Alla fine hanno vinto loro, ancora una volta: i grandi produttori di carne. Con 532 voti favorevoli, 78 contrari e 25 astenuti il Parlamento Europeo ha adottato un emendamento al Regolamento della PAC (politica agricola comunitaria) nel quale la carne è definita “parti commestibili di animali” e secondo cui le sette denominazioni “burger”, “hamburger”, “scaloppina”, “salsiccia”, “bistecca”, “bianco d’uovo” e “rosso d’uovo” potranno essere utilizzate esclusivamente per prodotti che provengono appunto da animali, e non coltivata in vitro. L’elenco, tra l’altro, non è definitivo e potrebbe essere allungato. I parlamentari italiani come al solito si sono divisi: a favore tutta la destra, contrari AVS e Cinque Stelle, spaccato il Partito Democratico.
Cambio di rotta
Il provvedimento è il segno di un’aria profondamente cambiata a Bruxelles, dove la questione del meat sounding è dibattuta almeno dal 2020, anno in cui la campagna Ceci n’est pas une steak non era andata a buon fine, per ottime motivazioni. Non si volevano penalizzare le aziende dei sostituti vegetali che, al contrario, andavano sostenuti come parte fondamentale del Green Deal. Ma con l’evidente svolta a destra della Commissione e con il fortissimo ridimensionamento delle politiche ambientali messo in atto da Ursula Von Der Leyen (mai dichiarato nelle sue reali dimensioni), le preoccupazioni per l’ambiente e il sostegno all’innovazione passano in secondo piano, rispetto a quelle del mantenimento dello status quo e dei voti di corporazioni potenti come Coldiretti.

Secondo molti esperti, comunque, si tratterebbe della classica vittoria di Pirro, cioè di una decisione che non avrà alcuna influenza sui consumi degli europei, capacissimi di comprendere la differenza tra un burger vegetale e uno animale, comunque siano denominati, e che erano già tutelati dalle norme esistenti. Lo avevano confermato, peraltro, numerosi studi condotti negli ultimi anni, che avevano fatto vedere che quasi nessuno si sbagliava, cioè acquistava prodotti plant-based pensando di comprare carne a causa del nome, e che quasi nessuno percepiva i prodotti vegetali che avevano adottato le denominazioni degli omologhi animali come una truffa, un tentativo di far cadere in errore l’ingenuo consumatore.
Un po’ di confusione
Non sarà quindi difficile per gli stessi consumatori europei continuare a scegliere i prodotti vegetali anche se, a parità di ingredienti e preparazione, cambieranno nome e confezione, come del resto è accaduto con la stessa battaglia condotta sulle bevande vegetali (chiamate comunemente latti), le cui vendite continuano ad aumentare, nonostante le denominazioni poco attraenti. Al massimo potrebbe esserci un po’ di confusione iniziale, ma non ci si aspetta nulla di più.
Al contrario, chi ci rimetterà economicamente, almeno in una prima fase, saranno le aziende del settore, costrette ad attuare un totale rebranding, a rivedere tutto il packaging e la pubblicità, i siti e i materiali informativi, sostenendo spese per le quali al momento non sono previsti indennizzi (i sussidi vanno comunque alle produzioni intensive di animali da carne, e non a loro). Eppure, anche queste sarebbero dovute essere difese. Secondo Food Navigator, l’Europa è il primo produttore di sostituti vegetali della carne al mondo, e per questo le produzioni di piselli, soia, legumi, frutti a guscio e funghi negli ultimi anni sono cresciute a un ritmo impressionante.
Burger & Co…
Secondo il Good Food Institute Europe, nel 2024 le vendite sono aumentate del 9,8% rispetto al 2023, anno nel quale erano già cresciute del 16,9% sul 2022. Nel 2024 gli europei hanno acquistato tra 1 e 3 milioni di tonnellate di prodotti plant-based e non è molto probabile che una tendenza così macroscopica sia invertita da un trucco semantico. Non a caso, grandi catene della GDO come Lidl e Aldi si sono espresse contro il provvedimento in Germania, paese che rappresenta il primo mercato europeo: anche loro hanno investito, credono a questo tipo di prodotti, e non sono affatto entusiaste del cambiamento.
Da notare poi che il provvedimento ha ricalcato le orme della tanto criticata legge italiana, ovvero ha già vietato prodotti che ancora non esistono (anche a causa dell’assenza dei regolamenti, che impedisce ai produttori di chiedere l’autorizzazione): quelli a base di carne coltivata che, al contrario, stanno arrivando in altri mercati.
Va detto che non si tratta ancora di una norma esecutiva, perché l’emendamento dovrà essere discusso in sede congiunta tra Commissione, Consiglio e Parlamento stesso, e poi con i singoli stati: c’è ancora una speranza concreta che alla fine non se ne faccia nulla.
In una situazione quasi grottesca, la battuta più amaramente fulminante è forse quella fatta da Edoardo Valsecchi, titolare del ristorante vegano Linfa di Milano, considerato tra i migliori in Italia, a Repubblica: “Chissà se cambieranno nome anche alla colomba pasquale, che di certo non è un volatile”.
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Giornalista scientifica


Rendiamoci conto che (solo) al voto di questo emendamento è partito un piccolo applauso…Rendiamoci conto che queste persone verranno pagate per due anni per discutere di questa roba. I grandi problemi dell’agricoltura europea. Fossi del settore, mi arrabbierei non poco.
O al più classico salame di cioccolato. Che di fatto non è un salame
Trovo paradossale dare tanta rilevanza ad una decisione ( non esecutiva, per di piu’, come sottolinea l’articolista ) europea, e, contemporaneamente, sottolineare che non influenzerà le abitudini dei consumatori. Tanto chiasso per nulla? o tanta preoccupazione per un settore dell’industria alimentare che dovrà cambiare pubblicità e confezionamento? qualche dubbio sorge spontaneo.
