Pasta
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Le aziende non indicano in etichetta l’origine del grano

Blitz del Corpo Forestale al porto di Bari contro le navi colme di grano duro (importato) alla ricerca di micotossine. È il nuovo episodio della serie “Battaglia del grano” la telenovela del 21° secolo, girata in Puglia da Coldiretti dove si racconta la storia di un gruppo di volontari che cercano di respingere le navi nemiche. Purtroppo non è la sceneggiatura di un film ma quanto succede in Italia dove un gruppo di giovani con le bandiere gialle cerca di opporsi all’arrivo di uno dei tanti carichi di grano duro necessari per preparare la pasta: Barilla, Rummo, Del Verde, De Cecco, Garofalo, ecc. La pasta della “dieta mediterranea” è fatta con quel grano e senza quelle navi l’Italia non potrebbe esportare all’estero un solo chilo di spaghetti visto che il 30-40% circa del grano duro utilizzato per la pasta (1,5 milioni di tonnellate) viene importato dall’estero. C’è di più: la semola che arriva è mediamente di ottima qualità e serve a integrare le nostra materia prima che non sempre ha quantità di glutine elevate. La campagna contro le importazioni portata avanti da Coldiretti è demenziale, e può solo fare breccia per la scarsa competenza dei media,  ma soprattutto per l’assenza delle aziende produttrici che preferiscono non replicare agli attacchi e si rifiutano di  scrivere sulle etichette che la pasta italiana è fatta con grano straniero.

Barilla ad esempio, esalta l’impiego di semola 100% made in Italy nella pasta Voiello ( marchio di sua proprietà) e ne fa un argomento di vendita, ma dimentica di scrivere sulle confezioni degli “Spaghetti n.5” l’origine della materia prima, quasi a voler nascondere la presenza di semola importata. Un comportamento analogo si registra per le altre marche come Rummo, Garofalo, Agnesi… tutte utilizzano grano importato ma nessuno lo scrive sulle confezioni.

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Coldiretti lasciare intendere che il prodotto straniero sia in qualche modo contaminato

In questa situazione ha buon gioco Coldiretti, molto abile nel lasciare intendere che il prodotto straniero sia in qualche modo contaminato e di scarsa qualità ecc. Si lancia il sospetto che il grano contenga micotossine, facendo finta di ignorare che tutte le materie prime importate devono rispettare i requisiti igienico-sanitari richiesti per i prodotti nazionali. I controlli sulle micotossine sono di routine e le positività riguardano tutte le partite di grano in modo indifferenziato (italiano e straniero)  essendo collegato alla stagionalità e alla conservazione. Dopo la bufala del concentrato di pomodoro cinese utilizzato nelle bottiglie di passata italiana, adesso Coldiretti lancia la battaglia contro gli spaghetti italiani, colpevoli di essere preparati con il 30-40% di grano che secondo l’associazione contiene quantità elevate di micotossine. Dopo la nuova puntata della telenovela La battaglia del grano, sono scese in campo anche le aziende che accusano l’associazione di agricoltori di essere “irresponsabile”, quando lascia intendere che la pasta fatta con grano non del tutto italiano non è sicura, buona, o “pulita”. Anche i produttori di Italmopa questa volta  hanno deciso di  reagire e accusano giustamente Coldiretti di “terrorismo mediatico”. Bisogna rivendicare con forza che i nostri spaghetti sono buoni perché le aziende hanno conoscenze e capacità accumulate in anni di storia. Lasciare intendere che la qualità della pasta sia correlata alla sola origine della materia prima – come fa Coldiretti – è un concetto che può esprime solo chi non è mai entrato in un pastificio.

 

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La produzione italiana di grano duro non è sufficiente a soddisfare le richieste del mercato

Di seguito riportiamo alcune concetti  che tutti i consumatori di pasta dovrebbero conoscere. Il testo è ripreso da un  documento firmato da Aidepi l’associazione  che raggruppa le principali aziende.

