La tormentata vicenda dei neonicotinoidi (pesticidi fortemente sospettati della morìa di api in atto da qualche anno in Europa e nel mondo) è giunta a una nuova puntata. Il Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali (SCoFCAH), incaricato di esprimersi dopo le contestazioni ricevute in seguito al primo pronunciamento, ha votato a maggioranza per il bando totale a partire dal prossimo mese di dicembre.
La votazione dei 27 membri è finita con 15 Stati a favore del bando, otto contro e quattro astenuti. L’Italia, a sorpresa, ha cambiato posizione rispetto al primo voto e si è pronunciata contro la decisione che prevede la sospensione dell’utilizzo. Non essendo stata raggiunta una maggioranza qualificata, la questione è tornata alla Commissione che, non potendo approvare il bando definitivo, ha per ora deciso una sospensione biennale su mais, colza, girasole e grano, a partire dal prossimo mese di dicembre.
La storia dei neonicotinoidi ha conosciuto alterne vicende.L’Italia è stato il primo paese a sospenderne l’impiego nel 2008 con un divieto temporaneo rinnovato poi a ogni scadenza, gli altri Paesi sono andati avanti in ordine sparso fino a quando la Commissione Europea nel 2012, ha chiesto all’EFSA di esprimersi. Il parere favorevole al divieto d’uso almeno sulle colture più sensibili come mais e colza, è arrivato nel gennaio di quest’anno, ma non ha messo a tacere le polemiche, sia perché le sostanze prese in esame sono state solo tre (clothianidin, imidacloprid e thiamethoxam), sia perché, a detta di molti, gli studi considerati, non erano i più convincenti tra i circa trenta pubblicati.
In una prima votazione l’esito era stato simile a quello registrato nei giorni scorsi. Il rapporto dell’EFSA si era dimostrato attaccabile da più punti di vista, ed è scattata quindi la richiesta di un giudizio di appello, da cui è scaturita la decisione di confermare il divieto. Probabilmente la Commissione non potrà che adeguarsi e votare il divieto permanente, anche in considerazione della grande campagna di sensibilizzazioni portata avanti da associazioni come Avaaz, che hanno mobilitato milioni di persone in tutta Europa, talvolta con iniziative eclatanti come il mail bombing o la consegna di Bernie, un’enorme ape gonfiabile, a Bruxelles.
Spiega Andrea Tapparo, Professore Associato di Chimica Analitica e Chimica Ambientale del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova: “I dati sugli effetti dei neonicotinoidi ormai, secondo la maggior parte della comunità scientifica, ci sono, anche se restano tanti aspetti da chiarire. L’idea che è prevalsa è quella del principio di precauzione: in attesa di dati definitivi, e in presenza di indizi già abbastanza convincenti, è bene procedere con il bando”.
Non la pensano così le grandi aziende come la Syngenta e la Bayer, che insistono sulla lacunosità dei dati e su dettagli tecnici, imputando il declino delle api a un insieme di infezioni virali, inquinamento, scarsità di cibo e perdita degli habitat naturali. Si tratta però di elementi già presenti anche prima dell’introduzione dei neonicotinoidi, ìche non avevano mai causato un collasso così clamoroso del sistema.
In questa situazione qualcuno punta il dito sulle perdite economiche che deriverebbero dal bando. Secondo un rapporto di Nomisma del 2008 la produzione di mais negli ultimi cinque anni è diminuita del 20% circa: ciò ha causato un aumento delle importazioni che, proiettato al 2013, comporterebbe un calo della produzione compreso tra il 3 e il 7 % (valutabile tra i 50 e i 112 milioni di euro ).
La causa della diminuzione non è da attribuire all’abolizione dei neonicotenoidi, come spiega Andrea Tapparo: “Gli agronomi considerano fisiologica una variazione della produzione del 5% rispetto all’anno precedente, imputabile soprattutto a fattori climatici. Inoltre è noto che le perdite più consistenti sono imputabili agli uccelli (fino al 20%), che mangiano i chicchi appena seminati. Le infezioni da parassiti tradizionali del mais sono invece affrontabili con una corretta gestione agronomica del campo (rotazione, lotta integrata, utilizzo di colture affiancate), che può portare a un livello di protezione preventiva pari a quello garantito dai neonicotinoidi. Ovviamente, in caso di infezione endemica (che si verifica in poche zone in Italia, soprattutto in Lombardia) il trattamento con insetticidi può risultare l’unica soluzione. Inoltre, nel 2012, il principale problema del mais sono state le micotossine (aflatossine da Aspergillus): le perdite sono state ingenti per molto agricoltori, non potendo vendere un prodotto contaminato ma già raccolto”.
I problemi della maiscoltura imputabili al mancato impiego dei neonictenoidi sono marginali, ma questo pochi lo dicono. Così come pochi ricordano che senza le api i danni sarebbero immensamente più grandi.
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A cosa si deve il cambio di posizione dell’Italia?
Si può supporre che il cambio di posizione dell’Italia sia legato al fatto che si tratta di uno dei paesi con un tasso di corruzione fra i più alti del mondo.
Naturalmente sarà giustificato con la parziale inattendibilità degli studi ed intanto le api continueranno a morire.
Daccordissimo con i commenti prededenti, aggiungo che va evidenziata la perdità di biodiversità e l’accantonamento delle varietà locali che non solo la maiscoltura ma tutta l’agricoltutra ha subito a vantaggio di brevetti sementieri detenuti (che strano!) anche dalle onnipresenti Bayer e Syngenta che perseguono l’evidente scopo di “alimentarci per poi curarci” con il chiaro aiuto dei politici di turno!