Il grasso di colore rosso ottenuto dal frutto della palma da olio, tradizionalmente utilizzato per cucinare nei paesi produttori, dopo la raffinazione diventa banco ed è considerato l’olio più consumato al mondo. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) la produzione globale è più che triplicata negli ultimi vent’anni, passando da 12,8 milioni di tonnellate nel 1992 a 49,4 nel 2011. Malesia e Indonesia detengono circa l’85% della produzione mondiale, mentre i maggiori importatori sono India, Cina, Pakistan e, in misura minore, Unione Europea e Stati Uniti. A differenza di India e Cina, dove l’olio di palma è utilizzato sia come ingrediente nelle cucine domestiche sia per la preparazione di alimenti confezionati, in Europa e negli Stati Uniti si usa prevalentemente nell’industria alimentare. Secondo il Rainforest Action Network (Rete d’azione per le foreste pluviali) l’olio di palma viene oggi utilizzato in circa il 50% dei prodotti reperibili nei supermercati. Secondo Datamonitor (un’agenzia internazionale di ricerche di mercato) nel periodo 2005-09 quasi 2.500 nuovi prodotti di largo consumo siano stati formulati utilizzando olio di palma.
L’ingresso del grasso tropicale nell’alimentazione degli europei è un fenomeno abbastanza recente, registrato dopo la scoperta delle evidenze sulla nocività degli acidi grassi trans, “non naturali”, e la decisione dell’industria alimentare di modificare le ricette dei propri prodotti. Fra i possibili sostituti degli acidi grassi trans, l’olio di palma è emerso come l’alternativa più vantaggiosa per tre motivi: costa poco, è versatile ed è solido a temperatura ambiente grazie all’elevato livello di grassi saturi. La sostituzione ha portato sicuramente un “guadagno” notevole dal punto di vista della salute. Inizialmente, l’olio di palma veniva spesso nascosto dalla dicitura “oli vegetali”, ma dall’approvazione del dicembre 2014 della nuova legge sulle etichette alimentari, le aziende sono obbligate a indicarne la presenza.
In un’ottica di prevenzione del rischio cardiovascolare, la principale causa di morte nel mondo secondo l’Oms, non possiamo però affermare che l’olio di palma sia salutare. Infatti contiene il 50% di grassi saturi, rispetto al 16% della soia, il 17% nell’olio di arachidi, il 13% in quello di mais e oliva, il 10% nell’olio di girasole e del 7% in quello di canola. Come ampiamente dimostrato da numerosi studi scientifici, i grassi saturi aumentano il livello di colesterolo totale nel sangue e quindi vengono linearmente associati a una maggiore incidenza di morte per malattie cardiovascolari.
L’altro problema è che l’acido palmitico (l’acido grasso saturo che rappresenta il 50% del prodotto) è considerato più dannoso di altri. In un documento elaborato nel 2003 – Diet, Nutrition and the Prevention of Chronic Diseases – l’OMS afferma l’esistenza di prove convincenti (p. 82) sulla correlazione tra aumento del rischio di malattie cardiovascolari e l’assunzione di alimenti ricchi di acido palmitico e per questo invita a fare scelte più salutari.
Tuttavia alcune recenti ricerche (*) mostrano che non solo il tipo grasso, ma anche la struttura molecolare giochi un ruolo nell’aumento del colesterolo. Su questi studi si basa la “campagna pro-olio di palma italiana” dove si sostiene che nonostante l’alto contenuto di grassi saturi e di acido palmitico, l’olio di palma risulta un grasso salutare per tre motivi:
- Data la sua disposizione spaziale all’interno dei trigliceridi (grassi), l’acido palmitico sembrerebbe non essere assorbito in maniera completa dall’organismo umano;
- Sebbene aumenti il colesterolo totale, sembrerebbe non alzare i valori di colesterolo “cattivo” (LDL);
- Contiene una buona percentuale di acido oleico (acido grasso rappresentativo dell’olio di oliva) che bilancerebbe l’effetto negativo degli acidi grassi saturi in generale e del palmitico in particolare;
- Nella sua forma naturale è un’ottima fonte di β-carotene (precursore della vitamina A), tocoferoli e tocotrienoli, sostanze con nota funzione antiossidante.
