Negli ultimi anni sono aumentati i contributi promozionali che le aziende alimentari versano ai supermercati per incrementare la vendita dei loro prodotti. Secondo stime accreditate l’introito varia dall’1,6 sino al 16% del fatturato. I sistemi di promozione sono vari. C’è la possibilità di posizionare i prodotti sugli scaffali che hanno la migliore visibilità, c’è l’inserimento delle foto nei volantini che vengono consegnati ogni settimana nelle caselle della posta. Ci sono le offerte promozionali, i 3×2 e gli sconti speciali. C’è anche un contributo straordinario che le aziende versano ogni qualvolta viene lanciato un nuovo prodotto per convincere la catena di supermercati a inserirlo sugli scaffali. In altre parole le catene di supermercati vendono spazi e servizi promozionali al miglior offerente e la spesa incide inevitabilmente sul prezzo finale.
Questo meccanismo di sconti e di promozioni, sconosciuto ai consumatori, riguarda soprattutto le catene in grado di attirare molte persone e con un buon livello di vendite. Il valore totale di questi contributi nella grande distribuzione organizzata e molto consistente all’anno. Tutte queste operazioni però non sono gratuite, ma contribuiscono inevitabilmente ad incrementare il prezzo stabilito nei contratti firmati dalle parti. Da almeno dieci anni si parla di eliminare i contributi promozionali, favorendo così la riduzione del prezzo, ma purtroppo questa logica commerciale continua e viene applicata dalla maggior parte degli operatori. Una volta i discount non facevano promozioni e non seguivano logiche di vendita così gravose. Adesso però sembra che anche loro abbiamo iniziato a lavorare in un’ottica di promozione ricevendo contributi da parte delle imprese.
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Non esiste alcuna azienda della distribuzione che prenda contributi a fronte della possibilità di scegliere il posizionamento sugli scaffali.
Tutto il resto è vero, può piacere o meno, ma si tratta di contributi a fronte di prestazioni, un aziende alimentare (o meno) può scegliere se acquistare spazi su un sito, giornale, tv, supermercato, volantini e non ci vedo nulla di strano.
Quindi non vedo perchè e come dovrebbero essere eliminati, è una concezione lunare.
Ci sono catene che adottano politica del prezzo netto, e per questo motivo nei contratti non sono previsti sconti per promozioni o per altre iniziative simili
È una sparuta minoranza e comunque è un modo diverso di gestire i prezzi d’acquisto.
Il prezzo netto non vuol dire prezzi di vendita più convenienti.
Il “prezzo netto” in genere vuol dire prezzi più bassi tutto l’anno. Nei supermercati che adottano questa politica non ci sono promozioni, offerte speciali, sconti eccezionali che, facendo bene i conti a fine anno, comportano un’inevitabile lievitazione dei costi che deve sostenere il produttore per ogni singolo alimento.
Ripeto, è una modalità gestionale diversa, del prezzo d’acquisto, e del prezzo di vendita.
L’eventuale risparmio è sempre relativo a ciò che si acquista, prodotti di marca o meno etc.
Le promozioni, spesso, servono anche al produttore, per migliorare o mantenere la sua quota di mercato.
E’ accertato che il consumatore italiano vuole le promozioni.
Anche il commercio di prodotti alimentari on line, della nota azienda, era partito anni fa con la politica “every day low price” poi si sono adeguati anche loro a fare promozioni.
Purtroppo non conosci i fatti, amico mio. A livello dei distretti dove si decidono gli accordi in alcune catene si è preteso anche di peggio, parlo ovviamente per esperienza personale in Toscana. Non posso parlare della situazione odierna ma fino al 2016
https://www.insidemarketing.it/wp-content/uploads/2019/07/GDO-indicazioni-punto-vendita-Nielsen.pdf
Per i curiosi non-addetti ai lavori, per prendere confidenza con alcuni termini sensibili:
——Le frequenti richieste di variazioni unilaterali in corso di fornitura e generiche forme di ritorsione per i recalcitranti.
