Siamo ancora lontani da risolvere il grave problema dello sfruttamento nel settore agricolo. A marzo di quest’anno il The New York Times ha pubblicato un’inchiesta che denuncia le brutali condizioni dei braccianti indiani nei campi di canna da zucchero. L’indagine si è concentrata sullo Stato del Maharashtra, trasformato in una centrale di produzione di zucchero dalle industrie statunitensi Coca-Cola e PepsiCo. Da questo territorio, infatti, arriva circa un terzo della produzione totale di zucchero dell’India che, a livello mondiale, occupa il secondo posto dopo il Brasile.
Codici di condotta e sfruttamento
Sebbene entrambe le aziende di bibite analcoliche abbiano pubblicato dei codici di condotta che vietano ai fornitori e ai partner commerciali l’utilizzo di lavoro minorile e forzato, il sistema a cui sono sottoposti i lavoratori agricoli indiani è basato sullo sfruttamento e sul controllo dei corpi femminili.
Con la silente consapevolezza dei produttori e degli acquirenti di zucchero, nei campi sono impiegati bambini e i braccianti lavorano per ripagare i loro datori. È difatti una prassi quella di ricevere, al posto del salario, un anticipo da parte dell’appaltatore dello stabilimento che viene restituito attraverso la manodopera. Ne consegue che eventuali giorni di non lavoro allontanino il momento del saldo del debito, un rischio che per le donne viene spesso evitato con la sterilizzazione forzata.
Isterectomia per migliorare la produzione
Per sottrarsi al ciclo mestruale – complesso da gestire quando gli sforzi fisici sono gravosi, le condizioni igieniche scarseggiano, manca l’acqua corrente e gli assorbenti sono troppo costosi –, a eventuali malattie che necessiterebbero di cure ginecologiche e a gravidanze che devono essere portate avanti senza la possibilità di riposo, molte donne ricorrono, anche dopo essere state consigliate dagli stessi medici, all’isterectomia. L’asportazione dell’utero è dunque motivata non da una reale condizione patologica, ma da un sistema che non prevede la malattia e che invece multa il lavoro mancato.
Matrimoni precoci
Ma le violenze non finiscono qui. Poiché il taglio della canna da zucchero è un lavoro per due persone, è abitudine ricorrere al matrimonio precoce: dal punto di vista del guadagno conviene essere in squadra con la moglie. Inoltre molte famiglie cercano di far sposare le figlie in giovanissima età così da non doverle più mantenere. Di questa situazione nessuno vuole assumersi la responsabilità: se le grandi aziende occidentali visitano raramente i campi e si affidano ai loro fornitori, i proprietari degli zuccherifici affermano di non assumere direttamente i lavoratori, ma di affidarsi a degli appaltatori che si occupano del reclutamento e della retribuzione.
Minori nei campi
Ma settore agricolo e violazione dei diritti è un binomio perfetto a qualsiasi latitudine. Spostandoci nel nostro Paese, quello del caporalato e dello sfruttamento lavorativo è un fenomeno diffuso e dalle molteplici ripercussioni. È dell’estate 2023 il rapporto di Save the Children “Piccoli Schiavi Invisibili” che denuncia le drammatiche condizioni di vita in cui si trovano i minori e le loro famiglie vittime dello sfruttamento nei campi, in due tra le aree italiane a maggior rischio: la provincia di Latina e la Fascia Trasformata, una fascia coltivata lunga 80 km tra le province di Siracusa, Ragusa e Caltanissetta. L’indagine si concentra sui bambini e adolescenti figli di braccianti sfruttati che spesso trascorrono l’infanzia in alloggi di fortuna nei terreni agricoli in condizioni di forte isolamento, con un difficile accesso ai servizi sanitari e sociali.
Il lavoro sommerso in italia
Avere un quadro completo della loro presenza sul territorio è complesso poiché, non essendo spesso censiti all’anagrafe, rimangono “invisibili” per le istituzioni di riferimento. Per contrastare la loro emarginazione, una delle vie più efficaci è la scuola, ma, come evidenziato dal rapporto, in alcuni casi, il percorso scolastico si ferma a causa del coinvolgimento dei minori nello sfruttamento lavorativo già a partire dai 12-13 anni, con paghe che si aggirano intorno ai 20-30 euro al giorno. Parrebbero invisibili anche i migranti della baraccopoli di Borgo Mezzanone (Puglia), una sorta di ghetto dove migliaia di braccianti occupati nelle campagne della provincia di Foggia sopravvivono in condizioni indicibili e spesso trovano la morte a causa di incidenti che avvengono nelle baracche.
Molti di loro lavorano nei campi di pomodoro, dove ogni estate il caldo e la fatica mettono a dura prova la vita stessa dei lavoratori. Queste due situazioni sono solo alcuni casi eclatanti che esemplificano le piaghe del settore agro-alimentare, ma in tutta Italia le filiere del cibo sono teatro di numerosi abusi. Se nell’immaginario collettivo sono le campagne del Meridione il centro del problema, i dati ci raccontano che è invece la Lombardia una delle regioni più colpire da procedimenti giudiziari riguardanti il caporalato.
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se nella filiera che va dalla terra al banco del supermercato, il prodotto fosse ben retribuito all’agricoltore, forse vedremmo meno casi di sfruttamento nelle campagne e minori spazi per la criminalità per introdurvisi.
In riferimento alla frase finale dell’ultimo paragrafo: mettiamo in relazione i procedimenti giudiziari della Lombardia con il numero di reali controlli effettuati. Forse noteremmo che così male non va.
Le situazioni di Borgo Mezzanone e della provincia di Foggia sono vergognose in uno Stato come l’Italia, nel 2024. Mi chiedo come sia possibile che nessuno fa nulla, visto che tutti sanno.
nel nostro Paese, specialmente nel sud, siamo abituati a chiacchierare tanto, forse troppo, e ad agire poco e male.
è veramente vergognoso e allucinante pensare che per nutrire persone “normali” come tutti noi si debbano schiavizzare altri esseri umani.