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I vigili urbani di Roma sono scesi in guerra contro la pizza, o meglio contro alcune tipologie, come quella alle verdure o con la mozzarella. Ieri infatti diversi panettieri della capitale si sono visti sequestrare dai vigili urbani alcune tipologie di pizza in teglia.
Secondo una circolare firmata da Massimo Ancillotti, dirigente dell’unità Studi e applicazione normativa della Polizia Locale di Roma Capitale, che interpreta il decreto del Presidente del Consiglio per fronteggiare l’emergenza coronavirus, infatti, le panetterie sarebbero autorizzate a vendere solo prodotti della panificazione, quindi pizza bianca e rossa con solo pomodoro, ma non pizza in teglia con mozzarella – la classica margherita – patate o altri ingredienti. Il testo precisa che l’attività dei laboratori di panificazione comprende, oltre alla preparazione di vari tipi di pane e grissini, anche quella di pizza e focacce tipiche di panificazione sia bianche (semplici o condite con olio e rosmarino) sia rosse (condite al pomodoro e olio) e di pasticceria secca, mentre “non si deve considerare compresa la pizza condita e farcita diversamente”.
Si tratta di una decisione che ha già provocato sconcerto e proteste tra i panificatori romani: “Ieri i vigili sono arrivati in diverse panetterie, non hanno emesso multe ma hanno costretto i panificatori a togliere dai banconi le pizze già pronte, che in molti casi sono state buttate”, racconta Giancarlo Giambarresi, presidente dei Panificatori romani che aderiscono alla Confesercenti. “Ci siamo dovuti adeguare perché ci è stato fatto capire che andavamo incontro a sanzioni anche penali, ma si tratta di un provvedimento assurdo che penalizza i consumatori, soprattutto gli anziani che si servono nei negozi di quartiere e per cui le pizze farcite sono spesso un pasto completo”.
L’iniziativa, secondo i panificatori romani, potrebbe essere collegata alle pressioni di altre categorie costrette alla chiusura dal coronavirus, che avrebbero protestato per l’ingiusto “vantaggio” dato ai negozi rimasti aperti. Sull’argomento ha preso posizione Confcommercio, con una nota in cui si spiega che i punti vendita che producono e vendono al dettaglio prodotti di panetteria freschi sono classificati con codici ATECO 10.71.10 e 47.24.10, tipologie escluse dall’obbligo di sospensione, e dovrebbero quindi poter vendere anche i prodotti di gastronomia.
Per ora il provvedimento sembra riguardare solo la capitale, “anche se in altre province c’è stato qualche problema riguardo la pasticceria” spiega Giambarresi. E se qualche giorno fa la Confcommercio di Bisceglie, in riferimento, però, al Decreto della presidenza del Consiglio del 9 marzo, aveva diffuso una nota precisando che dopo le 18 la vendita di focacce, pizze, panzerotti e altri prodotti di gastronomia da asporto sarebbe stata consentita solo tramite consegna a domicilio.
A preoccupare ora è soprattutto l’imminenza della festa di San Giuseppe, il 19 marzo, durante la quale i panettieri romani vendono le tradizionali frittelle farcite di crema: “Se come sembra, il divieto riguarda la vendita di prodotti freschi, le frittelle con la crema dovrebbero essere proibite”, spiega Giambarresi. “I nostri associati che dovrebbero lavorare stanotte e nelle prime ore della mattina per preparare questi dolci non sanno come regolarsi”.
Una delle possibili interpretazioni del decreto, infatti, è che sia pensato per evitare che i panificatori debbano rifornirsi costantemente di prodotti freschi: una considerazione comunque poco plausibile, visto che latte, burro e uova sono comunque necessari per preparare grissini, biscotteria e altri prodotti che sembrano essere autorizzati. Come dovrebbero essere autorizzate le tradizionali colombe di Pasqua: “Trattandosi di classici prodotti da forno in questo caso dovrebbe essere possibile venderle, anche se al momento è difficile fare previsioni”, osserva Giambarresi. Anche in questo caso i consumatori restano in attesa di chiarezza. E di poter mangiare le tradizionali frittelle di San Giuseppe.
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giornalista scientifica