——Valenza retroattiva delle richieste di variazione.
——Rispetto dei termini di pagamento…….soprattutto nei confronti dei piccoli fornitori.
——Le voci di sconto ( incondizionati,a target,finanziari, logistici, recupero marginalità e altri ).
——I Contributi ( se vi suona gradita la parola possiamo definirla scontistica a raggiungere un importo predefinito )
I contributi maggiormente “sgraditi” ai fornitori risultano quindi nell’ordine:
1) il compenso per i servizi di centrale ,
2) il compenso versato per accedere al listino della catena cliente,
3) le nuove aperture e i cambiamenti di insegna, compensi di entità
mediamente rilevante e generalmente inadeguata alle controprestazioni ricevute;
4) gli anniversari, le ricorrenze e gli altri eventi e contributi vari, che, sebbene
di entità meno rilevante, risultano decisamente poco apprezzati in termini di adeguatezza del servizio reso
——Viceversa, i contributi meno “sgraditi” ai fornitori e per i quali risulta più spesso
verificata l’adeguatezza della controprestazione – tanto che, nella maggior parte dei casi,
sono gli stessi fornitori a proporne l’inserimento in trattativa – sono quelli legati alle
modalità di esposizione preferenziale, al presidio dell’assortimento del fornitore o
all’inserimento di nuovi prodotti.
Di tali contributi, più immediatamente e più direttamente collegati all’acquisizione di uno “spazio a scaffale”,
è quindi evidentemente più forte la percezione di un ritorno economico per il fornitore.
——-. L’incidenza complessiva degli sconti
Tutte le voci di sconto rappresentano mediamente il 16,6% del fatturato realizzato dal
fornitore con la catena cliente
Tale percentuale presenta un campo di variazione e una varianza estremamente elevati. Ciò testimonia la forte
“personalizzazione” di ciascuna trattativa, in funzione delle caratteristiche dei due contraenti, della rispettiva
forza contrattuale, delle caratteristiche e dell’importanza dei prodotti e dei marchi commerciali.————-
Deve essere chiaro che questa contabilità minuziosa e inesorabile, pur standard e consolidata, occupa molto spazio
in termini di tempo e costi burocratici, e i costi vengono scaricati, in percentuale a me sconosciuta, ( ma per lunga pratica contabile credo in massima parte) sui fornitori e clienti.
L’evidenza che la stragrande maggioranza dei rivenditori ormai applichi questo sistema potrebbe essere la conferma della consapevolezza che la GDO ha assunto circa la sua potenza e dalla convinzione che la maggioranza dei clienti sono molto sensibili alle molteplici scontistiche.
Molte indagini ne rivelano però la quasi inesistente convenienza (anzi al contrario… ) per i clienti nel medio-lungo periodo e questa è semplice aritmetica, ma così va il mondo comprensivo anche della feroce concorrenza, delle iperofferte e della fragile sostenibilità.
Capitoli a parte le tensioni con i lavoratori interni per sfruttamento pesante e la tendenza delle catene GDO alla sempre maggiore diffusione di prodotti a marchio proprio, un mondo da esplorare.
Ci sono alcune grandi industrie che hanno imposto addirittura il loro category, cioè hanno riprogettato lo scaffale dei supermercati in un modo a loro consono. Basta vedere lo scaffale del cioccolato o le avancasse con i pastigliaggi. Nel chimico diverse aziende brandizzano i loro centimetri quadrati di scaffale mettendo i loghi del brand sul cartoncino su cui sono messi i prodotti, e questa è una tendenza che si sta velocemente diffondendo.
Vero, ma si tratta di aziende che non riescono a gestire i display, e di fatto li appaltano alla grande azienda di turno.
Dubito che vedremo mai una cosa del genere nelle maggiori catene di supermercati.
