I baby influencer e le pubblicità su YouTube: è cibo spazzatura il 90% dei prodotti alimentari che compare nei video delle piccole star di internet
I baby influencer e le pubblicità su YouTube: è cibo spazzatura il 90% dei prodotti alimentari che compare nei video delle piccole star di internet
Agnese Codignola 27 Ottobre 2020La pubblicità del cibo spazzatura dedicata ai più piccoli, per la quale, solo negli Stati Uniti, le aziende spendono ogni anno 1,8 miliardi di dollari, si sta trasferendo su un mezzo di comunicazione finora poco considerato, ma popolarissimo tra i più giovani: piattaforma internet di video sharing YouTube, seconda al mondo per diffusione.
Dovendo fare i conti da una parte con restrizioni sempre più diffuse (per esempio relative ad ampie fasce orarie), e dall’altra con una generazione che ha sempre meno un riferimento costante nella televisione, i produttori si stanno adeguando e stanno reclutando le piccole (a volte piccolissime) star dei video e i loro genitori per pubblicizzare in modo pervasivo alimenti e bevande di pessima qualità, contro i quali combattono da anni tutti i pediatri e i nutrizionisti.
Quanto la situazione sia sfuggita di mano lo dimostra adesso uno studio condotto dai ricercatori della New York University, e pubblicato su Pediatrics, nel quale gli esperti partono da un dato molto significativo: l’80% dei genitori di bambini con meno di 12 anni permette loro di vedere YouTube, e il 35% riferisce che i propri figli lo guardano regolarmente. Il ricorso ai video, inoltre, è molto aumentato a causa di lockdown e restrizioni varie.
Ma il vero problema, come sempre, sta nell’utilizzo di questo mezzo, perché moltissimi adulti affermano di far seguire ai propri figli i mini influencer, cioè bambini della loro età o più piccoli, spesso filmati dai loro genitori, con migliaia se non milioni di follower, che mostrano giochi, esperimenti scientifici, musica e così via. E sui quali le aziende hanno messo gli occhi, capendo che avrebbero potuto raggiungere platee enormi tramite questa via: basti pensare che negli ultimi due anni l’influencer più pagato di YouTube è stato un bambino di otto anni, che ha guadagnato 26 milioni di dollari.
Per questo i ricercatori hanno identificato i cinque baby-influencer più popolari di età compresa tra i 3 e i 14 anni, e hanno studiato 418 dei loro video messi online nel 2019, scoprendo una realtà davvero preoccupante. Poco meno della metà dei video (il 42,5%) promuoveva alimenti e bevande e, nel 90% dei casi, si trattava di prodotti poco sani di marca o giochi dei fast food. I più frequenti erano proprio cibi da fast food, seguiti da bevande zuccherate e dolci. I video restanti contenevano alimenti sconsigliati come gli hot dog di un marchio non riconoscibile (il 4%) e quindi non direttamente pubblicizzati (tuttavia anch’essi veicolano uno stile di alimentazione poco sano).
In totale, poi, questi video sono stati visti un miliardo di volte, più di qualunque altro video pubblicitario di alimenti. E, come se non bastasse, non è ovviamente possibile sapere quando la presenza di un certo prodotto è stata pagata dall’azienda e quando no, ed è quindi difficile pensare a sanzioni e interventi mirati.
Queste pubblicità, commentano gli autori, sono particolarmente subdole ed efficaci, perché chi propone il prodotto viene percepito come “uno di noi” dai bambini, dai ragazzi ma anche dai genitori, e questo fa abbassare la guardia e aumentare il livello di fiducia, e perché non c’è quasi mai una promozione esplicita. Piuttosto, si punta sull’esempio e sulla conoscenza del prodotto.
Tutto ciò è particolarmente grave, perché molti studi hanno dimostrato che tanto più i bambini vedono pubblicità di cibo spazzatura, tano più ne mangiano e ingrassano. L’OMS e la National Academy of Medicine statunitense hanno più volte affermato che la pubblicità di junk food è uno dei fattori che ha maggiore responsabilità nel dilagare dell’obesità infantile. Si spera che la Federal Trade Commission, che ha competenza in materia, anche grazie a questo studio metta mano alla questione e introduca una normativa specifica volta a vietare questa dannosa pubblicità occulta.
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Giornalista scientifica