L’azienda San Benedetto commercializza le bottiglie d’acqua minerale San Benedetto con un’etichetta dove compare la scritta ‘Ecogreen’ affiancata dalle parole ‘CO2 impatto ZERO’. La stessa acqua viene pubblicizzata con uno spot (visibile in questo video e in quest’altro) andato in onda più volte su La7, in prima serata durante l’estate 2024.
La scritta ‘Ecogreen’, composta presumibilmente dall’abbinamento delle parole ‘Ecologico’ e ‘Green’, associa concetti riferiti all’ambiente e aiuta a catturare l’attenzione del consumatore. Si tratta di termini che non hanno alcun riscontro. Parole che non dovrebbero essere utilizzate nella comunicazione commerciale in quanto attribuzioni generiche riferite all’ambiente e concetti astratti non misurabili. Il termine ‘Ecogreen’ è un rafforzativo usato per sottolineare un concetto inesistente e privo di valore.
Al contrario termini come Zero Waste o Net Zero: usati per indicare la volontà di massimizzare il riciclaggio, minimizzare i rifiuti, ridurre il consumo e dire che i prodotti sono progettati per essere riutilizzati, riparati o riciclati nuovamente sono concetti considerati accettabili, perché legati a prospettive possibili dove i rifiuti sono tutti riciclati/recuperati o dove si arrivi al Net Zero in accordo agli standard esistenti.
Definizioni che confondono i consumatori
Le definizioni ‘Ecogreen’ e ‘CO2 impatto ZERO’ essendo estremamente generiche confondono le idee al consumatore che pensa a una linea di acqua minerale che non impatta con la natura e questo concetto è ingannevole. Se si vogliono usare queste parole occorre indicare un riferimento che però non compare sull’etichetta e nemmeno sul sito della San Benedetto, che si limita a citare come giustificazione una “compensazione della CO2”. Si tratta di parole vaghe che non possono essere considerate accettabili in virtù dei requisiti previsti dalla norma ISO 14021/2016 sulle autodichiarazioni di natura ambientale riconosciute e adottate in modo volontario in tutti i Paesi UE.
La norma riguarda le asserzioni ambientali auto-dichiarate effettuate dalle imprese per i loro prodotti (effettuate da fabbricanti, importatori, distributori e rivenditori senza certificazione di terza parte indipendente) spesso collocate sui prodotti e sui loro imballaggi, le auto-dichiarazioni non si limitano all’etichetta ma comprendono le asserzioni ambientali divulgate anche mediante pubblicità, pubblicazioni, internet o rapporti commerciali. Il testo rappresenta uno strumento fondamentale per i fabbricanti e le imprese che intendono comunicare – nel miglior modo possibile – l’impatto ambientale dei prodotti. La norma fornisce un elenco di requisisti generali da osservare per le asserzioni ambientali self-declared, descrive i termini comunemente utilizzati e fornisce le qualifiche per l’utilizzo. Descrive inoltre una metodologia generale di valutazione e di verifica per le asserzioni ambientali auto-dichiarate.
Il rischio greenwashing
La metodologia di valutazione utilizzata da chi effettua asserzioni ambientali deve essere trasparente documentata perché chi acquista i prodotti deve essere rassicurato dalla validità di tali asserzioni. Il concetto viene ribadito anche dalla direttiva europea sul greenwashing che l’Italia deve ancora recepire. Poi c’è il problema del significato della definizione ‘Impatto zero’ riportata in etichetta e nello spot tv dell’acqua minerale San Benedetto. Si tratta di termini scorretti se riferiti alla bottiglia di acqua minerale perché tutte le attività produttive comportano un impatto.
Il solo fatto che sul sito di San Benedetto si parli di compensazione della CO2 riferendosi all’acqua minerale, vuol dire che l’impatto c’è e che viene compensato con l’acquisto di crediti di carbonio. Sempre riferendosi alle norme ISO va sottolineato che le affermazioni in etichetta dovrebbero essere fatte in accordo alla ISO 14026 “Etichettatura e dichiarazioni ambientali – Principi, requisiti e linee guida per la comunicazione delle informazioni sull’impronta ambientale (ecological footprint)”. La norma fornisce requisiti e linee guida per i programmi di comunicazione dell’impronta ambientale (ecological footprint), oltre ai requisiti per le procedure di verifica. La comunicazione dell’impronta ambientale (ecological footprint) è quindi destinata esclusivamente a promuovere la diffusione di informazioni sul prodotto credibili e non fuorvianti.
