Il controllo della pubblicità ingannevole sugli alimenti resta all’Antitrust. Il Governo boccia il Ministero della salute che voleva subentrare
Il controllo della pubblicità ingannevole sugli alimenti resta all’Antitrust. Il Governo boccia il Ministero della salute che voleva subentrare
Roberto La Pira 15 Gennaio 2014Beatrice Lorenzin ci è rimasta male quando il governo, il 10 gennaio, ha deciso di non affidare al Ministero della salute il controllo dei messaggi salutistici usati nella pubblicità dei prodotti alimentari.
L’eventuale approvazione avrebbe tolto questa competenza all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che da sempre si occupa di fare rispettare le norme sulla pubblicità ingannevole (anche se autorità sanitarie come le ASL e i NAS possono intervenire autonomamente quando riscontrano illeciti).
Contro la proposta di trasferire le competenze al Ministero della salute erano intervenuti diversi esperti, anche Il Fatto Alimentare aveva preso posizione, e la stessa Autorità aveva diffuso diffuso un comunicato di inusitata durezza. La bocciatura del governo è stata provvidenziale, perchè la proposta aveva oggettivamente poche possibilità di risultare efficace sul piano operativo. Pur essendo estremamente dettagliato, il progetto aveva grossi limiti come la mancata distinzione tra un piccolo produttore con qualche etichetta fuori norma e una multinazionale che scende in campo con una grande campagna in televisione, sui social media e nei giornali.
Il trasferimento dei controlli avrebbe portato a sanzioni probabilmente inefficaci, procedimenti lunghi e, soprattutto, l’impossibilità di informare in modo adeguato i consumatori sulle condanne (un aspetto considerato con timore dalle grandi aziende del settore). È vero che adesso le decisioni non sono così rapide, ma la diffusione delle sentenze è garantita, e anche le multe stabilite dall’Autorità sono temute (possono arrivare fino a cinque milioni di euro).
Un altro aspetto della proposta da non sottovalutare riguardava l’affidamento delle indagini ai valorosi ispettori d’igiene delle ASL locali, spesso molto competenti in materia di ristoranti e di igiene, ma senza conoscenze specifiche in materia. Ci sarebbe stato poi probabilmente un problema di omogeneità di pareri tra le diverse Regioni.
C’è però un rovescio della medaglia da considerare. Se la situazione resta quella attuale, non ci sarà un meccanismo di raccordo tra i soggetti addetti ai controlli e le ASL che, avendo potere di intervento sulle diciture salutistiche, potranno continuare a sanzionare in modo autonomo.
La proposta di legge di togliere le competenze all’Antitrust è scaturita anche da alcuni provvedimenti che non prendevano in debita considerazione aspetti del diritto comunitario, utilizzati dalle aziende come principale riferimento. Altre critiche rivolte all’Autorità riguardavano l’assenza di linee guida per le imprese su temi particolarmente delicati, oltre alla presenza di meccanismi interni per cui l’Autorità a volte svolge il duplice ruolo di accusatore e di giudice.
Infine ricordiamo il problema dei controlli numericamente insufficienti. Tutto ciò porta le aziende più serie, a temere margini di imprevedibilità.
Quali lezioni trarne? Come ricorda l’economista Luigi Zingales, le autorità tendono a perdere con il tempo la loro indipendenza. Per fortuna questo non è successo all’Antitrust che esce bene dal confronto. La speranza è che l’esito della contesa porti al miglioramento di alcuni aspetti, come ad esempio la maggiore disponibilità dell’Autorità a confrontarsi con le parti sui temi critici. Un altro punto è la possibilità di concedere più spesso la possibilità di riparare agli errori di una pubblicità ingannevole, informando in modo adeguato i consumatori, prima di adottare una sanzione che spesso risulta molto salata.
Luca Bucchini (esperto di sicurezza alimentare)
© Riproduzione riservata
Foto: Photos.com
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Tale articolo è lesivo a tutti quei colleghi che con alta professionalità e con spirito di servizio operano presso le ASL nazionali e presso gli Uffici periferici del Ministero della Salute. Parlo dei Tecnici della Prevenzione e non come sono stati citati “Ispettori d’Igiene” si afferma che sono competenti per ristoranti e di igiene ma senza conoscenze specifiche in materia…
Forse il dr Luca Bucchini (esperto di sicurezza alimentare) non sa che questi operatori sono in possesso di Laurea in Tecniche della Prevenzione abilitante all’esercizio della professione sanitaria ai sensi del DMS 58/1997 possiedono non solo quelle competenze tecniche giuridiche e sanitarie in grado di accertare e contestare illeciti (rivestono la qualifica di Ufficiali di Polizia Giudiziaria) ma esprimono pareri e valutazioni sanitarie(audit, certificazione di commestibilità ecc.)sui rischi sanitari legati agli alimenti a tutela del consumatore.
