prodotti.
Chi taccia questa riflessione di essere “politica” inconsapevolmente si sta schierando con un modello di consumo che mette in secondo piano i diritti umani.
Ogni scelta che facciamo è un atto politico e sicuramente selezionare prodotti e produttori vuol dire manifestare il nostro sentire rispetto a sostenibilità ambientale ed economica oltre alla difesa dei diritti umani.
Concludendo vorrei dire che sicuramente il caso di NaturaSì è più scottante perché si ammanta, più o meno volutamente, di una sostenibilità ambientale e sociale.
Eppure se ricercate prodotti provenienti da Israele ne trovate una quantità considerevole in tutta la GDO.
Quindi? Consumare leggendo le etichette, cercando di avere garanzie sulla provenienza del prodotto e mantenendo alto il profilo secondo i criteri del consumo critico e responsabile..
Oltre ai GAS – Gruppi di Acquisto Solidali trovo solo un’altra distribuzione che cerca di garantire i diritti umani prima di tutto ed è il circuito delle Botteghe del Commercio Equo e Solidale.
Grazie per la discussione che ha contribuito ad evidenziare limiti, opportunità, idee e riflessioni a tutto campo.
Tranne i datteri che purtroppo sono esentati dall’obbligo di indicare la provenienza, dal 1 gennaio tutta la frutta secca dovrà riportare in etichetta l’origine come già avviene per buona parte dei prodotti alimentari
Concordo assolutamente con la vostra posizione.
“Di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno”, recitava un vecchio detto che gli adulti ci opponevano quando provavamo a giustificare qualche marachella. Chi lavora nel mondo e per giunta con una catena dall’ampia e diffusa presenza, non può limitarsi alle buone intenzioni ed alla dimensione del privato, coltivato con ottime persone. Bisogna che abbia consapevolezza del proprio peso sulla più ampia situazione politica. Nella specifica situazione, potranno anche essere angeli scesi dal Paradiso, ma se sono coloni, la loro presenza in quelle aree della Palestina storica, la Cisgiordania, è illegale. Inoltre, non ci vuole particolare raffinatezza intellettiva per comprendere che aree sottratte illegalmente ai palestinesi e portate a produrre, costituiscono una doppia privazione per loro, poiché rafforzano la loro oppressione, consolidando coloro che lo opprimono. Se i datteri palestinesi erano “purtroppo troppo pochi”, non sarà difficile comprendere che la loro scarsità deriva da divario economico e, soprattutto, dal fatto che godendo del regime di occupazione oppressione ed apartheid, i coloni israeliani sfruttano vantaggiosamente le risorse come l’acqua, oltre che la terra, sottratte ai palestinesi. Chi fa un giro nella Valle del Giordano è colpito dal divario spiccato delle macchie di colore che la ricoprono: i campi dei coloni illegali di un verde smagliate e rigoglioso, che si contrappongono al verde molto più spento di piante dall’apparenza in sofferenza dei palestinesi. Questi, infatti, non hanno accesso alle fonti di acqua, requisite e controllate dall’esercito israeliano di occupazione, che ne impedisce loro l’utilizzo. Come se non bastasse, quando essi si sono uniti per sviluppare un loro sistema d’irrigazione utilizzando i poveri materiali a cui potevano accedere, con tubature in superficie e recipienti di raccolta dell’acqua piovana, questi impianti sono stati distrutti dall’esercito israeliano, che ha impedito loro persino la raccolta di acqua piovana. Consiglio al sensibile manager di Naturasì la visione di un interessante documentario proprio sulla Valle del Giordani, THE FADING VALLEY, della regista israeliana Irit Gal https://www.mymovies.it/film/2013/the-fading-valley/ L’incontro sulla sua scelta di commercializzare datteri “israeliani” può affrontarlo con maggiore cognizione di causa dopo aver visto questo film.
Gli avvenimenti sono talmente complessi che non si può effettivamente dire cosa è bianco e cosa è nero, ognuno si è formato la sua idea e ci sono troppi argomenti su cui discutere.
Personalmente non acquisto questi datteri e non condivido la risposta di Naturasì.