I discount hanno cambiato marcia e, dopo un paio di anni di rincari superiori a quelli di super e ipermercati, sono tornati a brillare sul fronte della convenienza. Una scelta obbligata per restare il format (modello di punto vendita) più ‘risparmioso’ e rimanere attraente per il pubblico che è stato tra i più colpiti dal carovita e che per fare quadrare i conti ha dovuto alleggerire il carrello della spesa.
In effetti gli ultimi due anni non sono stati facili per le catene di discount, la cui presenza di quota sulla distribuzione è sostanzialmente attribuibile alle incessanti nuove aperture che continuano ad ampliarne la rete di vendita.
I prezzi dei discount
L’incremento dei costi della filiera produttiva (come le materie prime, le tariffe energetiche e la logistica) ha comportato pesanti aumenti che i discount, a causa dei loro margini ridotti, sono stati costretti a trasferire subito sui prezzi di vendita. Tanto che nel 2023 sono stati il canale con i maggiori rincari: 15% di media, contro il +12,6% delle catene di supermercati, secondo una recente ricerca firmata da Altroconsumo.
Facciamo un paio di esempi, basati sui dati Niq (ex Nielsen). Le bibite gassate nei discount costano il 23,5% in meno rispetto ai supermercati, ma in un anno hanno subito un aumento maggiore (+9,5% contro +8,1%). Idem per i legumi in scatola: il prezzo medio è di 1,71 €/kg nei discount, contro 2,51 €/kg rilevato nei supermercati, ma l’aumento del costo della spesa annuo è stato maggiore nei discount (12,3% contro l’11,2% della media della Gdo).
Quest’anno il trend è cambiato. I discount sono tornati ‘virtuosi’ visto che, sempre secondo Altroconsumo, hanno aumentato i prezzi dello 0,25% contro l’1,7% di super e ipermercati. Risultato: scegliendo di comprare da Lidl o Aldi, MD o Eurospin, In’s o Penny Market, una famiglia può risparmiare da 1.600 a 2.600 euro l’anno, rivela l’ultima indagine sulla convenienza stilata da Altroconsumo. Un bella cifra che, però, si può evitare di spendere solo facendo una spesa ‘mista’, ossia riempiendo il carrello della spesa soprattutto di prodotti a private label, quelli che occupano la maggior parte degli spazi di vendita nei discount e che finora erano in gran parte prodotti da contoterzisti, ossia da aziende di grandi dimensioni (talvolta dalle stesse aziende dei prodotti leader) o da aziende specializzate di medie dimensioni.
Il trend sta cambiando
Per tenere sotto controllo la filiera e ridurre i costi, gli hard discount stanno diventando produttori di se stessi. In un’inchiesta dedicata a questo fenomeno, Lidl – secondo il settimanale tedesco Die Zeit – è diventata uno dei maggiori produttori di generi alimentari in Germania, forse addirittura il più grande. La produzione è affidata a un’apposita divisione della Lidl, la Schwarz Produktion, che fornisce ai negozi di oltre 30 Paesi nel mondo acqua minerale, bevande, prodotti da forno, cioccolato, frutta secca, gelati, caffè e pasta.
I numeri dell’azienda tedesca sono impressionanti. Basti pensare che conta 5.500 dipendenti e produce un milione di gelati al giorno. Nell’ambito dei prodotti di forno ha una capacità produttiva di 13mila pagnotte all’ora e dispone di uno degli impianti di cioccolato più grandi d’Europa. Da poco Lidl ha inaugurato un nuovo stabilimento che lavorerà ogni anno circa 50mila tonnellate di caffè e 47.mila tonnellate di noci e frutta secca. Non solo.
Schwarz Produktion ha investito anche nella logistica, entrando in alcune società di trasporti e fondando due compagnie di spedizioni con navi porta container che viaggiano tra l’Europa e l’Estremo Oriente, in particolare Bangladesh e Cina. In questo modo il gruppo tedesco diventa a tutti gli effetti produttore dei beni venduti nei punti di vendita
A questo punto c’è qualche preoccupazione fra le aziende di prodotti alimentari. “Se la Lidl si mette a fare concorrenza ai suoi fornitori producendo essa stessa, quali prodotti sarà più probabile trovare sugli scaffali del supermercato?” si chiede Die Zeit.
© Riproduzione riservata Foto: Lidl, Depositphotos
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Giornalista freelance, scrive di consumi e retail per testate di economia (come Il Sole 24 Ore, Gdo Week e Mark Up) e racconta l’evoluzione del mondo alimentare (e il turismo enogastronomico) su Sale&Pepe e Donna Moderna. È opinionista di Tendenzeonline, autrice di due libri monografici (uno sui limoni e l’altro sui radicchi) e redattrice dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, il rapporto semestrale sui consumi degli italiani.