Ma basta con queste scemenze!
Perché, i grandi finanziatori che sostengono le aziende plant based non fanno anch’essi Lobby? Non esercitano pressioni perché siano approvati i loro interessi? Lo sapete chi sta dietro ad aziende che promuovono prodotti analoghi della carne o fate finta di non saperlo? Mica sono filantropi…
I due mercati quella della carne e degli analoghi prodotti che scimmiottano la carne nel nome, sono mercati distinti, ciascuno con la propria forza, perché le aziende che producono nella forma come la carne non possono distinguersi per proprio conto?
Perché se nella forma possono anche copiare nella sostanza i profili nutrizionali delle carni e delle alternative vegetali sono diversi. Quindi è corretto chiamare ciascun prodotto per quello che è
Comunque gli emendamenti approvati al PE cambiano anche il paradigma rispetto al passato, introducendo finalmente la denominazione legale dei termini di carne, come già avvenuto per il latte e i lattiero-caseari, all’interno della revisione del reg. 1308/2013. La precedente bocciatura del 2020 era basata sula questione dell’etichettatura secondo il reg. 1169/2011 (FIR); e la CGEU sentenziando contro la Francia aveva propio detto che il provvedimento francese non aveva valore perché ai sensi del art. 17 del FIR non esistevano denominazioni legali dei termini di carne. Ora con questo emendamento (e si spera con l’approvazione degli Stati e della Commissione) si è fatto chiarezza, intervenendo sulla regolamentazione dell’organizzazione comune dei mercati (OCM) all’interno della nuova PAC. E’ una questione di chiarezza del mercato, a tutela dei molti agricoltori, come ha giustamente argomentato al deputata Céline Imart, a cui va il mio sostegno.
Io sono del settore e applaudo e non poco!
Ma allora come la mettiamo con il Latte di mandorla , il latte detergente…..
Ogni volta che si tirano in ballo le denominazioni legali si vanno sempre a prendere i soliti paragoni.
Proprio sul latte poi che è l’unico prodotto a denominazione legale riconosciuto.
Tra l’altro il latte di mandorla è un’eccezione perché ha una tradizione d’uso consolidata e la sua denominazione è considerata chiara e non ingannevole secondo la normativa UE, ma le altre bevande vegetali (soia, riso, avena) non possono essere commercializzate come “latte”, nemmeno con l’aggiunta dei termini “vegetale” o “vegan”.
Fa pure riferimento la sentenza TofuTown della Corte di Giustizia UE (C-422/16, 2017) che ha confermato che l’uso del termine latte per prodotti vegetali è vietato.
Altri nomi che non generano ambiguità è il burro di cacao perché si tratta di una denominazione tecnica e… il latte detergente non è un prodotto alimentare!
La confusione da parte del consumatore su cosa sta comprando è un po’ una favoletta.
“è corretto chiamare ciascun prodotto per quello che è” e infatti è già così: burger (alimento di una certa forma, cotto in un certo modo che va messo in un panino) VEGETALE. Se non è chiaro così, forse la gente dovrebbe tornare a scuola.
Caro produttore, la stanno prendendo per i fondelli, portandosi a casa una vittoria facile per evitare di dover gestire i ben più gravi e rognosi problemi del settore, che purtroppo non si risolvono a suon di populismo semantico. Le faccio inoltre presente che la salsiccia vegana esiste dai primi del ‘900 (si cerchi la storia della Friedenswurst) e che da quando hanno vietato i ‘latti vegetali’ le vendite di questi ultimi sono schizzate alle stelle e ora occupano una fetta importante del mercato. Non le viene il dubbio che i consumatori non siano stupidi e che quasi certamente questo sarà un enorme spreco di risorse pubbliche?
Quando alla UE si passa dalla tutela del cittadino alla mera tutela delle aziende, a discapito della salute dell’ambiente e quindi ovviamente del cittadino si è perso il senso dell’istituzione. Interessi economici diventano lo scopo primario. Perché le destre al governo dovrebbero tifare per le aziende e non per il cittadino. Io la risposta la conosco. Chi vita una destra populista è fondamentalmente influenzabile per non dire molto sveglio, quindi il suo voto è già strumentalizzato in partenza. Meno cervello è molto più gestibile.
Ma cosa centra parlare di salute e ambiente in questo contesto? E cosa centra la politica delle destre o delle sinistre (detto da uno di sx!) per commentare queste decisione?
Premetto che la rispetto, come rispetto ogni lavoratore, e che rispetto particolarmente chi lavora nel settore agroalimentare siccome da questo dipende la vita di noi tutti. Capisco anche le sue riflessioni amare sul fatto che il settore dei prodotti plant-based sia soggetto alle stesse regole del capitale.
Sono però d’accordo con Fabio sul concetto che in qualche modo bisogna trovare un equilibrio tra diritto al lavoro (e al giusto compenso per il suo frutto) e salute della popolazione nel suo insieme. Per questo credo che i governi dovrebbero sostenere in primo luogo le imprese che garantiscono un miglior uso delle risorse collettive, favorendo i prodotti vegetali e puntando a eliminare gli allevamenti intensivi.
Segnalo evidente errore, mancano un po’ di zeri :
ben 486 tonnellate
Grazie, corretto!
Una discussione così infantile non la sentivo da anni. I diversamente carnivori sono così diversi che voglio dare il nome carnivoro alle proprie oscene polpette .
Allo stesso tempo i carnivori non cedono il nome per paura che la gente confonda piante con quadrupedi. Fantastico! Io nel panino ci metto il burger di uova: LA FRITTATA!