Ma alla fine dei giochi signor Piselli quale è la sua risposta alla domanda?
Quale domanda ?
Buongiorno, ho letto il vostro articolo titolato ” Contributi ai supermercati e prezzi. Chi paga veramente gli sconti e le promozioni sui prodotti?” e vorrei proporre la mia personale risposta.
Avendo lavorato per lungo tempo nel campo alimentare con vista privilegiata sul mondo delle catene di supermercati, ed essendo al contempo cliente anche cliente e consumatore, vi racconto il mio punto di vista che mi sembra in linea con le vostre considerazioni.
Promozioni, vendite 3×2, sconti speciali, anniversari, sottocosto sono sempre a carico dell’azienda produttrice
Essendo il mondo della distribuzione alimentare un settore importante ma anche molto vasto, discutere significa spaziare tra un insieme assai complesso di discipline, su cui difficilmente si troveranno due persone che la pensano allo stesso modo, lo metto in preventivo…….
Tutti siamo interessati alle qualità alla quantità dei prodotti, ai prezzi, alla spietata concorrenza tra le aziende e alla concorrenza, oltre a muoverci in un mondo dove il sistema di vendita tradizionale si affianca ai negozi on-line, alla vendita diretta e ad altre tipologie. Guardandoci intorno sembra però che l’elemento comune ai vari sistema di vendita sia ancora collegato a promozioni e sconti… che comunque le persone apprezzano e preferiscono. Fatte queste premesse per proseguire bisogna distinguere due fasi, la prima riguarda il rapporto tra fornitori e supermercati, la seconda il rapporto tra supermercati e consumatori.
Dal punto di vista dei fornitori delle catene le criticità più frequenti sono le richieste di variazioni unilaterali dei contratti già firmati attraverso modifiche che sempre penalizzano le aziende. Un altro problema è la valenza retroattiva delle richieste di variazione, oltre al mancato rispetto dei termini di pagamento, soprattutto nei confronti delle industrie più piccole.
Un capitolo a parte meritano le numerose forme di sconto richieste per le varie occasioni (promozioni, vendite 3×2, sconti speciali, anniversari, cambiamenti di insegna, nuove aperture, ricorrenze di Pasqua e Natale, sottocosto…) che sono sempre a carico dell’azienda.
Poi ci sono i contributi vari da versare come extra per migliorare l’esposizione sugli scaffali, per introdurre nuovi prodotti, per essere presenti sui volantini che arrivano nella cassetta della posta. Considerando tutte le voci di sconto e promozioni previste complessivamente si arriva a oltre il 15% del fatturato. Queste trattative sono fatte singolarmente con ogni azienda e i numeri e gli sconti variano in funzione della rispettiva forza contrattuale, delle caratteristiche e dell’importanza dei prodotti e del marchio.
Tutte queste operazioni incidono inevitabilmente sul costo complessivo e fanno lievitare i prezzi di vendita al dettaglio, oltre che comportare per la ditta fornitrice un dispendio di tempo considerevole per fare calcoli e continui controlli nei punti vendita. Naturalmente questi costi alla fine determinano un incremento dei prezzi di vendita al dettaglio.
L’estrema variabilità di ordini in periodo di sconto è terrorizzante per quello che ricordo. La presenza di offerte sempre più ravvicinate nel tempo e realizzate da più supermercati contemporaneamente a volte fa sbagliare i calcoli e restano notevoli quantità di prodotti invenduto che l’azienda deve riprendersi.
Da lunghi anni la stragrande maggioranza dei rivenditori applica questo sistema, ed è vero che a volte i fornitori stessi chiedono di aderire a promozioni a proprio vantaggio, ma in ogni caso è illogico affermare che questo sia il sistema più conveniente e sostenibile per i consumatori.