1.    La produzione italiana di grano duro non è sufficiente a soddisfare le richieste dei produttori italiani di pasta. C’è un deficit di materia prima nazionale pari a circa il 30-40% del fabbisogno.
2.    L’industria pastaia importa da sempre grano duro dall’estero. Non è una novità di questi anni. Il mito della pasta italiana si è costruito nell’Ottocento, proprio utilizzando grano di altissima qualità russo e canadese. Il Canada è tutt’ora il principale produttore ed esportare di grano duro al mondo, seguono USA, Australia, Russia e Francia.
3.    Il grano estero non viene comprato per risparmiare: spesso costa anche di più.
4.    Il problema della contaminazione del grano dovuta alle micotossine riguarda tutte le materie prime sia nazionali che importate nella stessa misura. Se dai controlli delle aziende la materia prima non risulta essere a norma, non viene utilizzata per la pastificazione.
5.    Affermare che comprando pasta fatta con il 100% di grano duro nazionale si salva il granaio d’Italia è fuorviante, perché tutta la materia prima nazionale  viene acquistata e poi miscelata con quella importata. Il grano duro italiano non è sufficiente a coprire questa domanda. E comunque sono in commercio prodotti realizzati con grano 100% di origine italiana ( la lista si trova sul nostro sito clicca qui).

 

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Luca
Luca
25 Febbraio 2016 09:11

A parte che mi sembra un articolo doppione del precedente e non capisco perché continuiate a rimarcare cose più o meno, già dette.. comunque:

1) Se c’è un deficit di materie prime dovete spiegarmi perché molta pasta di semola italiana viene esportata all’estero (dov’è chiaramente più apprezzata) e a noi tocca mangiare pasta di semola turca.

2) Il grano Canadese ha la grande qualità di essere molto tenace, la pasta 100% di grano canadese sembra plastica ma non è assolutamente buona. Viene usato per miscelarla con semole particolarmente deboli e recuperarle.

3) Il grano estero non costa di più, costa di meno e serve per abbassare il prezzo del grano italiano. Parliamo tanto di grano canadese ma qua arriva di tutto, la settimana scorsa per esempio è arrivato del biologico dalla turchia..

4) Se tonnellate di grano passano mesi nelle cisterne delle navi non ci vuole molto a capire che succede.. ovviamente poi vengono fatti controlli a campione ma credete che tutto il carico sia omogeneo in ogni parte della stiva?
Se ci sono delle parti ammuffite sicuramente queste vengono macinate con il resto.

5) Non tutta la semola italiana viene miscelata e quella che viene miscelata lo è perché i pastifici vogliono semola con determinate caratteristiche, fra tutte il prezzo.

Con i procedimenti di essiccazione ad alta temperatura si potrebbe addirittura utilizzare farina di grano tenero per produrre pasta e questa avrebbe quasi le stesse caratteristiche di quella fatta con solo grano duro. Credetemi perché l’ho mangiata davvero. Ecco perché il boom di importazioni, adesso non serve più la materia prima di qualità per fare pasta di qualità, adesso si compra di tutto tanto la pasta viene tutta uguale! Sfido chiunque a cuocere due o tre marche di pasta diversa (formati simili) e poi distinguerla.. non ci si riesce perché ha subito un processo simile alla pastorizzazione del latte!

E vorrei aggiungere un’ultima cosa: siamo in Italia. Qui molti controlli non ci sono, arrivano molte navi scartate da altri paesi europei perché da altre parti le analisi vengono fatte sul serio e le navi spedite indietro, qua si scarica di tutto.

Luca
Luca
Reply to  Luca
26 Febbraio 2016 15:50

1) Questo non può proprio saperlo, io ho un pastificio e dall’estero mi chiedono pasta di semola italiana..
2) Perché il clima è diverso dal nostro, perché gli organismi di controllo per il biologico non sono così scrupolosi come i nostri.. probabilmente abbiamo una concezione diversa di buono.
3) …
4) Appunto. Le micotossine si formano in tutti i posti dove il grano viene stoccato per lunghe giacenze e presenza di umidità. I trasporti marittimi sono l’ideale.
5) La pasta di grano tenero non è una grande idea dal momento che è illegale in Italia. Era solo un esempio per far capire che i pastifici possono utilizzare di tutto visto che la qualità della materia prima non è più un requisito necessario.
6) Che in Italia ci siano controlli accurati sulle materie prime e che possiamo fidarci ad occhi chiusi delle autorità è un’idea solo sua.