Dr Giovanni Rossi Segretario nazionale U.N.P.I.S.I. (Unione Nazionale del Personale Ispettivo sanitario d’Italia)
Giovanni Rossi, il lavoro dell’Autorità garante svolge quando emette sentenze per censurare imessaggi ingannevoli relativi ai claims non è affidato a Tecnici della prevenzioen che sono preparatissimi su certi temi ma ad avvocati esperti di diritto alimentare. Non si tratta di sminuire le professionalità di alcuni operatori ma di distinguere tra il lavoro di un tecnico della pevenzien e un avvocato.
Credo che abbia chiarito del tutto Roberto La Pira. Nessuna intenzione di sminuire i tecnici, che fanno un lavoro indispensabile, spesso con grande competenza, anche su imprese e situazioni complesse, ma diverse da quelle oggette dell’articolo. Il testo in effetti era un po’riduttivo su questo punto. Mi spiace di un eventuale equivoco che spero chiarito.
Avevo a suo tempo presentato il progetto di decreto legislativo, sul Fatto Alimentare, in termini positivi. Il perché è semplice:
– il reg. CE 882/04, nello stabilire i principi generali da applicarsi ai controlli pubblici ufficiali in tutti gli Stati membri dell’UE, precisa che gli stessi comprendono i due ambiti di sicurezza alimentare e informazione ai consumatori
– il citato regolamento, in linea con quanto previsto nel Libro Bianco per la sicurezza alimentare (12.2.2000) e con il reg. CE n.178/02 (c.d. ‘General Food Law), prescrive il coordinamento dei controlli ufficiali da parte di un’unica autorità in ciascuno Stato membro. Tale autorità in Italia é rappresentata dal Ministero della Salute
– il reg. UE 1169/11, recante i criteri generali sull’informazione al consumatore relativa ai prodotti alimentari, richiama il predetto reg. CE 882/04 per quanto attiene ai controlli pubblici ufficiali.
Ci troviamo perciò di fronte a norme speciali, le quali a loro volta ricomprendono la disciplina dei ‘Nutrition & health claims’ (reg. CE 1924/06 e successivi), che incardinano nell’amministrazione sanitaria la responsabilità dei controlli sulle aree da esse regolate.
Di conseguenza, senza nulla togliere alle competenze legali dell’AGCM (che anzi ancora si attende venire espresse sull’applicazione del fatidico art. 62, a essa specificamente attribuito), si deve invece riconoscere al Ministero della Salute il suo ruolo essenziale e primario nel coordinamento e l’esecuzione di tutti i controlli ufficiali sulla filiera alimentare, ai sensi del reg. CE 882/04. Vorrà a ciò provvedere il governo in essere, o il prossimo, o la Commissione europea in loro vece.
Grazie per l’attenzione
Dario Dongo
Grazie del commento. Sono ragionamenti condivisibili in linea di principio. La frammentazione delle competenze non è dato positivo, ma per prima la Commissione europea richiede efficacia, proporzionalità e deterrenza alle norme sanzionatorie. Proprio gli aspetti, a mio giudizio, che mancavano alla proposta, per ora o forse definitivamente, archiviata, e su cui forse sarebbe opportuna una riflessione.
Luca Bucchini
Posto che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è quella che garantisce la sanzionabilità dei messaggi, ma non sempre puntuale e scientificamente precisa nelle sue interpretazioni, una collaborazione fattiva veloce ed efficace con il Ministero della Salute, quale organo scientifico a guardia della salute dei cittadini, non sarebbe inopportuna (non si capisce il continuo riferimento alla Lorenzin anche su altri temi, quando si tratta di requisiti tecnico-legali e non politici). Gli organi dello stato a difesa dei cittadini devono collaborare velocemente al massimo, e non essere considerati e messi in contrapposizione: le regole della necessaria collaborazione dovrebbero essere adeguatamente e chiaramente definite in sede politica.
La collaborazione è auspicabile ma non sembra essere molto fattibile visto che i due organismi romani si frequentano poco e non mi sembra si scambino troppi pareri. Non vorrei sbagliarmi ma chi risponde delle decisioni del ministero è il Ministro , a lei vanno indirizzate le richeiste, le critiche e i complimenti.
Sul Corriere della Sera di oggi, 24 gennaio 2014 c’è un bellissimo articolo di fondo in prima pagina di Galli della Loggia che spiega esaurientemente quanto lo strapotere delle Authority e delle Direzioni generali dei Ministeri blocchi ogni iniziativa che alteri lo statu quo.
Sono assolutamente d’accordo. Per esempio, in questo caso, il potenziale innovativo di una norma comunitaria, che permette alle imprese di investire in ricerca tutelandosi dalla concorrenza sleale di chi afferma benefici senza dati – al lordo delle difficoltà applicative – rischiava di essere vanificato da una normativa sanzionatoria non all’altezza. Come teme Galli della Loggia, rischiava ancora una volta di prevalere lo status quo ante.