Dopo la notizia della presunta frode sul riso biologico della scorsa settimana (leggi qui) in molti ci hanno scritto manifestando le loro perplessità verso il biologico. Pubblichiamo di seguito uno dei commenti più “critici” a cui risponde Roberto Pinton, consulente aziendale ed esperto di coltivazioni biologiche.
Ogni volta che leggo qualcosa sulle violazioni relative ai prodotti “biologici” si parla sempre di “false certificazioni”: e ogni volta ho il dubbio che l’uso del semplice termine “biologico” non sia affatto vietato in etichetta se usato da solo e non citando anche falsamente l’ente responsabile della certificazione (che ovviamente non è stata rilasciata). Per chiarire meglio, possono mettere in vendita senza sanzioni un prodotto etichettato con l’aggettivo “biologico” (es. “riso biologico”) senza dover citare qualche ente che li autorizza a usare quell’aggettivo, esattamente come potrebbero usare qualunque aggettivo di fantasia, come “familiare” (es. “riso familiare”) o “strepitoso” (es. “riso strepitoso”) o “imbattibile” (es. “riso imbattibile”)? La legislazione in merito è sovrabbondante e logorroica ma non ho trovato nulla che chiarisca in modo inequivoco che sia illegale usare l’aggettivo “biologico” da solo. Grazie, Mariarita.
Risponde Roberto Pinton, consulente aziendale ed esperto di coltivazioni biologiche.
Il comma 2 dell’articolo 30 del reg. UE 848/2018 (ma analoghe prescrizioni erano dettagliate anche nei precedenti regolamenti CE 834/2007 e CEE 2092/1991) prevede che il termine “biologico”, ma anche i termini derivati e le relative abbreviazioni (come «bio» ed «eco») possano essere utilizzati in etichetta soltanto per prodotti conformi allo stesso regolamento. In altre parole, gli operatori devono rispettare le precise norme tecniche dettagliate nell’allegato II dello stesso regolamento (suddiviso in parte I relativa alle produzioni vegetali, parte II per le produzioni animali, parte III per alghe e animali di acquacoltura, parte IV per i prodotti trasformati, parte V per i mangimi, parte VI per il vino e parte VII per i lieviti) ed essersi assoggettati al regime di controllo.
In Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania e Malta le attività di controllo sono a cura di una o più autorità pubbliche, in altri 19 Paesi UE (Italia compresa) sono affidati a organismi di controllo privati accreditati, autorizzati e vigilati dall’autorità competente. In Lussemburgo, Spagna e Polonia vige un sistema misto, con controlli affidati sia a organismi pubblici che a organismi privati accreditati autorizzati.
Organismi di controllo autorizzati e vigilati dall’autorità pubblica anche nel Regno Unito, in Islanda, Norvegia, San Marino, Svizzera e Liechtenstein, Paesi extra UE ma aderenti a EFTA/SEE o con i quali sono in vigore accordi bilaterali.
Quindi, in sostanza, 5 Paesi con autorità pubbliche, 25 con organismi di controllo accreditati e 3 con sistema misto.
In etichetta deve apparire il codice dell’organismo (o dell’autorità) che controlla l’operatore responsabile dell’ultima operazione di produzione o preparazione.
In base al decreto legislativo 23 febbraio 2018, n. 20 (Disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica), chiunque utilizza sull’imballaggio, nei marchi commerciali e nell’informazione ai consumatori indicazioni, termini o simboli che possano indurre in errore sulla conformità del prodotto o dei suoi ingredienti al regolamento in materia di produzione biologica è sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 7.000 a 18.000 euro, salvo che il fatto non costituisca reato.
Nei fatti, però, l’immissione sul mercato di prodotti non conformi costituisce sempre una fattispecie penale: con la sentenza n. 35387 del 24.06.16, la Corte di Cassazione ha ribadito che “integra il reato di frode in commercio la vendita di un prodotto con certificazione di produzione biologica ma non tale”
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Secondo me, il problema dettato da certo scetticismo generico sugli effettivi valori contenuti nel sistema di produzione biologica (per carità, i disonesti ci sono, purtroppo, come in ogni dove), ben sostenuto dalla mancanza di fiducia nel sistema dei controlli e da situazioni di frodo scoperte, per essere affrontato e risolto in favore di una maggiore credibilità del comparto stesso, dovrebbe prevedere un percorso di conoscenza diretta ad avvicinare il consumatore ad un produttore bio, che si può tranquillamente trovare oramai dappertutto in Italia. Questi, con un minimo di pazienza e consapevolezza del potenziale investimento in atto, potrebbe far luce su una realtà spesso misconosciuta dai più. Se riuscisse a crearsi questo tipo di approccio, forse non vedremmo più in giro tutta questa diffidenza verso un settore in crescita e vantaggioso sia per la salute che per l’ambiente.
