Due calamari freschi con ghiaccio, fette di limone e erbe

Mentre aumenta la sorveglianza della pesca su diverse specie ittiche, c’è un protagonista delle tavole di tutto il mondo a cui non viene dedicata la stessa attenzione, anche se la sua popolazione sta diminuendo molto in fretta: stiamo parlando del calamaro. La maggior parte di quelli che arrivano nei mercati del pesce, nei ristoranti e nelle case, proviene da acque internazionali dove non ci sono regole specifiche da rispettare. E, in assenza di limiti e regolamenti, i pescherecci stanno esercitando una pressione crescente, difficile da quantificare e controllare con rischi evidenti per gli stessi calamari (e dei totani) e per l’ecosistema marino.

A cercare di delineare più precisamente il fenomeno hanno pensato i ricercatori dell’Università della California di Santa Cruz, che hanno coordinato un team internazionale cui hanno preso parte anche Global Fishing Watch, una Ong che monitora le attività globali di pesca, l’Australian National Centre for Ocean Resources and Security dell’Università di Wollongong e la Japan Fisheries Research and Education Agency. Il team ha incrociato vari tipi di dati per ricostruire le rotte dei pescherecci nel periodo compreso tra il 2017 e il 2020 in quattro aree:  il Sud-Ovest dell’Oceano Atlantico al largo delle coste del Sudamerica meridionale, il Nord-Ovest dell’Oceano Indiano tra l’India e il Corno d’Africa, il Nord-Ovest dell’Oceano Pacifico intorno alle coste giapponesi e russe, e il Sud-Est dell’Oceano Pacifico, al largo di sud e Centro America. Tutte queste aree, così come in generale tutti i mari, ricadono in regimi di controllo diversi: vi sono le acque affidate alla supervisione dei singoli stati, quelle che ricadono sotto organizzazioni regionali e poi quelle non soggette ad alcuna regolazione specifica, che sono la grande maggioranza.

calamari
La pesca ai calamari e ai totani è aumentata del 68% tra il 2017 e il 2020 e nell’86% dei casi avviene in acque prive di regolamentazione

Come riferito su Science Advances, per fare un quadro della situazione, i ricercatori hanno utilizzato le tracce delle imbarcazioni ottenute con l’AIS, il sistema internazionale di tracciamento obbligatorio per i natanti al di sopra di una certa dimensione (di cui sono ormai dotati l’80% dei pescherecci secondo Global Fishing Watch), le immagini satellitari e altri dati. Gli scienziati hanno così dimostrato che la pesca ai calamari e ai totani è aumentata del 68% tra il 2017 e il 2020, passando da 149mila a 250mila giorni di pesca dedicati ogni anno (unità di misura dei pescherecci attivi in una certa area ogni giorno), per un totale di 4,4 milioni di ore nel triennio.

I ricercatori  hanno visto che chi pesca calamari e ai totani, nell’86% dei casi lo fa nelle acque prive di regolamentazioni, con tutte le conseguenze del caso, perché in quelle zone non è possibile avere un’idea della situazione reale della popolazione e dell’eventuale depauperamento. C’è di più, non esistono quantitativi ufficiali di pescato prelevabile e i pescherecci non sono soggetti alle limitazioni che invece caratterizzano le acque più controllate. Si tratta di un’autentica giungla, in cui ognuno pesca ciò che vuole, senza timore di controlli e senza riferire a nessuno. Inoltre, queste flottiglie tendono a spostarsi molto velocemente da una zona a un’altra, ampliando costantemente gli areali, sconfinando rispetto alla zona di competenza e rendendo quindi ancora più difficile capire che cosa abbiano pescato e dove.

La conclusione della ricerca non può essere che un appello all’adozione di trattati internazionali per il monitoraggio e per le necessarie limitazioni, rinforzando ed estendendo le collaborazioni regionali come quelle esistenti, tra le quali la North Pacific Fisheries Commission e la South Pacific Regional Fisheries Management Organisation, che anche secondo quanto emerso in questo studio riescono a esercitare un certo controllo. Cooperazioni di questo tipo dovrebbero essere estese a tutto il mondo, se si vuole evitare che i calamari e in generale i cefalopodi rischino l’estinzione.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Fotolia

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michele piacentini
michele piacentini
22 Marzo 2023 14:50

La pesca più sostenibile è quella che non pesca…

Stenella
Stenella
Reply to  michele piacentini
13 Aprile 2023 21:07

Concordo appieno!
Segnalo due titoli interessanti per approfondire l’argomento:
– C. Clover – Al capolinea (e successivo documentario con lo stesso titolo, di Rupert Murray)
– I. Urbina – Oceani fuorilegge
Il primo libro è già di parecchi anni fa, ma se la situazione si poteva già considerare grave all’epoca, adesso è anche peggio.
Il secondo è recente, e illustra bene le condizioni a bordo dei “moderni” pescherecci…

Riccardo
Riccardo
23 Marzo 2023 09:23

Quelli della foto sono totani no calamari

Valeria Nardi
Reply to  Riccardo
23 Marzo 2023 09:34

Nello studio sono compresi anche i totani

claudia
claudia
Reply to  Riccardo
13 Aprile 2023 09:11

Infatti si parla di cefalopodi….

antonella antonella
antonella antonella
13 Aprile 2023 08:37

Tutto molto preciso-regolare-importante-interessante