Alessandro
Alessandro
25 Febbraio 2016 11:27

Non so: se io avessi un’azienda e percepissi il fatto che dichiarare l’origine straniera del grano potrebbe causare diminuzione delle vendite a causa della fallace convinzione che il grano nazionale sia migliore, non lo dichiarerei, dal momento che non sono obbligato a farlo. Non trovo così assurdo che i produttori lo omettano; per quale motivo dovrei andare contro ai miei interessi, fermo restando che sono nella perfetta legalità?
Dubito che chi si è convinto (o è stato convinto) che il grano nazionale sia migliore cambierebbe idea se anche i produttori scrivessero che così non è, che il grano estero è migliore, più adatto, etc… Penserebbero che sono le “solite bugie delle multinazionali”… e se anche fossero consumatori delle suddette marche, alla “scoperta” dell’uso di grano estero cambierebbero marca autconvincendosi della bontà della pasta 100% made in italy.
Dovrebbe essere Coldiretti (ma non solo…) a comportarsi in maniera diversa e dire le cose come stanno davvero e, come giustamente scrive, ci vorrebbe competenza anche a livello di mass media…

Diana
Diana
25 Febbraio 2016 12:19

Che la produzione italiana non sia sufficiente a noi consumatori poco importa l’importante è sapere con chiarezza da dove viene ciò che mangiamo e così essere liberi di scegliere e su questo i giornalisti dovrebbero adoperarsi.
Grazie

vincenzo
vincenzo
Reply to  Diana
25 Febbraio 2016 13:02

Parli per sè.

Coldiretti vuol far passare l’idea che straniero significa peggiore, tossico o peggio ancora. I giornalisti quindi si dovrebbero adoperare (e qui lo stanno facendo) per raccontare la verità, non riportare beceramente i comunicati stampa.

Federico
Federico
25 Febbraio 2016 14:09

Riassunto:
Importiamo il grano dal Nord America, facciamo gli spaghetti e li “rivendiamo” in Nord America.
Mi chiedo se Usa e Canada ci fanno o ci sono…

matteo
matteo
Reply to  Federico
1 Marzo 2016 15:45

Compriamo componenti elettroniche dal Giappone le mettiamo sulle Ferrari e le rivendiamo ai Giapponesi. Mi chiedo se i giapponesi ci fanno o ci sono.

Brazov
Brazov
25 Febbraio 2016 18:13

Questa volta Coldiretti và dritta contro un muro, si è messa contro gente molto più attrezzata, difatti la grande stampa non parla di questa iniziativa.

PIO
PIO
26 Febbraio 2016 08:01

LA COLDIRETTI FAREBBE BENE A RICONVERTIRE I GRANDI TERRENI DI SICILIA PUGLIA, DOVE OGGI SI ALLEVANO MUCCHE CON ACQUA POTABILE CHE SCARSEGGIA E CHE INVESE SONO VOCATI AL GRANODURO

Laura
Laura
Reply to  PIO
26 Febbraio 2016 10:55

sono un agricoltore pugliese, non tutti sanno che a condizionare le coltivazioni degli agricoltori è il prezzo di mercato, se il prezzo scende per l’import straniero il grano calerà notevolmente nelle semine. Inoltre la tecnica di coltivazione in Puglia e in tutta Italia non prevede l’uso di trattamenti tossici che sono in uso nelle altre nazioni come l’uso del glifosate in prossimità del raccolto per garantire un omogeneo grado di umidità a discapito della salubrità del prodotto. Dulcis in fundo la comunità europea ci obbliga a ridurre le superfici a grano duro a favore delle leguminose e in generale della rotazione colturale……..chi vuole intendere intenda.

Roberto Casadei
Roberto Casadei
26 Febbraio 2016 08:49

Non vedo perché attualmente le industrie non ritengano giusto indicare la provenienza de grano. Ricordo benissimo uno spot pubblicitario di Agnesi di molti anni fa dove si esaltava la qualità del grano duro proveniente dall’Ucraina.