L’evoluzione del discount si è svolta in maniera lenta ma inesorabile.
I primi negozi erano una sorta di magazzino, senza scaffali ma con file di pallet di prodotto ordinati su corridoi dove le poche categorie merceologiche, con imballi semplici, derivanti da surplus di mercato, avevano prezzi molto competitivi. In Germania, la Patria dell’Hard Discount, garantivano il sostentamento a categorie meno abbienti.
Negli anni si è imposta una crescita che, dopo l’ampliamento della gamma di prodotti offerti, ha visto la scelta di commercializzare soprattutto prodotti MDD (con incursioni nei prodotti brand premium price che fanno da richiamo), pane “fresco” finito in negozio, macelleria e gastronomia (a volte in collaborazione con operatori locali). La trasformazione dei negozi, prima le nuove aperture poi il “refurbishment” dei vecchi, con banchi frigo a risparmio energetico, immobili esteticamente più gradevoli e funzionali, con grande attenzione all’ambiente ed al risparmio, li stanno trasformando in veri e propri supermercati. L’idea di creare catene parallele di bricolage e di abbigliamento (vedi l’apertura di un Parkside store in Ungheria da parte di LIDL), e di produrre alimentari (non lo fa, con il fresco, anche l’Esselunga? e la Migros non è proprietaria di una fabbrica di cioccolata?)) era un passaggio naturale che sarebbe arrivato quasi naturalmente. La speranza è che non arrivi (anche se in molti casi lo ha già fatto) a competere in alto con le catene della grande distribuzione tradizionale, facendo così sfumare la grande idea che ne era all’origine.
Si risparmia ma quasi sempre a scapito della qualità
Infatti.a volte fanno degli articoli dicendo che dei prodotti in vendita nei discount li fanno grandi marche, ma poi quei prodotti non hanno le stesse caratteristiche.
E del lavoro…
E poi perché in Italia deve essere tutto aperto tutti i giorni? Non è uno spreco energetico?
Posso capire, fno a un certo punto le città turistiche, ma i supermercato non sono né devono essere dei presidi tipo “pronto soccorso”.
I discount oramai hanno prezzi in linea col mercato. Una volta alla Lidl effettivamente spendevi un 30/40% in meno rispetto ai “classici” supermercati. Ora non è più così. E la qualità è inferiore, e non di poco. Oltre al tempo che perdi visto che in quasi tutti sono rimaste le casse classiche
“E la qualità è inferiore, e non di poco” sono totalmente d’accordo . ultima esperienza a riguardo una grigliata di maiale :salsiccia, costine, bistecche ( non comprate da me) salsiccia di basso livello, costine e bistecche disgustose. Non si salva niente a parte i prodotti di marca per i quali non occorre andare alla LIDL
In parte sì, ma ovviamente bisogna valutare bene prima di acquistare (anche se molti non lo fanno).
Non acquisto molto di alimentare al Lidl (pochissimo, e cose che non si trovano altrove, marmellata al rabarbaro e poco altro, nulla di carne o simili, frutta e verdura nemmeno perché a mio parere non di qualità sufficiente…), di elettrodomestici qualcuno anche quelli e devo dire che fino ad ora funzionano bene senza problemi anche oltre i due anni di garanzia (precisando che danno anche tre anni, comunque sempre facendo un confronto con catene specializzate, se conveniva o meno sul piano prezzo/qualità).
Le casse…, da poco hanno messo le automatiche self-service, tempi dimezzati rispetto a prima come negli altri supermercati, per la mia gioia 🙂
Non è vero che conviene. Un esempio: alla Lidl Cioccolato fondente (marca sconosciuta) 70% in offerta 3×2, 13,28€ al kg.
All’Esselunga Cioccolato fondente NOVI 70% 12,08€ al kg.
E potrei andare avanti all’infinito, senza parlare di quel piccolo particolare chiamato GUSTO.
Da poco, una settimana il bollino arancione che segnala gli sconti sui prodotti vicini alla scadenza è stato ridotto al 20 per cento prima era del 30
per poi arrivare al 50
molti comprano per inerzia vedendo arancione senza controllare niente,
in molti negozi il personale ha difficoltà ad applicare il bollino segnalatore x tempo
Un’amica polacca mi diceva anni fa che i prodotti in scadenza in Polonia sono scontati al 70 per cento.
Le catene discount come Lidl hanno standard diversi a seconda della nazione, anche negli allestimenti più o meno spartani, non parliamo dei prodotti e prezzi/qualità (in Polonia poi c’è anche Biedronka che fa concorrenza…).