Ridurre il consumo globale di carne e prodotti lattiero-caseari del 50% entro il 2050. È questa la ricetta per contrastare il cambiamento climatico, salvaguardare l’ambiente e tutelare la salute umana contenuta nell’ultimo rapporto di Greenpeace. Il dossier, intitolato “Meno è meglio” analizza gli ultimi dati disponibili sull’impatto ambientale del sistema agroalimentare, giungendo alla conclusione che il modo migliore per abbattere le emissioni di gas serra e rispettare gli impegni internazionali è una drastica riduzione dei consumi di proteine animali e non, come spesso si consiglia, sostituire la carne di manzo con quella di pollo.
Il settore agroalimentare è responsabile del 25% circa dei gas serra (anidride carbonica, metano, protossido di azoto), mentre la produzione di alimenti di origine animale, soprattutto quella di tipo intensivo, provoca il 14% di tutte le emissioni. Si tratta di percentuali che potrebbero addirittura raddoppiare entro il 2050. Secondo Greenpeace, dimezzando i consumi di carne e latte, le emissioni di gas a effetto serra del settore agricolo potrebbero crollare del 64%, oltre un terzo di quanto richiesto dagli Accordi di Parigi sul clima.
Il potenziale di riduzione è maggiore se si considerano gli effetti indiretti di questa rivoluzione nell’ambito dei consumi. Un altro elemento da considerare è infatti l’effetto sull’atmosfera della mancata deforestazione – dovuta alla creazione di nuovi pascoli e terreni coltivati per la produzione di mangimi – e il potenziale sequestro del carbonio atmosferico nei terreni liberati.
Secondo stime attendibili, la superficie richiesta per l’allevamento – tra pascoli e campi destinati alla produzione di mangimi – comprende fino all’80% dei terreni agricoli del pianeta! Diminuendo il consumo di carne, queste aree torneranno a essere utilizzate per la coltivazione di cereali, legumi, frutta e verdura destinati al consumo umano diretto.
Diminuire i terreni riservati alla produzione di carne e latte ,fermando così la deforestazione, aiuterebbe a preservare la biodiversità di piante e animali. Cambiando le nostre abitudini alimentari potremmo ridurre anche il rischio di estinzione del 20-40% per mammiferi e uccelli di grandi dimensioni attualmente in pericolo, visto che malattie diffuse dal bestiame insieme a coltivazioni e perdita di habitat sono alcuni dei fattori legati all’allevamento che contribuiscono al declino delle specie selvatiche.
Ridurre la quota di latticini e carne ha anche un impatto positivo sulla salute in termini di riduzione delle malattie cardiovascolari e diabete, correlate a un’alimentazione troppo ricca di proteine animali, ma non solo. L’allevamento intensivo degli animali è una delle cause principali dell’aumento dell’antibiotico-resistenza e delle infezioni alimentari, come quelle da Salmonella, spesso veicolate da polli e uova, e quelle da Listeria monocytogenes, che può contaminare i latticini.
Per tutte queste ragioni, Greenpeace chiede al governo italiano e all’Unione europea di ridurre i sussidi destinati alla produzione intensiva di carne e latte, e di favorire le produzioni sostenibili e locali. L’associazione chiede anche che si adottino politiche per indirizzare il cambiamento delle abitudini alimentari dei cittadini verso una graduale riduzione degli alimenti di origine animale. Insomma, “una dieta sana, per un pianeta sano”.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
E’ solo una questione di tempo, ma quello che Greenpeace sta segnalando da molto anni al mondo intero, piano piano stiamo scoprendo essere vero. Purtroppo per tutti.
Forse ascoltarli seriamente un po’ in anticipo e non a disastri avvenuti potremmo ridurne la portata.
Ci sono arrivati un po’ tardi, ma diminuire anzichè eliminare è una scelta imparziale.
Al di là dell’aspetto sostenibile lo sfruttamento Animale ha ben altri aspetti consequenziali, capirlo è difficile e non tutti riescono a concepirlo. Secoli d’induzione forzata hanno creato un disastro sociale senza precedenti. Eppure molti ancora stentato a capire che la scelta etica vegetariana o meglio vegana rappresenta il futuro.
Staccarsi dal vizio di gusto e lusso è arduo per chi non vuole rinunciare ai propri vezzi ipocriti.