Vito
Vito
26 Febbraio 2016 11:32

Mi pare che il problema sia economico. cioe’ i nostri agricoltori sono penalizzati dalla aspra concorrenza del mercato e delle grandi aziende produttrici di pasta che tendono a far scendere i prezzi borsistici, facendo arrivare grosse quantita’ di grano dagli altri continenti ( con qualche problema igienico sanitario e inquinamento, data la notevole distanza da percorrere con le navi). Credo quindi che si potrebbe incrementare la produzione italiana del grano (parecchi terreni nel sud incolti), se solo venissero riconosciuti i giusti utili alle imprese agricole locali ( magari incentivandole ). Fanno quindi bene i coltivatori diretti a protestare e con le loro contestazioni indirettamente difendono la nostra cultura gastronomica. Inoltre non meno importante e’ il fatto che non sappiamo se sono prodotti OGM dato che non c’e’ obbligo di dichiararlo

Valeria Nardi
Reply to  Vito
26 Febbraio 2016 11:41

Se il grano è destinato al consumo umano c’è l’obbligo di dichiarare che è GM

luigi
luigi
26 Febbraio 2016 11:39

la richiesta di maggiori indicazioni sulla pasta deve venire dai consumatori. ma in Italia, al momento, la consapevolezza del proprio potere di indirizzo del mercato scarseggia… l’augurio è che chi diffonde notizie, come bene fa “il F.A.” in materia di consumerismo, moltiplichi i propri sforzi per arrivare alla gran massa.

Karmine56
Karmine56
26 Febbraio 2016 14:43

Si dovrebbe scoraggiare l’uso del glutine a favore delle leguminose….quanti benefici per tutti.

panificatore anziano controcorrente
panificatore anziano controcorrente
27 Febbraio 2016 08:38

60 anni or sono io ero un bambino ma i miei genitori facevano i panificatori e avevano un impianto per la pasta fresca il lavoro più che altro era per conto terzi ,venivano i contadini con le loro farine tutte rigorosamente di grano tenero perché da noi non esisteva il grano duro alla pasta davano il nervo termine che a quei tempi si usava per di che teneva cottura aggiungendo le loro uova in base al benessere della famiglia mettevano più o meno uova ,facevano tutti i tipi di paste sempre all’uovo e vi garantisco che era buona e teneva la cottura da noi la semola era una tradizione del sud non nostra ,adesso fanno tutto con semola di grano duro ma la pasta all’uovo che si faceva al nord e tutte le paste ripiene ci sarebbe da discutere e molto su quale era la migliore !!

Giuseppe
Giuseppe
28 Febbraio 2016 00:25

A @Luca produttore
Per carità smettiamola con le fandonie: è made in italy ciò che è prodotto in Italia.
Ce lo dice la UE con leggi specifiche che valgono più di quelle italiane e che l’Italia ha sottoscritto.
Dimenticate lei e la Coldiretti (ma perché le altre associazioni di agricoltori non muovono un passo in questa direzione e sì che non hanno meno soci di Coldiretti…) che quando sono state fatte passare dal parlamento leggi a tutela dell’italianità della produzione alimentare queste ci sono state sempre cassate dalla UE, con il rischio pure di vederci aperta una procedura di infrazione.
La lobby di Coldiretti condiziona tanto il parlamento da far spendere soldi inutili ai contribuenti italiani.
Ma benedetta gente, anziché spendere parole al vento perché non vi mettete al tavolo con tutte le associazioni industriali, di consumatori, di agricoltori e allevatori e ne parlate.
Lo sappiamo tutti che in Italia non siamo autosufficienti con molte materie prime agricole e di allevamento, tutti tranne la Coldiretti.

Luca
Luca
Reply to  Giuseppe
1 Marzo 2016 16:01

Sig. Giuseppe, io non spendo parole al vento e non dico fandonie, riporto la mia personale esperienza di piccolo produttore e se lei non mi crede o non mi tollera può rispondermi educatamente o ignorarmi ma darmi del bugiardo proprio no.

Noi siamo stati cacciati dall’associazione industriale di riferimento perché abbiamo sempre promosso e pubblicizzato informazioni che i produttori più grandi ritenevano dovessero rimanere “inter nos”, quindi mi spiace ma non posso seguire il suo consiglio.