La maggior parte del popolo ignorante non crede nel bio, vuole spendere poco e acquistare a basso prezzo. Il problema andrebbe combattuto alla radice, e insegnare agli adulti, e ai ragazzi nelle scuole la sana cultura alimentare, nel mangiare il giusto, nella qualità,nel variare l’alimentazione, e nell’acquisto di prodotti fatti in Italia con materie prime italiane.
Il governo dovrebbe fare qualcosa a tal proposito.
rileggi quello che hai scritto prima di dare agli altri degli ignoranti..
Sul fatto che sia vantaggioso per la salute ( più del convenzionale ) ci sono ancora molti dubbi..
In realtà ci sono diversi studi che sottolineano come il consumo di alimenti biologici riduca il rischio di alcune malattie. In particolare segnaliamo lo studio “Human health implication of Organic food and Organic agriculture” del Parlamento europeo, che contiene un’ampia rassegna della recente letteratura scientifica sugli effetti diretti dei modelli di produzione e consumo di alimenti convenzionali e biologici sulla salute dell’uomo. https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2016/581922/EPRS_STU(2016)581922_EN.pdf
Ma l’hai letto con attenzione? Basta leggere le conclusioni al capitolo 9 per capire che non è proprio così. Dovresti leggere le conclusioni ai paragrafi 2.7 3.5 4.2 6.4 7.5 (nella 7.5 è vero che si dice che i latticini da mucche allevate a fieno sono più ricche di omega 3 , ma le differenze dovrebbero essere minime, come si dice nelle conclusioni finali al 9) . Vero che al 5.4 si analizza l’esposizione ai pesticidi (e non dimenticare il rame usato nel bio), ma qui il problema grosso è per coloro che sono più a diretto contatto con le sostanze (tipo contadini e famigliari); sapere il livello di tossicità di un fitofarmaco consente a stabilire la soglia sicura giornaliera che è la stessa nel Bio che nel convenzionale. Poi nell’ 8.5 si tratta del problema dell’antibiotico resistenza , che però è più un problema culturale e infatti l’Europa si sta muovendo e pare che siano sempre meno utilizzati (e non sono presenti nel prodotto finale , sia bio che no, salvo truffe). Mi piace questa frase nelle conclusioni che secondo me è vera e poco dibattuta:
“Tuttavia, è stato anche osservato che i consumatori che preferiscono il cibo biologico hanno modelli alimentari più sani in generale, compreso un maggiore consumo di frutta, verdura, cereali integrali e legumi e un minor consumo di carne. Questo porta ad alcune difficoltà metodologiche in separando il potenziale effetto della preferenza per il cibo biologico dal potenziale effetto di altri associati fattori dello stile di vita. Questi modelli dietetici sono stati in altri contesti associati a un ridotto rischio di diverse malattie croniche, tra cui il diabete e le malattie cardiovascolari. Si prevede quindi che
i consumatori che mangiano regolarmente alimenti biologici hanno un rischio ridotto di queste malattie rispetto alle persone consumare cibo prodotto in modo convenzionale come conseguenza di abitudini alimentari”
Gentilissimo, “Da alcuni studi emerge, infatti, che il loro consumo riduce il rischio di alcune malattie quali, ad esempio, l’obesità (Kesse-Guyot et al., 2013) e le allergie (Stenius et al., 2011), ma queste affermazioni non possono essere considerate conclusive poiché è molto difficile separare i benefici apportati dagli alimenti, da quelli dei diversi fattori associati a un determinato stile di vita.” il fatto che non siano conclusive non vuol dire che non siano possibili e con ulteriori studi verificabili. Qui c’è un interessante elenco di studi:
https://help.yuka.io/l/it/article/whdil9afoj-quali-sono-i-benefici-per-la-salute-del-cibo-biologico#:~:text=Il%20cibo%20biologico%20permette%20di,un%20rischio%20per%20la%20salute.&text=Gli%20alimenti%20provenienti%20da%20agricoltura,quelli%20provenienti%20dall'agricoltura%20tradizionale.
Gentilissima è un bel salto passare da un report della commissione al sito di yuka.. generalmente si tende a prendere gli studi che affermano un propria tesi senza essere in grado di valutare l’attendibilità , e scartare gli altri. Premetto che io non sono in grado. Ha fatto bene lei a condividere lo studio della commissione che a quanto pare ha fatto una revisione di tutti gli studi e ha tirato le conclusioni. Che di fatto sono che non ci sono ancora prove che il bio faccia meglio alla salute, se non forse in maniera trascurabile. Infatti il Bio nasce per la speranza di un agricoltura più sostenibile. E in questo è certamente superiore (non in tutti i casi, ma insomma..).
