La shrinkflation (o sgrammatura) è una pratica, sempre più diffusa, nella quale i produttori diminuiscono la quantità di prodotto mantenendo invariato – o talvolta aumentando – il prezzo. Purtroppo il consumatore spesso non se ne accorge. Il fenomeno prende il nome dalla fusione di “shrink” (ridurre) e “inflation” (inflazione) ed è diventato una strategia ricorrente in tempo di rincari. Dalla barretta di cioccolato che passa da 100 a 90 grammi al detersivo che scende da 3 a 2,75 litri, il risultato è sempre lo stesso: paghi di più, ottieni meno.
L’etichetta anti-shrinkflation
Per contrastare questo inganno, l’Austria sta varando una normativa che prevede l’obbligo di segnalare chiaramente nei punti vendita tutti i prodotti colpiti da shrinkflation. La misura, notificata alla Commissione europea, impone che l’informazione sia riportata sul prodotto, sullo scaffale o tramite cartelli informativi. L’obbligo riguarderà supermercati e farmacie con oltre 400 m² o più di cinque filiali, mentre i piccoli negozi saranno esentati.

Il messaggio dovrà essere immediato e comprensibile: scritte come “Attenzione: meno contenuto – prezzo più alto” dovranno accompagnare i prodotti per 60 giorni dalla modifica. Non serve etichettare beni soggetti a variazioni naturali di peso e volume come frutta e verdura, né quando il rincaro è inferiore al 3%. A nostro avviso si tratta di un limite evidente, perché nei casi in cui la grammatura diminuisce, anche mantenendo lo stesso prezzo i consumatori finiscono comunque per pagare di più senza essere adeguatamente informati.
Previsto anche un sistema di sanzioni: prima una rettifica entro tre giorni, poi multe fino a 2.500 euro per prodotto, che possono arrivare a 15.000 euro in caso di recidiva.
Il caso Iglo
A spingere verso una legge più severa è stato anche il caso Iglo. L’Associazione austriaca dei Consumatori VKI ha ottenuto una sentenza definitiva contro l’azienda, colpevole di aver ridotto il salmone surgelato da 250 a 220 grammi senza informare adeguatamente il pubblico. La Corte d’Appello di Vienna ha riconosciuto la pratica come commercialmente ingannevole, stabilendo un precedente di grande rilievo.
Italia: la normativa slitta al 2026
Mentre l’Austria accelera, l’Italia rinvia. La misura anti-shrinkflation prevista dal DDL Concorrenza – inizialmente attesa nel 2024 – è stata posticipata al 1° luglio 2026, lasciando ai consumatori italiani il compito di individuare gli aumenti occulti senza aiuti normativi.
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos.com
Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione



No beh questa poi… È un legge assurda! Inapplicabile.
Era così difficile fare invece una legge che obbliga ad esporre SOLO il prezzo per unità di peso?
Più che altro, sarebbe opportuno rendere evidente il peso sui cartellini degli espositori, così come già si fa con prezzo/confezione che è in caratteri più grandi rispetto al prezzo/kg.
Così il consumatore abituato ad acquistare un prodotto che riporta per esempio “€1,99 -100 g” davanti ad un “€1,99 – 85g” avrebbe l’immediata evidenza della sgrammatura.
Questa è una delle numerose pratiche che mi scoraggiano sempre di più dal comprare presso la GDO e in particolare prodotti finiti, una delle più odiose, a dir la verità.
Proprio qualche giorno fa mi è capitata in mano una barretta di famosa marca (peraltro, non ha convinto, ulteriore motivo per non acquistarla più): non ho potuto fare a meno di fotografarla confrontandola all’incarto (rimasto invariato).
La barretta riempiva sì e no il 60% dell’incarto.
Ennesimo abbaglio causato dal fatto che il prodotto era in offerta e da brave allodole, siamo caduti nella trappola dello specchietto.
Certo è che questo prodotto non lo acquisteremo più, così come molti altri, comunque.
occorrono tutti e due: sia le regole cioè le leggi come deterrente sia i prezzi esposti in euro a quantità (peso, litri)