Lei scrive:
Lo sappiamo tutti che in Italia non siamo autosufficienti con molte materie prime agricole e di allevamento, tutti tranne la Coldiretti.

Quello che mi stupisce è il significato (sbagliato) che viene spesso dato alla parola autosufficiente. Se lo cerca sul dizionario trova: che basta a sé stesso.. ebbene, il grano prodotto in Italia è sufficiente alla richiesta interna.. perché dite che non lo è?

Andrea Ricci
Andrea Ricci
28 Febbraio 2016 11:43

Non capisco questa posizione del Fatto Alimentare contro una campagna, quella di Coldiretti, che mi sembra in difesa dell’agricoltura italiana. Difendere il nostro grano, la nostra produzione agricola, i nostri controlli, la nostra politica ambientale, con l’obiettivo di maggiore produzione fino ad un’auspicata autonomia mi sembra sano, benefico, sostenibile, tanto più per il paese simbolo della pasta nel mondo.
Il grano autoctono non basta? Coltiviamone di più! Accettiamo di pagarlo di più! Sosteniamo la nostra agricoltura! E anzi, recuperiamo le migliaia di varietà di grani antichi che aveva l’Italia prima delle monocolture intensive che vengono dalle steppe del Nord, che sono piene di glutine.
Insomma, il Fatto Alimentare è impegnato a difendere i profitti dei nostri grandi pastifici industriali per l’export, o la vita di tanti agricoltori italiani, la nostra salute e il nostro paese?

ezio
ezio
28 Febbraio 2016 12:23

Quando si affrontano argomenti con opinioni ed interessi molto divergenti come questo, giornalisti, operatori e consumatori non dovremmo mai perdere di vista le priorità del problema.
Definire la priorità spesso risolve a cascata molte controversie e comunque le supera.
In questo caso, come in molti altri di cui discutiamo, la priorità prima e vera, sta nella trasparenza e quindi è prioritario e giusto per quasi tutti noi, rivendicare il diritto dovere dell’indicazione in etichetta dell’origine delle materie prime.
Trasparenza, filiera e verità sulle caratteristiche del prodotto, che possiamo scegliere liberamente se acquistare, consumare e pagando il prezzo che vale, in base alle nostre convinzioni ed esigenze.
Senza queste informazioni di base parliamo di aria fritta a nostra insaputa.

marco
marco
28 Febbraio 2016 16:01

menomale Sig. Luca che c’è qualcuno come lei che DIFFONDE informazioni ……non se ne può più di certi messaggi “a favore” a senso unico.
aggiungo una sola cosa

vorrei capire come fa l’autore a definire una bufala sul “concentrato cinese” QUALCOSA CHE E’ PERMESSO A NORMA DI LEGGE
chi stabilisce che era una bufala??
lei lo sa che la legge lo consente ?
lei lo sa che nel porto di salerno arrivano tonellate ci pomodori cinesi che poi vengono trasformati?
e tutto questo è consentito dalla legge ?! LEI LO SA?

glielo ricordo io
quello che non è consentito è nei pomodori freschi e prodotti similari (pseudo freschi)
ma è mai andato a comprare un concentrato al supermercato?
noterebbe prodotti “garantiti 100%” e prodotti di cui non è nota la provenienza

SMETTIAMOLA DI CONFONDERE I CONSUMATORI a favore DEI PRODUTTORI
questa cosa è irritante

Claudio (il musicista)
Claudio (il musicista)
29 Febbraio 2016 10:41

A mio giudizio, il primo problema che deriva da questa stolta politica di import-export è l’inquinamento. Si parla tanto di ‘km zero’ e poi importiamo tonnellate di alimenti, continuando a inquinare il pianeta, mangiando così cibi non più freschi, stivati in navi o silos, a volte per mesi, in attesa di essere lavorati. Capisco che per alcuni prodotti (come spezie, frutta esotica, etc.) sia inevitabile, ma il grano! Non basta alla richiesta del mercato? Mangiamone meno, ma solo quello di ottima qualità. Oltre alla provenienza, c’è anche la lavorazione. Ho gustato pasta artigianale del sud squisita, perché essiccata all’aria, senza forni o interventi alieni dalla tradizione. La soluzione? Torniamo all’artigianato, favorendo l’attività delle tante piccole aziende locali, non comperando più i prodotti delle mostruose fabbriche alimentari, esposti nei mostruosi supermercati.

fabrizio quaranta
fabrizio quaranta
2 Marzo 2016 12:41

Ben venga un dibattito ragionato e concreto su un argomento centrale della vita di milioni di cittadini: alimentazione, benessere, territorio, salvaguardia del paesaggio e dell’identità, prevenzione dei crescenti disastri idrogeologici.