Da ignorante mi viene comunque da dubitare che obesità e.diabete siano legati al convenzionale, ma piuttosto alle abitudini.
Sicuramente il problema è la carenza di studi al riguardo. Però qualcosa è stato investigato. Ma a parte il consumo diretto degli alimenti e gli eventuali benefici forse vanno considerati i benefici su più larga scala, che interessano anche la salute, e non solo dei lavoratori agricoli. Qui un articolo della Mayo Clinic: https://www.mayoclinic.org/healthy-lifestyle/nutrition-and-healthy-eating/in-depth/organic-food/art-20043880
Potential benefits include the following:
Nutrients. Studies have shown small to moderate increases in some nutrients in organic produce. Organic produce may have more of certain antioxidants and types of flavonoids, which have antioxidant properties.
Omega-3 fatty acids. The feeding requirements for organic farm animals (livestock) usually cause higher levels of omega-3 fatty acids. These include feeding cattle grass and alfalfa. Omega-3 fatty acids — a kind of fat — are more heart healthy than other fats. These higher omega-3 fatty acids are found in organic meats, dairy and eggs.
Toxic metal. Cadmium is a toxic chemical naturally found in soils and absorbed by plants. Studies have shown much lower cadmium levels in organic grains, but not fruits and vegetables, when compared with crops grown using usual (conventional) methods. The lower cadmium levels in organic grains may be related to the ban on synthetic fertilizers in organic farming.
Pesticide residue. Compared with produce grown using usual (conventional) methods, organically grown produce has lower levels of pesticide residue. The safety rules for the highest levels of residue allowed on conventional produce have changed. In many cases, the levels have been lowered. Organic produce may have residue because of pesticides approved for organic farming or because of airborne pesticides from conventional farms.
Bacteria. Meats produced using usual (conventional) methods may have higher amounts of dangerous types of bacteria that may not be able to be treated with antibiotics. The overall risk of contamination of organic foods with bacteria is the same as conventional foods.
non credo proprio che mettere in dubbio la valenza negativa sulla salute di eventuali tracce di pesticidi, fungicidi, erbicidi o altre sostanze sintetiche presenti sui prodotti convenzionali possa reggere il confronto con prodotti biologici, su cui tali tracce non hanno motivo di esistere.
Questa esperta, ad es., ne ha pochi. Si chiama Renata Alleva, è una nutrizionista, membro del comitato scientifico di un’associazione medica, e alla domanda dell’intervistatore “I prodotti biologici dovrebbe avere meno residui di pesticidi e migliori proprietà nutrizionali rispetto a quelli convenzionali. E’ realmente così per tutti i prodotti con certificazione BIO?” risponde:
“Questo è un aspetto assai difficile da dibattere. Gli studi comparativi sono complessi per la difficoltà di raccolta dei dati e per la variabilità che si può avere per lo stesso prodotto tra un anno e l’altro, in quanto la composizione ovviamente è soggetta a variabilità nei contenuti dettati dal clima, dal suolo e dalla stagione più o meno piovosa.
Tuttavia una delle revisioni sistematiche più citata in ambito scientifico, che analizza i dati di 343 lavori scientifici internazionali, afferma che i prodotti bio sono sostanzialmente più sicuri per la contaminazione del cadmio, ma anche che contengono dal 20 al 60% in più di polifenoli e antiossidanti. Stessa cosa vale per i prodotti animali dove e’ stato documentato un miglior contenuto di omega 3 nelle carni Bio rispetto a quelle di allevamento convenzionale”.
Non pienamente convinto, l’intervistatore la incalza con un’altra domanda: “In definitiva possiamo dire che i prodotti biologici sono migliori di quelli convenzionali?
“Certamente sì. Sono più sicuri, perchè privi di residui tossici o antibiotici, con un impatto ambientale minore rispetto ai convenzionali. Sebbene ancora migliorabile per molti aspetti, l’agricoltura biologica ha il grande pregio di rispettare la biodiversità ambientale, di mantenere un suolo ricco di massa organica (microbiota del terreno) e di non spargere nell’ambiente pesticidi di sintesi che sono inquinanti persistenti e pericolosi che restano nella matrice ambientale per decenni”.
Forse è arrivato il momento delle certezze, da un lato. E del bisogno di migliorare questi processi agroalimentari, cercando anche di diffonderli sempre di più, dall’altro.
Se la nostra Regione Marche è il fiore all’occhiello italiano per varietà e diffusività del comparto biologico – mi scuso se questo dato non è aggiornato – nulla c’impedisce di perseguire questo obiettivo davanti all’UE come Paese Italia. I numeri e l’esperienza pluridecennale ci sono.