I claim vietati
Al riguardo vale la pena ricordare che secondo il Conai i green claims come quelli presenti sulle bottiglie di acqua minerale San Benedetto “sono autodichiarazioni che il produttore trasmette al mercato per comunicare le caratteristiche ambientali di un prodotto, e possono quindi essere strumenti adottati per orientare le scelte del consumatore: si tratta pertanto di pratiche commerciali”. Il Conai prosegue nel suo sito dicendo che “La UNI EN 14021 ha l’obiettivo di armonizzare le autodichiarazioni ambientali dei prodotti, al fine di comunicare solo messaggi corretti, dimostrabili, veritieri, e che abbiano valenza scientifica. Questi principi sono infatti fondamentali quando si parla di green claims e in generale di pratiche commerciali per evitare il rischio di “greenwashing”, vale a dire una comunicazione non veritiera, ingannevole, non scientificamente verificabile; aspetti considerati anche nel Codice del Consumo”.
Il Conai continua “A tal riguardo, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) – con provvedimento n. 28060 del 20 dicembre 2019 – ha chiarito che i claim ambientali “devono riportare i vantaggi ambientali del prodotto in modo puntuale e non ambiguo, essere scientificamente verificabili e, infine, devono essere comunicati in modo corretto”, e che “un corretto claim ambientale dovrebbe veicolare informazioni adeguatamente documentate, scientificamente ‘verificabili’ e circoscritte a specifici aspetti verificabili in chiave comparativa rispetto a prodotti omogenei”.
Le frasi da non usare
Il testo del Conai poi indica le frasi da non utilizzare.
- 100% riciclabile. Le caratteristiche di un imballaggio ne determinano o meno la riciclabilità, che non può essere misurata. Pertanto non ha alcun senso accompagnare a questa caratteristica una misura percentuale.
- Utilizzo di marchi non ufficiali e/o autoprodotti per comunicare la sostenibilità dell’imballaggio. La proliferazione di marchi e messaggi ambientali genera una maggiore confusione nel consumatore. È importante fare riferimento a uno standard per adottare un linguaggio e un codice univoco e comprensibile per i consumatori.
- Le dichiarazioni che non riportano informazioni attendibili e a supporto di quello che si dichiara, così come le informazioni vaghe, poco chiare, non significative. Ad esempio, dichiarazioni generiche quali “Imballaggio sostenibile/ecologico/a ridotto impatto ambientale/a impatto zero/eco-friendly/amico dell’ambiente/green/naturale” non sono attendibili se non validate da dati e criteri scientifici.
Impatto zero è scorretto
Sarebbe quindi corretto usare sull’etichetta delle bottiglie di acqua San Benedetto il termine ‘Carbon neutral’ al posto di ‘Impatto zero’, anche se risulta meno efficace per catturare l’attenzione dei consumatori di acqua minerale sensibili ai temi ambientali. Il ricorso della San Benedetto alle compensazioni delle proprie emissioni con crediti di carbonio, porta inevitabilmente a considerare il prodotto ‘Carbon neutral’ e non a ‘Impatto zero”.
La stessa San Benedetto in questo video su YouTube spiega come l’azienda cerchi in tutti i modi di essere rispettosa dell’ambiente nelle fasi di produzione e, a proposito dell’impatto ambientale delle bottiglie, parla sempre di ‘Carbon neutral’ e mai di ‘Impatto zero’. C’è di più l’etichetta dell’acqua minerale San Benedetto che si vede nel video sopra citato riporta la dicitura ‘Carbon neutral’ e ‘bottiglia in plastica riciclata’ senza riferimenti all’impatto zero come invece risulta dall’attuale dicitura.
‘Impatto zero CO2’ fuorviante
Le dichiarazioni di San Benedetto dovrebbero comunque risultare in accordo anche con la norma ISO 14068-1:2023 sulla Gestione dei gas a effetto serra e dei cambiamenti climatici e attività correlate – Carbon Neutrality. La norma precisa quali devono essere i principi, i requisiti e le linee guida per raggiungere e dimostrare la neutralità carbonica attraverso la quantificazione, la riduzione e la compensazione dell’impronta di carbonio.