Per esempio quando vado al supermercato con mia moglie ho sempre una lista di prodotti preparata in anticipo, ma succede spesso di uscire con più mercanzia del previsto, quasi senza accorgercene. Questo vuol dire che il supermercato aumentato le vendite (e il fornitore pure) e io mi ritrovo con cose che hanno colpito la curiosità momentanea, ma che realmente non erano necessarie. L’enorme numero di articoli presenti sugli scaffali e il loro scientifico posizionamento amplifica la suggestione e induce ad aumentare i volumi di acquisto impulsivo. A maggior ragione durante sconti e promozioni questo succede di frequente anche ai consumatori più attenti.
Voler fare il bilancio annuale di tutte queste operazioni richiederebbe una laurea in economia e conoscenza avanzata di astrologia, ma sono più propenso a pensare al danno, l’incognita riguarda solo l’entità.
Le catene di supermercati che rinunciano a tutte le varie forme di promozioni e adottano sistemi di vendita diversi sono poche. In genere usano il sistema del prezzo netto e fisso per lunghi periodi con contratti che non prevedono forniture di prodotti scontati e contributi di qualsiasi genere. Essendo libero da contributi onerosi il prezzo netto valido per tutto l’anno richiede meno burocrazia e, in quasi tutti i supermercati dove viene applicato è più conveniente per il consumatore, anche se manca l’effetto magico dello sconto e dell’offerta speciale. Quando si fa la spesa in questi punti vendita non c’è infatti la scossa adrenalina di riempire il carrello con prodotti scontati, anche se poi facendo un bilancio annuale si scopre che il risparmio è in parte fittizio.
Un documento che descrive in modo meticoloso queste strane regole tra aziende e catene di supermercati è stato redatto anni fa dall’Antitrust, denunciando il carattere ambiguo degli accordi. Si tratta di un dossier di 200 pagine pubblicato nel 2013 unico nel suo genere, che mette a nudo il meccanismo e spiega come funzionano gli affari in questo settore.
Gianni E.
Commento aderente alla consueta narrazione negativa che viene fatta su questo sito della grande distribuzione.
Ad onta di tutte le fandonie che vengono scritte, vorrei ribadire alcuni fatti.
La grande distribuzione da lavoro a centinaia di migliaia di persone, regolarmente assunte e retribuite.
Indirettamente da lavoro ad altrettante persone con la produzione dei prodotti a marchio.
Paga regolarmente i fornitori.
E regolarmente, a volte ossessivamente, controllata dagli enti preposti al rispetto delle norme igieniche e sanitarie e salubrità dei prodotti.
Soprattutto PAGA TUTTE LE IMPOSTE E LE PAGA TUTTE IN ITALIA.
Le stesse cose non si possono affermare ad esempio per il commercio ambulante e per la nota azienda americana del commercio on line.
Tutto quello che scrive potrebbe essere vero ma nulla toglie che queste forme di contribuzione sono state censurate dall’Antitrust e non sembrano proprio un sistema trasparente
Le tasse, i posti di lavoro, i prodotti a marchio, ed altre cose non c’entrano un bel niente …. infatti sarebbero presenti con qualunque sistema di distribuzione.
Quello che stona è la rappresentazione manipolativa che viene messa in piedi in cui si racconta che il cliente ha un vantaggio dagli sconti e promozioni ( più compro e più risparmio ) quando invece in realtà paga ( quasi ) tutto compreso il palcoscenico e tutta la recita allestita.
Non sarebbe meglio un rapporto meno macchinoso e più schietto?
Ritengo la risposta sia positiva ma la GDO soffre per il suo stesso sistema di sconto/promozione che esaspera la concorrenza e un certo eccesso di offerta, e apparentamente non ipotizza altra ricetta di sopravvivenza che l’avvitamento.
L’aspetto preoccupante insito nello stesso meccanismo consiste in una certa dose di cinismo che tira fuori l’aspetto consumistico peggiore dai consumatori.
Un pò deprimente pensare che i consumatori non desiderino altro che questo, non credete?
