Ciotola di vetro piena di popcorn accanto a telecomando; sullo sfondo televisione con film o programma tv

C’è un Paese che negli ultimi anni è diventato un modello per tutti gli stati che stanno cercando di capire come combattere efficacemente l’obesità dilagante, soprattutto tra i bambini: il Cile. Grazie a una legge molto articolata, chiamata Ley de etiquetado y publicidad de alimentos (Legge sull’etichettatura e sulla pubblicità degli alimenti), varata nel 2016, il Paese sta infatti ottenendo risultati rilevanti, ponendo le basi per crescere una generazione di persone più sane e consapevoli. Lo confermano diversi studi degli ultimi anni e lo ribadisce un’indagine appena pubblicata sull’International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity, che individua un elemento cruciale affinché i limiti alla promozione del junk food siano realmente incisivi: l’orario durante il quale non si può trasmettere questo genere di spot.

Nello studio infatti è stata valutata l’esposizione alle pubblicità televisive di prodotti di scarsa qualità nutrizionale dei bambini in tre momenti: prima del 2016, e quindi delle restrizioni; tra il 2017 e il 2018, nel primo periodo di entrata in vigore dei limiti (ancora piuttosto blandi, relativi all’uso di contenuti diretti ai bambini, come personaggi dei cartoni animati, e all’associazione tra pubblicità e programmi per l’infanzia, senza limiti orari); e nel 2019, anno in cui i divieti sono stati estesi praticamente a tutta la giornata, cioè tra le 6 e le 22.

Bambina seduta su un tavolino davanti alla televisione guarda una pubblicità di un prodotto alimentare
Nel 2016 il Cile ha varato un’ambiziosa legge per regolamentare l’etichettatura e le pubblicità degli alimenti

Il risultato è stato che, rispetto al 2016, nel primo periodo si è avuta una riduzione degli spot del 42% in generale (del 41% tra le 6 e le 22 e del 44% tra le 22 e le 12) e del 29% nei programmi dedicati ai bambini. Ma è a partire dal 2019 che si sono visti i risultati di un divieto convinto, perché il calo della pubblicità di junk food, in quell’anno (sempre rispetto a prima del 2016), è stato del 64% in generale (del 66% tra le 6 e le 22 e del 56% tra le 22 e le 12) e del 77% nei programmi dedicati ai bambini. Per quanto riguarda pubblicità di junk food associata a contenuti diretti ai bambini, come i personaggi dei cartoni animati, nella prima fase è calata del 41%, nella seconda del 67%. In generale, quindi l’esposizione dei bambini cileni alle pubblicità di cibo e bevande spazzatura è diminuita del 57% nel 2017-2018 e del 73% dal 2019, sempre rispetto agli anni precedenti il 2016.

Come hanno ricordato gli autori, ricercatori della Universidad Diego Portales, dell’Università del Cile e della Università della Carolina del Nord, il salto di qualità si è avuto quando il divieto è stato esteso a quasi tutta la giornata, con un provvedimento che, finora, nessuno stato aveva adottato. Ma ora forse ci saranno ripensamenti e altri Paesi seguiranno l’esempio del Cile, perché è evidente che limitare le pubblicità solo in qualche ora non è sufficiente, dal momento che i bambini guardano la televisione in orari poco prevedibili. 

Ragazzo adolescente annoiato sul divano con in mano il telecomando della televisione
Dopo l’entrata in vigore della legge, l’esposizione dei bambini alla pubblicità del junk food è calata del 73%

Oltre a ciò, il successo della legge cilena si deve anche ad altre due norme: quella che obbliga i produttori di junk food e inserire simboli neri, di avvertimento, per segnalare che alimenti e bevande ricchi di zuccheri, sale, grassi, edulcoranti e caffeina non fanno bene alla salute dei bambini, e quella che vieta la distribuzione e la pubblicità di junk food nelle scuole e nelle attività a esse collegate. Altri studi, del resto, hanno confermato che la legge sta funzionando. Tra questi, uno dei primi, pubblicato su Lancet Planetary Health aveva dimostrato che già nella prima fase c’era stata una diminuzione delle calorie acquistate del 24% e del sodio del 37%. Poco prima, nove focus group avevano fatto emergere che erano gli stessi bambini, spesso sollecitati dalla scuola, a invitare i genitori a non acquistare i prodotti con il bollino nero, mentre per i più grandi c’era più resistenza, ma tutti si erano accorti della comparsa dei simboli (non tutti, invece, erano a conoscenza della legge appena varata). Anche la pubblicità dei cereali da colazione era cambiata: quella dedicata ai prodotti per bambini nel primo anno era passata dal 50% al 15% degli spot. Secondo un altro studio del 2023, infine, bambini e ragazzi hanno effettivamente diminuito il consumo di junk food all’interno delle scuole, anche se i più grandi, una volta usciti, tendevano a consumarlo ugualmente.

Ora i ricercatori cileni si stanno concentrando sull’ambito digitale, che ragazzi e bambini frequentano sempre di più, per capire quale sia l’approccio più efficace per questi mezzi di comunicazione. Ma quanto ottenuto finora dimostra che, quando c’è la volontà, i cambiamenti sono possibili, senza nessuna rivoluzione a livello di produzione, ma semplicemente evitando la spinta commerciale della pubblicità e informando correttamente i cittadini.

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