Il termine ‘Impatto zero CO2’ è quindi fuorviante per il consumatore, che può essere indotto a cambiare criterio di acquisto influenzato da una bottiglia di acqua minerale che non ha impatto rispetto alle altre che semplicemente compensano le emissioni di CO2 ma non sono a impatto zero. Alla luce di queste considerazioni Il Fatto Alimentare ha chiesto al Comitato di controllo dell’istituto di Autodisciplina Pubblicitaria la censura dello spot e la sostituzione delle etichette usate da San Benedetto.
© Riproduzione riservata; Foto: San Benedetto, Depositphotos
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Solo un sacco di frottole pubblicizzate dalla maggioranza di fornitori italiani che altro non sono che l’adozione del greenwashing che ben si vende grazie all’ignoranza della massa che compra un prodotto pagato mille volte di più se paragonato alla normale e solitamente ottima acqua da rubinetto con la differenza che l’acqua cosiddetta minerale San Benedetto è stoccata in bottiglie di plastica e e poi trasportata su tir inquinanti
La finiamo con questa truffa della Co2? La Co2 è di vitale importanza per la sopravvivenza dell’umanità. Le piante come pensate che producano ossigeno? L’avete studiata la fotosintesi clorofilliana o vi è morta la maestra alle elementari? Se la smettessero di tagliare alberi e mettere pannelli fuffa fotovoltaici ci guadagneremmo tutti in termini di salute.
di CO2 nell’aria ce n’è sempre di più, in particolare da 300 anni a questa parte, da quando cioè l’uomo ha iniziato ad industrializzarsi, cominciando a consumare il carbone, prima, e poi aggiungendo il petrolio. nell’aria ce n’è talmente tanta che, recenti studi sugli alberi, hanno accertato la diminuzione della presenza di stomi, gli organi deputati agli scambi gassosi, sulle loro foglie. sono assolutamente d’accordo con lei per non tagliare alberi, ma, forse, questo dato la potrebbe aiutare ad aprirsi a “nuovi” e più attuali scenari…
Ecogreen? E come ci è arrivato Brumotti sulle rocce….in bicicletta ? Sicuramente portato da un elicottero!!? Impatto zero?
Veramente pubblicità stupida, oltretutto parlano di purezza facendo vedere il braccio nero di tatuaggi del protagonista che fa evoluzioni in bici in zona desertica. Tatuaggi che di fatto vogliono dire inchiostro sotto pelle. Alla faccia della purezza.
È aberrante come lo spirito capitalistico che l’ha ispirata, l’idea di inquinare e poi compensare l’inquinamento prodotto con l’acquisto di crediti di carbonio. Grazie al Fatto per l’iniziativa intrapresa. Teneteci aggiornati.
Negli anni, personalmente, sto cominciando ad apprezzare le pubblicità fuffa e truffaldine.
Questo perché ritengo fortemente che colui che ci crede (in questo caso il consumatore), sia uno che VUOLE essere truffato. Se una persona matura crede in cose invisibili e pur avendo internet, lo usa per credere alle teorie complottare, beh allora non ci vedo nulla di male se le aziende provano a fregarlo.
In fondo, è ciò che definisco: la sindrome di Wanna Marchi. Alla fin fine lei non ha obbligato nessuno a farsi fregare, quindi perché condannare colui/colei che vende fuffa?
Ma davvero che compra non ha mai visto anche solo un video, per sbaglio, di una produzione industriale? Mi pare abbastanza per giustificare che l’ignoranza dovrebbe essere punita, non chi se ne approfitta!
Se fosse come dice lei,si spenderebbero milioni di euro in campagne pubblicitarie destinate a non funzionare?
moralmente potrei anche condividere il suo modo di percepire il problema, però, all’atto pratico, qui si tratta non solo di in qualche modo conquistare il consumatore acritico, ma pure di considerare che il grande successo di queste vendite comporta l’immissione nell’ambiente di enormi quantità di plastica, che nuocciono all’ambiente ed a tutti noi, senza distinzioni. quindi, prendere delle contromisure è un bene per critici ed acritici…
Molto interessante !!!
Purtroppo l’ignoranza del consumatore è lapalissiana e queste aziende che si spacciano per ‘virtuose’.
Basta leggere sul sito il loro documento sull’impronta di carbonio, per capire.