“Non sarebbe meglio un rapporto meno macchinoso e più schietto?”
Lo apprezzerei molto, anche perchè per contenere i sovracosti che nascono da questo sistema fasullo, che rema contro la sostenibilità ambientale (aumento dei consumi) e spinge al sovraconsumo individuale (problemi di salute) si ricorre a un “certosino” lavoro di individuazione dei prodotti d’acquistare con una certa perdita di tempo. Non nego, comunque, di provare una certa soddisfazione a rovare il mio prodotto preferito in promozione, anche se è illusorio alla luce di quanto ha esposto. Altra volte ho provato dei prodotti nuovi, anche se frequentemente non più ricomprati o per disenteresse o per il prezzo elevato.
Ma per favore… Cinismo ?? Ma di che parliamo ??
Sono aziende che devono stare in piedi e possibilmente dare profitto, molto poco in realtà, basta leggere i bilanci.
Non sono aziende di beneficienza.
E’ il settore del commercio con la più alta concorrenza, tanto è vero che ogni tanto qualcuno salta, recentemente un colosso multinazionale come Auchan.
C’è una scelta vastissima di distributori, non vi piace chi fa gli sconti ? Non ci andate, è il singolo consumatore che fa il mercato.
State certi che se il mercato chiedesse l’every day low price invece degli sconti, le aziende si adeguerebbero.
Questa idea di condizionare le scelte delle aziende e dei consumatori è ridicola e totalmente fuori dal mondo in un economia capitalistica.
Di ridicolo e fuori dal mondo c’è solo la presunzione che un sistema possa essere il meglio possibile, un sistema che dà ad intendere certezze che non reggono una attenta analisi dei fatti accertati.
Lascio volentieri ad altri le certezze della superiorità del ” business as usual ” , da semplice consumatore non coinvolto in alcun conflitto di interesse, guardando lo spettacolo con occhio disincantato mi piace pensare che tutto può essere messo in discussione di fronte a concetti superiori come sostenibilità e trasparenza, che dovrebbero guidare il futuro delle persone libere e civili, fermo restando che la libertà di scelta è realmente esistente e praticabile oggi per chi lo vuole.
Il mio rimane un singolo, privato e legittimo punto di vista.
Si può discutere qualunque cosa, invece insinuare subdolamente che vengano attuati comportamenti scorretti ai danni dei clienti/consumatori, come spesso accade su questo sito, usando i termini come “carattere ambiguo degli accordi”, è scorretto.
Se si è a conoscenza di illeciti o quant’altro si va alla GDF o all’autorità Antitrust, i quali valuteranno il da farsi, relativamente alle norme vigenti.
I consumatori sono meno stupidi di quanto crediate, guardano il prezzo finale, se poi ci si arriva con uno sconto o meno è secondario.
Se poi non piace il consumismo è un altro discorso.
Si sbaglia. Su questo sito vi sono contributii autorevoli ed opinioni di lettori interessati a comprendere meglio, nei limiti personali delle conoscenze tecniche necessarie per affrontare i problemi affrontati ovviamente, i temi dell’alimentazione; con tutte le sue connessioni in altri ambiti, come quello delle dinamiche di mercato o, come in questo caso, delle tecniche di marketing. Di consapevolezza e conoscenza non è mai morto nessuno! … se non per mano di chi non le gradisce.
Ancora un attimo di pazienza, a proposito di cose subdole e di insinuazioni….
Sarebbe stato molto meglio lasciare perdere il consumismo a cui l’argomento in discussione si adatta perfettamente.
https://www.treccani.it/vocabolario/consumismo/
——-consumismo s. m. [der. di consumo]. – Fenomeno economico-sociale tipico delle società industrializzate, consistente nell’acquisto indiscriminato di beni di consumo, suscitato ed esasperato dall’azione delle moderne tecniche pubblicitarie, le quali fanno apparire come reali bisogni fittizî, allo scopo di allargare continuamente la produzione.———
Scritto in italiano semplice e stringato.
