Prosegue l’analisi delle posizioni e interpretazioni dell’articolo 62 offerte in Rete. Oggi è il turno di Confartigianato, che addirittura avanza ipotesi di incostituzionalità e contrasto con il diritto europeo. Si ha ragione di sospettare, ancora una volta, l’esistenza di un conflitto di interessi all’interno del sistema associativo. Il Fatto Alimentare prosegue la sua indagine.

 

La nota di Confartigianato* è senza dubbio pregevole nella sintetica analisi della norma. Purtuttavia, come altre, mescola aspetti interpretativi con posizioni politiche i cui obiettivi appaiono poco chiari, dal punto di vista delle imprese artigiane che forniscano la Grande Distribuzione Organizzata.

 

Termini di pagamento. La rappresentanza delle imprese artigiane nazionali contesta la “disparità di trattamento tra gli operatori italiani e quelli comunitari“. Incredibile ma vero, Confartigianato biasima le “posizioni eccessivamente tutelate” delle imprese italiane “a scapito di altri operatori comunitari” (?).

La nuova normativa e le sanzioni previste dallart. 62 presentano aspetti distorsivi della concorrenza e appaiono in contrasto con la Direttiva 2011/7/UE“, si legge nel documento degli artigiani. Ciò non è vero, la direttiva citata anzi prevede espressamente la possibilità per gli Stati membri di adottare norme più restrittive a favore della parte tutelata che è il creditore. Ed è proprio questa la legittima funzione dell’articolo 62.

 

Di fatto, Confartigianato vorrebbe fare a meno di una cornice certa dei tempi di pagamento delle derrate alimentari, preferirebbe avere la possibilità di derogare ai 30/60 giorni imposti dall’articolo 62.

In nome di chi? Certo di quelle aziende che acquistano prodotti agricoli e alimentari e li pagano in tempi biblici, facendosi di fatto finanziare dai loro fornitori. Ma le imprese artigiane che invece vendono prodotti agricoli e alimentari, sanno che la loro confederazione si sta scagliando contro i pagamenti a 30/60 giorni?

 

Ambito territoriale. L’articolo 62 si applica alle cessioni di prodotti agricoli e alimentari con consegna in Italia. Ma anche questo non va bene a Confartigianato, che “con riferimento ai possibili contratti di cessione di prodotti agricoli ed alimentari conclusi con controparti straniere […] chiede conferma della possibilità per le parti, di concordare (ai sensi di quanto previsto dallart. 3, comma I del Regolamento comunitario 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali c.d. Regolamento Roma I) la scelta della legge straniera quale legge applicabile al rapporto contrattuale.

 

Insomma gli artigiani vorrebbero poter derogare non solo ai termini legali di pagamento ma anche ai divieti di pratiche sleali che la legge 27/2012 ha introdotto in Italia. E perchè? Perché altrimenti si “potrebbe portare gli altri operatori economici europei a privilegiare aziende non italiane per gli approvvigionamenti di prodotti agricoli ed alimentari, a discapito degli operatori nazionali“.

Una posizione a dir poco equivoca. Anziché chiedere al Governo di promuovere in Europa l’applicazione di questo modello atto a proteggere i propri associati, Confartigianato chiede di poter disapplicare la norma anche in Italia (?)

 

Dario Dongo

  

(*) Nota di Confartigianato

 

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