Gli organismi certificatori hanno come “clienti” degli operatori che fanno di tutto per non farsi controllare (non tutti ma una percentuale molto, molto significativa) e che se si sentono offesi se viene elevata loro una non conformità ( anche di quelle che qualche genio ha rinominato come di “scarsa entità”). Un operatore che può tranquillamente cambiare Organismo di certificazione ad ogni variazione della percentuale di umidità dell’aria (…per dire). Con una lotta al ribasso sulle tariffe applicate per la certificazione. E conseguente guerra tra poveri degli Organismi di certificazione.
Dall’altra parte i papaveri di Bruxelles che auspicano di arrivare al 25% della superfice agricola europea in BIO ad una certa data…
In un altro post qualcuno ha suggerito di far sparire le aziende cosiddette miste (biologico e convenzionale all’interno della stessa partita IVA). Idea correttissima magari dando la possibilità di “provare” il BIO (ma per un periodo ridotto).
Suggerimento mio. Campione analitico sul prodotto finale destinato al consumo su tutte le aziende biologiche ogni anno (sul prodotto più rappresentativo dell’azienda).
In capo a qualche anno si scremano i furbetti del quartierino , ne restano pochi ma buoni (quelli che ci credono) che hanno a disposizione dei discreti fondi per continuare.
Tutto il resto è un inutile trascinare all’infinito matrimoni non felici.
Rispondo sulla presunta efficacia delle sole analisi, evitando di entrare in discussione filosofica sugli organismi di controllo. Mi occupo di biologico da oltre venti anni, e sono entrata in qualche modo in contatto anche con alcune delle frodi balzate agli onori della cronaca. In una di queste, a un’importante azienda italiana che ben conosco, che eseguiva analisi multiresiduali per ricerca di fitofarmaci e analisi qualitative su ogni lotto di materia prima biologica in entrata, sono state poste sotto sequestro dalle autorità centinaia di tonnellate di prodotto acquistato come biologico e italiano, con analisi perfette e carte apparentemente in regola. Una serie di indagini a ritroso sulla filiera aveva appurato che il prodotto acquistato in buona fede non era né italiano né biologico. Riporto questo esempio solo per far capire che gli esiti analitici sono soltanto una delle informazioni da valutare, e che un alimento esente da residui rilevabili al momento del consumo non è affatto equiparabile ad un prodotto biologico. La presenza di un residuo non ammesso rilevabile analiticamente è sicuramente un campanello di allarme e quando viene rilevata viene sanzionata come previsto. Ma le grandi frodi rilevate nel corso degli anni non derivavano certamente dall’uso di un fitofarmaco non ammesso per salvare il raccolto, ma da complesse costruzioni societarie di scatole cinesi, imprese commerciali con doppia contabilità che moltiplicavano i volumi di prodotti pseudo biologici acquistati e rivenduti, falsificazioni elaborate delle certificazioni per creare una falsa documentazione a supporto. In molti casi è dovuta intervenire la Guardia di Finanza a supporto dell’ICQRF, dato che si configuravano reati fiscali oltre alle frodi alimentari. Gli strumenti in mano al singolo ispettore di un organismo di controllo privato, incaricato di una visita ispettiva presso un operatore biologico, sono evidentemente insufficienti per accorgersi di macchinazioni così complesse. Per questo andrebbe molto migliorato lo scambio di informazioni tra gli organismi di controllo e le autorità pubbliche, nonché la competenza e formazione del personale incaricato dei controlli, sia pubblico che privato. Cordiali saluti
@ Valerio
“Una serie di indagini a ritroso sulla filiera aveva appurato che il prodotto acquistato in buona fede non era né italiano né biologico.”
Ma una tracciabilità di filiera per il biologico esiste?
Purtroppo è la verità del bio
x molti prodotti…controlli?
Buongiorno, in Italia, sappiamo che ci sono pochi controlli o sono a campione delegando spesso il tutto all’onestà dei produttori. Ma in più c’è un’altro elemento serio da considerare per cui chiederei conferma all’esperto in materia. Le frodi alimentari che mettono a grave rischio la salute , dalle leggi, sono equiparate ai falsi della moda. Assurdo e sconcertante !!!
L’ideale sarebbe che i controlli sul bio venissero eseguiti da organismi totalmente pubblici, senza nessun conflitto di interesse e a costo zero per i produttori (che se non osservano le norme o fanno i ‘furbetti’ vengono sanzionati pesantemente).
Il controllato che paga il controllore è una formula che crea dubbio e incertezza. Poi, si sa, l’animo umano …