Come anche la curiosa tecnica di piazzare dolcetti e junk in prossimità delle casse, non ritenete abbia un connotato educativo profondamente sbagliato? Anche questo è consumismo nell’ottica di preparare futuri clienti compulsivi?
Penso siate al corrente del problema, se ne è parlato in questo portale diversi anni fà, ma ben poco si è mosso non qui, pochi hanno aderito e gli altri in maggioranza hanno fatto finta di niente.
Ma tenga bene a mente che la compravendita di beni è vecchia come il mondo e andrà avanti benissimo con qualsiasi sistema organizzativo, e prima si libererà di fronzoli sovrabbondanti e meglio sarà, non nascondiamo le nostre precise responsabilità dietro termini altisonanti che non giustificano affatto la finzione come requisito indispensabile.
O è proprio la finzione lo scopo principale di tutto?
Caro Gianni E. , dal punto di vista etico posso essere d’accordo, tuttavia viviamo in un sistema economico che non ha nulla di etico.
Vogliamo parlare di uno Stato che si abbevera di imposte derivate da tabacco, alcool e lotterie assortite ?
Quindi, dal mio punto di vista, e soprattutto dal punto di vista di chi gestisce imprese di distribuzione, tutto è lecito per fare vendite e margine, ovviamente senza violare leggi e norme vigenti.
Va bene signor Piselli, il suo discorso è sempre stato chiarissimo e azzardo a dire che se preso letteralmente potrebbe anche avere ragioni di fondo, ma non facciamo finta di ballare la manfrina ( orig. monferrina ), mettiamo in fila alcuni concetti.
La concorrenza distributiva ormai è come diceva una preghiera “in cielo in terra e in ogni luogo”…….non crede che anche nel negozio fisico dovrebbero prevalere organizzazioni snelle e con costi ridotti e non invece strutture con burocrazie incrementali, costose e sclerotizzanti?
La cosa importante è che le persone siano consapevoli di quello che succede effettivamente, mi auguro che abbia ragione lei nel dire che i consumatori sono molto più informati di quello che pensiamo, però mi sento di aggiungere che se la maggioranza fosse effettivamente consapevole i supermercati dovrebbero probabilmente trovare a breve altri metodi per mantenere e/o aumentare i volumi con clienti sempre meno fedeli e gruppi di persone che vanno di negozio in negozio a caccia di affari senza affezionarsi mai a nessuno in particolare. Da meditare.
Era una provocazione la mia ultima domanda sulla finzione come scopo di tutto dato che le strutture attuali svolgono un servizio utile, ma un comportamento che incoraggia il consumismo meriterebbe di essere riformato in profondità, a mio parere non è sostenibile in nessuna società, l’utile aziendale non può prescindere da un certo aspetto etico in una società evoluta altrimenti si va alla deriva.
Vero che nell’ ambito del consumismo le responsabilità si dividono trasversalmente tra produttori, politici più o meno consapevoli, distributori in competizione, scienziati balbettanti e anche consumatori….. quindi nessuno è innocente però se si propongono strategie di tentazione verso i più fragili, i bambini ci si mette in posizione estremamente critica, questo ce lo possiamo aspettare da catene di fast-food ma avete questo obiettivo?.
Già il problema dei cibi dolci è difficilmente controllabile negli adulti figurarsi su individui nell’età della crescita, molto sensibili a qualsiasi stimolo, e nella forma pubblicitaria/espositiva ci sono esperti sopraffini a guidarvi….è necessario e urgente superare questo problema.
Spero si facciano più sforzi di informazione corretta dovunque per sanare questo errore grave al più presto, meno conformismo e più coraggio.