Una buona e corretta Agricoltura permette tutto questo a costi che NON POSSONO ESSERE TUTTI A CARICO degli operatori attivi, diventano accettabili se spalmati sull’intera comunità che beneficia di un ambiente migliore , a minor rischio COSTOSISSIME calamità e FONTE DI REDDITO extra-agricolo (turismo, ristorazione, commercio, trasporto, logistica , servizi…) di cui non se ne possono pretendere SOLO I VANTAGGI. Quindi sussidi ed incentivi a chi tutela bellezza e sicurezza per tutti.

Il grano duro ha visto ridurre le superfici di ca 3-400.000 ha negli ultimi anni soprattutto negli ambienti più vocati del CentroSud-Isole (vero crollo in Sardegna e Toscana) soprattutto per la difficoltà a coprire i costi di produzione con un prezzo troppo basso. Ma il prezzo è internazionale e risente di troppi fattori (clima, tensioni politiche, accordi commerciali..), quindi non si può ululare alla luna ma solo pretendere sacrosante politiche di sostegno al reddito degli agricoltori.

Se si rimettono in produzione solo parte di quelle centinaia di migliaia di ettari è fin troppo OVVIO arrivare a produrre quel 1.5 milioni di tonn in più per soddisfare il fabbisogno interno e soprattutto estero della nostra MERAVIGLIOSA PASTA simbolo principale del Made in Italy (ca 6 milioni di tonn, contro una produzione media annuale nazionale che oscilla tra 4 e 4.5 milioni di tonn).

NESSUNO DIMENTICHI che il successo crescente della pasta italiana significa relativi redditi e posti di lavoro diretti e dell’indotto- CENTINAIA DI MIGLIAIA- pensare sempre prima di gettare fango su noi stessi, vero sport nazionale, ben recepito dai media stranieri…).

E’ vero però che da questo “successo” non possono essere esclusi gli artefici primari del prodotto e quindi invece di scannarsi , si persegua un accordo tra le parti che dia visibilità e maggior reddito alle produzioni locali di qualità con i soliti strumenti di marchi e garanzia, trasparenti e forti.

Ma anche i consumatori e i GIORNALISTI non soffino sul fuoco dello scandalismo allarmistico che fa tanto audience (e pubblicità….) a forza di slogan e luoghi comuni ben orecchiabili.

Ricordo quando nel 2008 FINALMENTE (per cause internazionali) il prezzo del grano duro arrivò a 500€ /tonn che ripagava lavoro e dignità dei produttori. Il pacchetto blù da mezzo kg passò da 50 a 70 cent e….SI SCATENO’ L’INFERNO: da TeleKabul alle reti Mediaset tutti concordi a gridare allo scandalo! Eppure il vessato consumatore vedeva aumentare da 8 a 10 centesimi (2 CENTESIMI !!!!) il costo del suo più prestigioso piatto salutare e digeribile, simbolo del Made in Italy ecc ecc…

Se si ha la coerenza e la correttezza di vedere i problemi a 360° non ci si pari dietro a miseri egoismi e ancestrali paure di lontanissime carestie. Il costo del cibo, almeno in occidente, ma non solo, è IRRISORIO e qualsiasi annuario ISTAT ci dirà quali sono le VERE VOCI DI SPESA che incidono massicciamente sul bilancio FAMILIARE .

Quindi risparmiare sul cibo è retaggio ancestrale senza nessuna razionalità e concretezza, figuriamoci sull’economicissima pasta di grano duro. Qualche centesimo in più darebbe nuovo slancio e fiducia a tutta la filiera e se ne gioverebbe soprattutto il territorio e il lavoro del Sud. Le “colpe” non sono sempre e solo dei politici e degli “altri”….