Oltre cento organizzazioni europee non governative e di altra natura – tra cui Slow Food, Legambiente, Istituto Ramazzini di Bologna e Università del Salento – hanno costituito una Coalizione di “Cittadini per la Scienza nel controllo dei Pesticidi”. Il Manifesto sottoscritto sottolinea come l’Unione europea abbia “una delle migliori norme per i pesticidi nel mondo”, che però nella pratica non viene attuata. Infatti, afferma la Coalizione, “il regolamento Ue sui pesticidi privilegia esplicitamente la protezione della salute umana e animale e dell’ambiente. È basato sul principio di precauzione per garantire che le sostanze o i prodotti fitosanitari immessi sul mercato non influiscano negativamente sulla salute umana o animale o sull’ambiente. Tuttavia, le regole non sono implementate correttamente e il sistema normativo consente agli interessi privati di avere la priorità sulla salute e sull’ambiente”.
“Se il regolamento Ue fosse stato attuato correttamente e i metodi di valutazione del rischio fossero stati revisionati per essere scientificamente rigorosi e obiettivi, un numero di pesticidi precedentemente considerati sicuri avrebbe mostrato di mettere in pericolo la salute umana e/o l’ambiente e avrebbe dovuto essere vietato o limitato” e per questo la Coalizione propone una riforma completa dell’attuale valutazione del rischio dei pesticidi e dei sistemi di gestione.
Queste sono alcune delle riforme proposte dalla Coalizione:
- I pesticidi devono essere usati solo come ultima risorsa quando tutte le alternative non chimiche sono state applicate e sono fallite;
- Il processo decisionale deve essere pubblico e la Commissione europea deve adempiere l’obbligo previsto dal regolamento sui pesticidi di dare priorità alla salute pubblica e all’ambiente rispetto a tutte le altre considerazioni, come il profitto privato;
- I test di sicurezza dei pesticidi devono essere eseguiti da laboratori indipendenti e non dall’industria, e nessuno studio di sicurezza non registrato deve essere utilizzato a supporto dell’autorizzazione normativa di un pesticida;
- Qualsiasi legame con interessi commerciali deve portare all’esclusione degli esperti coinvolti nella valutazione del rischio, così come dalla progettazione delle metodologie di valutazione del rischio;
- I cocktail di residui di antiparassitari a cui i cittadini dell’Ue sono esposti ogni giorno devono essere considerati nel calcolo dei livelli di esposizione giornaliera “sicuri”.
Secondo la Coalizione, si tratta di riforme che “porterebbero a un livello più elevato di protezione della salute e dell’ambiente. Date le numerose alternative non chimiche per la protezione delle piante basate su metodi ecologici, le riforme stimolerebbero anche l’innovazione in agricoltura in una direzione più sostenibile. Di conseguenza, la sicurezza alimentare potrebbe essere garantita non solo per il presente ma anche per il futuro, proteggendo i requisiti di base per l’agricoltura: biodiversità, fertilità del suolo e qualità dell’acqua”.
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E Coldiretti ? Non è tra le firmatarie ? Strano……
Chiedere ai tacchini di qualsiasi razza di tuffarsi nella pentola è una pretesa fuori luogo e non è assolutamente strano se non lo fanno volontariamente.
C’è al contrario tutta l’agricoltura biologica che l’ha fatto per principio e penso sia l’unica soluzione radicale per risolvere il problema.
Poi vanno bene anche tutti i compromessi tendenti alla riduzione decisa nell’impiego della chimica e farmacia per avere colture ed allevamenti più sani.
Al punto 1 va risposto che anche semplicemente i criteri economici dei trattamenti portano ormai ovunque alla “lotta mirata” che sta nella definizione della prima raccomandazione. Personalmente mi fido di più della lotta mirata rispetto all’agricoltura biologica che non tiene minimamente conto dei”pesticidi naturali messi in gioco dalle piante a seguito di aggressioni di parassiti , e che è sovente soggetta a comportamenti fraudolenti nonostante la miriade di certificazioni sia in fase produttiva che di commercializzazione.
Quanto agli “esperti”: un esperto lo è indipendentemente da dove lavora. Anzi, i veri esperti sono proprio quelli che si occupano in continuo dei problemi legati ai trattamenti, e, ricordo, questi esperti non possono altro che rivolgersi a laboratori affidabili. Non affidabili sono invece, sia gli “esperti” che i laboratori, che se ne occupano saltuariamente pur disponendo, chissa come , di accreditamento.
Avendo avuto in passato eperienze di valutazione, ho tratto la conclusione che è facilissimo identificare, e quindi escludere da commissioni di valutazione che devono portare risultati oggettivi basati sul numero maggiore possibile di dati , non solo gli smaccatamente interessati, ma anche, e soprattutto i negativisti ideologizzati a priori e quelli che , magari per ragioni accademiche, millantano esperienze assolutamente saltuarie ed inaffidabili. Nessuna ammissione, né esclusione a priori. Bisogna avere il coraggio di dire quel che si pensa e chiedere ai candidati di dimostrare oggettivamente la propria affidabilità.
In fondo oggi non è interesse degli operatori alimentari giocare sul rischio mediatico che potrebbe incidere negativamente e pesantemente sui vari settori, e la maggior mole di dati utili a valutazioni oggettive possono derivare , magari in forma anonima (compresi quelli fuori limite) proprio dalla costante operatività di monitoraggio (peraltro obbligatorio per autocontrollo) .