In conclusione il punto più importante e chiarificatore…..ciò che posso testimoniare non fa testo nè ragione ma il rapporto antitrust di qualche anno fa e anche una indagine dell’agenzia Nielsen piuttosto dettagliata metteva in luce degli aspetti, eufemisticamente, non molto chiari nel rispetto di regole, farraginose e complicate in cui l’autorità responsabile tracciava il percorso ma poi sull’osservanza è stata molto approssimativa e in grave ritardo sulle evoluzioni e distorsioni.
E siamo stati in ritardo anche nel recepimento della direttiva EU 2019/633 che teoricamente dovrebbe mettere ordine su alcuni aspetti critici….un pò di tempo perchè esca dal rodaggio ( anche questo è un eufemismo ) e poi ci confronteremo di nuovo alla prossima indagine per vedere se qualcosa è migliorato.
Tutte cose che meriterebbero maggiore considerazione, niente altro da aggiungere.
Buon lavoro.
Le prime a volere organizzazioni snelle, sono le imprese, semplicemente per ridurre i costi, come suddetto non navigano certo nell’oro, anzi.
È lecito chiedere comportamenti etici ed educazione alimentare alle imprese, non pretenderlo, e tanto meno imporlo, quando lo stato è il primo a fregarsene.
Altrimenti ipotizziamo uno stato teocratico, nel quale si impone al cittadino come alimentarsi ed alle imprese cosa vendere e come.
No grazie
Prima di tutto le aziende della Grande Distribuzione nuotano nell’oro , poche sono in difficolta’ sia ben chiaro e se lo sono perche’ hanno un management completamente incapace. Certo la gente legge quello che vuol leggere ovvero i bassi profitti e non vuol leggere l’espansione di questi gruppi in termini di punti vendita ( il fatturato avra’ pure un valore ???). La Gd continua ad investire i grandi utilii in aperture di punti vendita ed oggi se un gruppo volesse vendere ha un valore di dieci volte rispetto a dieci anni prima ( mi sembra innegabile) . Se ho 1000 Euro sul conto corrente sono un poverettto , se mi dimentico di dire che ho anche 20 appartamenti sono una persona ricca e lo stesso parallelo con la Gd.
Quando sento parlare di contributi a fronte di prestazioni mi viene da ridere ( se volete le registrazioni delle trattative perche’ non c’e altra soluzione che registrare ) . I contributi obbligatori a fronte delle nuove aperture sono prestazioni ?? con il cappio al collo che se non paghi sei fuori assortimento. I contributi a fronte di nulla per le medie piccole aziende sono prestazioni ?? con il cappio al collo che se non paghi sei fuori assortimento . Buyer arroganti senza cultura che eseguono ordini dall’alto vessare le piccole e medi aziende anche quelle di nicchia. Certo poi e facile parlare quando ci si presenta come Ferrero o Barilla o Lavazza o Procter o L’Oreal quando si esaminano anche le virgole ….e si dettano le leggi alla Gd.
C’e qualcuno che scrive per difendere la Gdo ……ci ha lavorato per anni comportandosi da arrogante. Perfino l’obbligo di pagare con un contributo “chi si occupa di caricare gli scaffali ” ovvero di pagare il loro personale interno/cooperative.
Mi sembra evidente che il sig. Piselli cerca. di difendere l’indifendibile e per certi versi a negare la realtà delle cose. Niente di male basterebbe dirlo.
Alla fine si dice che Piselli difende l’indifendibile ed é vero ma il punto più interessante è la finzione poichè il nostro sistema ecnomico è assulutamente basato sulla finzione o meglio sulla menzogna. Per questo si deve combattere il sistema economico nel suo complesso e non solo la GDO. Io ad esempio compro il meno possibile nella grande distribuzione a vantaggio di piccoli produttori e piccoli distributori e vi assicuro che non spendo di più di quando vado al supermercato. Vi invito a diversificare i punti di acquisto anche se mi rendo conto che per chi vive in grandi città possa essere alquanto laborioso.