Riguardo la discussione sulle compensazioni delle emissioni, anche in questo campo l’ignoranza regna sovrana; la gente parla per sentito dire e spesso a sproposito, mettendo in luce il proprio livello di disinformazione.
Ogni azienda dovrebbe in primis ridurre le proprie emissioni di CO2 e, per quelle che non possono esserlo, attuare la compensazione.
Ma… e c’è un ma,… non acquistando Crediti farlocchi, ma Crediti di qualità (e ce ne sono).
Ciò non vuol dire continuare a emettere CO2, come molta ignoranza persistente continua ad affermare, ma agire attivamente per mantenere le proprie attività carbonio neutrale; che non ha niente a che vedere con l’inquinare: quella è altra materia, ben diversa.
Riguardo l’affermazione di Elena sulla CO2 di vitale importanza, le consiglio di leggere bene e ripassare le scienze, che probabilmente le sono rimaste come ricordo, ma non come concetto.
Complimenti al Fatto Alimentare, per l’azione intrapresa.
Da parte mia, mi divertirò a punzecchiare la San Benedetto su Linkedin.
Buongiorno. Certo però è che, rammentando magari maldestramente Malthus che scrive quasi due secoli e mezzo fa, è la solita storia. Siamo quasi 10 miliardi al mondo oramai. La plastica è stata ed è ancora così tanto economica ed efficace nel raggiungere ad esempio gli attuali standard igienico sanitari nel mondo, da essere divenuta indispensabile nella distribuzione dell’acqua. Pensate agli impianti di irrigazione dei campi! Alla distribuzione nei paesi arretrati di acqua nelle case. Fino alle bottigliette che ci consentono di mantenerci idratati. Tutto ciò, tutto il valore aggiunto che viene generato ci arricchisce e quindi ci riproduciamo. E quindi la ricchezza diffusa deve servire ad alimentare nuove bocche e sempre più anziani che sopravvivono in molti grazie al welfare ed al sistema sanitario ed alle Assicurazioni..e riprende quindi la necessità di produrre sempre maggior valore aggiunto etc..
Quindi eliminare o sostituire la plastica è cosa molto difficile ed onerosa.
Eliminare la plastica è impossibile. Sostituirla in diversi casi si può. Per quanto riguarda il cibo super esempio gli italiani riducessero della metà il consumo di acqua minerale allineandosi ai livelli europei, sarebbe già un bel risparmio e non credo che lo stile alimentare verrebbe traumatizzato
Impatto zero, con la pubblicità fatta da un cre……portato in vetta da un elicottero??????
Anche lo slogan: ” l’ acqua è di tutti” di non so quale marchio, con uno tutto tatuato che va in bicicletta nel deserto, non scherza come messaggio contraddittorio.
Pare sia vietato utilizzare il termine SALUTE ma molte aziende lo usano. É così?
Diciamo che utilizzare il termine a ragion venduta non è proprio facile e che spesso viene usato a sproposito
“bevi la nostra acqua per restare in salute” può essere recepito da più persone poco sul pezzo come bevi la nostra perché quella del rubinetto non fa bene, non è buona etc
Finalmente !!!
le pubblicità eco accattivanti sono sempre più numerose.
Sono molto felice per la figuraccia che ha fatto nei confronti degli italiani la società San Benedetto, perché così si sgonfia il pallone dell’arroganza, che ha sempre contraddistinto questa società. Spero che la lezione la induca a fare silenzio sulle tante decantate acque minerali Valle Reale di Popoli (PE).
E’ ora di smetterla di pubblicizzare acque sante e miracolose. Tutti questi personaggi dello sport e dello spettacolo che si prestano a pubblicità martellanti e ingannevoli (Hunzicher, Brumotti, Del Piero, Cucinotta etc) dovrebbero avere un pò di rispetto per la natura e dire NO a tante industrie di acque che continuano a propinarci bugie a ogni ora del giorno e della notte (acque della salute, che rinforzano le ossa, che fanno blin blin e tanto altro di miracoloso). Altro che riciclabile al 100/100, abbiamo plastica in ogni luogo per mare e per terra e perfino nella catena alimentare e i governanti di ogni lato e colore che si susseguono rimandano sempre il problema per l’interessi di pochi a discapito di tutti. O sono incapaci o peggio conniventi.