Pret a Manger è al centro delle polemiche nel Regno Unito per la seconda morte per shock anafilattico in due anni causata dalla presenza di allergeni non segnalati negli alimenti venduti dalla catena di fast food salutare nei suoi locali. L’ultimo caso, risalente al dicembre 2017, è emerso solo pochi giorni fa, dopo che l’azienda si è impegnata a dichiarare sulle etichette dei cibi preconfezionati prodotti nei locali – come panini, tramezzini, insalate e zuppe – la presenza di allergeni. Lo ha rivelato il Guardian.
Una donna di 42 anni è deceduta a Bath per shock anafilattico dopo aver mangiato una focaccina arcobaleno vegana, a causa della presenza di tracce di latte. Pret a Manger ha puntato il dito contro il sostituto dello yogurt a base di cocco prodotto da un fornitore esterno, che secondo loro sarebbe la fonte della contaminazione. CoYo, l’azienda fornitrice sotto accusa, ha negato ogni addebito, affermando che Pret a Manger ha ostacolato le indagini interne rifiutandosi di fornire il numero di lotto del prodotto potenzialmente contaminato.
La catena era finita nell’occhio del ciclone già nel luglio 2016, quando una ragazzina di 15 anni è morta per shock anafilattico durante un volo Londra-Nizza, dopo aver mangiato una baguette farcita acquistata nel Pret a Manger dell’aeroporto londinese di Heathrow. Il panino, oltre a carciofi, olive e tapenade, conteneva anche semi di sesamo, a cui la ragazza era allergica, non segnalati in etichetta. La decisione di indicare la presenza di allergeni su tutti i prodotti è proprio una conseguenza dell’inchiesta, che ha seguito la morte della ragazzina.
In mezzo a tutte queste polemiche, appare evidente come Pret a Manger abbia problemi a garantire la sicurezza dei soggetti allergici. Prima del caso fatale che ha coinvolto la quindicenne, la catena aveva già registrato 21 casi di reazioni allergiche, fortunatamente non così gravi. Il caso evidenzia anche i limiti della normativa che consente agli esercizi commerciali di utilizzare un’etichettatura ridotta sugli alimenti prodotti nelle cucine dei locali e preincartati per la vendita, e di avvisare i consumatori degli allergeni contenuti con avvisi nei frigoriferi, sugli scaffali o rimandare al libro degli ingredienti. Forse è arrivato il momento di pensare a regole più severe.
© Riproduzione riservata
[sostieni]
Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Articolo interessante, come tutti quelli de Il Fatto Alimentare, ma … questo e’ quanto succede in Inghilterra, ed in Italia ? Possono/si sono verificati casi simili ? Come e’ la nostra legislazione ? Un confronto con quella che e’ la nostra realta’ renderebbe il servizio SUPER interessante !
Ma in Gran Bretagna non è obbligatorio segnalare in etichetta la presenza di allergeni? E se si, neanche dopo la prima morte per shock anafilattico le autorità preposte avevano preso provvedimenti contro pret a manger?
L’elenco degli allergeni per i prodotti preincartati si deve indicare su un libro a disposizione della clientela non su un’etichetta per ognuno dei prodotti in vendita
Terribile! Quest’estate a Londra ho mangiato quotidianamente in questa catena con mia figlia gravemente allergica alla frutta secca… C’erano cartelli che rassicuravano sull’impegno a garantire l’informazione su eventuali allergeni o contaminazioni…
Ero tranquilla…