Nonostante questo tentativo di riabilitazione dell’olio di palma, queste ricerche risultano in disaccordo con altri studi. Ad esempio, si ricorda una politica del governo delle Mauritius sul consumo di olio di palma che ne ha drasticamente diminuito l’utilizzo comportando un calo significativo di decessi dovuti a malattie cardiovascolari. Coerentemente con questo, un gruppo di ricercatori dell’università di Stanford e Oxford ha pubblicato nel 2013 un articolo sul British Medical Journal (Palm oil taxes and cardiovascular disease mortality in India: economic-epidemiologic model) dove si dimostra che l’applicazione di un’accisa del 20% sul prezzo dell’olio di palma in India (dove l’olio di palma è largamente utilizzato) porterebbe a una riduzione di morti per malattie cardiovascolari del 2-3% (da 710mila a 930mila decessi evitati).
Come se non bastasse, le principali tesi a sostegno della “campagna pro-olio di palma” sono in contrasto anche con le linee guida del National Heart, Lung and Blood Institute (Istituto Nazionale Americano per lo studio del Cuore, Polmoni e Sangue), dove l’olio di palma viene classificato come uno dei principali grassi da consumare sporadicamente (così come il burro e l’olio di cocco) per l’alto contenuto di acidi grassi saturi.
Vale la pena ricordare che il grasso tropicale nella sua forma vergine è considerato più sano, ma in Europa viene commercializzata la versione raffinata, che come tutti gli altri oli di semi subisce un processo di decolorazione, deacidificazione e deodorazione per renderlo insapore, inodore e di colore giallo-trasparente. In questo modo l’olio riduce drasticamente il contenuto degli antiossidanti e vitamina A, la cui azione positiva è quindi da non considerare.
Infine va detto che la ricerca di Fattore-Fanelli, utilizzata peraltro dall’azienda italiana Barilla nel marzo del 2015 per sostenere la propria posizione a favore del palma, è stata finanziata dall’Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane (AIDEPI). Quattro dei cinque co-autori dell’altra ricerca di Fattore dichiarano inoltre di aver avuto dei rapporti negli ultimi tre anni con l’Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane (AIDEPI) o con Soremartec Italia s.r.l (società del gruppo Ferrero), organizzazioni che hanno evidenti interessi commerciali nei prodotti contenenti olio di palma.
Appurato che, secondo la maggior parte degli esperti in materia, l’olio di palma non è da considerarsi un grasso salutare e per questo da consumarsi occasionalmente, ci sono poi le ben note problematiche ambientali legate alla coltivazione della palma da olio, che ha comportato il massiccio disboscamento di numerose foreste tropicali sia in Malesia sia in Indonesia. Per questo ci sembra del tutto logico invitare le aziende a sostituire o quantomeno a ridurre l’utilizzo dell’olio di palma offrendo ai consumatori scelte più salutari e sostenibili.
(*) (Elena Fattore e Roberto Fanelli –Palm oil and palmitic acid: a review on cardiovascular effects and carcinogenicity; Elena Fattore e colleghi – Palm oil and blood lipid–related markers of cardiovascular disease: a systematic review and meta-analysis of dietary intervention trials; A.S.H Ong e S.H Goh – Palm oil: A healthful and cost-effective dietary component)
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Michela Carucci
Tutta questa salubrita’ dell’olio di canola non la vedrei … il canola, (o colza per meglio identificarlo) e’ un olio usato principalmente come biocombustibile e in subordine ad usi alimentari e fu protagonista negli anni ’80 di un grosso scandalo alimentare se ben ricordo.
L’ olio di canola e l’ olio di colza non sono la stessa cosa. La pianta è la stessa, ma il canola è una selezione dove è stato eliminato l’ acido erucico tossico presente nell’ olio di colza naturale, e sostituito con l’ acido oleico, per cui l’ olio di canola ha le stesse proporzioni di acidi grassi dell’ olio di oliva. Non esiste nessuno studio che ne suggerisca la pericolosità ed infatti nei Paesi freddi come Canada e Svezia è l’ olio alimentare più diffuso ormai da anni. Oltretutto proprio l’ adattabilità della pianta a climi a scarsa biodiversità lo rende una delle coltivazioni a più basso impatto ambientale.
Ancora????? Vi rendete conto che immancabilmente ogni giorno sfornate articoli incriminanti contro l’olio di palma: fa malissimo “nuoce gravemente alla salute peggio del fumo”…. questo Professorone declama questo, quella industria alimentare si giustifica così…raccogliamo le firme!! Ma vi occupate solo di questo??
Tutti sanno che è impiegato da “anni” nelle industrie alimentari, ma gli occhioni dei poveri orango che guardano alla deforestazione non sono mai stati ripresi fino ad oggi… Vi siete accorti solo nel 2015 dopo che ne avete mangiato come tutti a barattoli?
Maaahhh la cosa mi pare quantomeno strana, mi chiedo a questo punto chi vi sovvenziona per questa campagna denigratoria ……
Il sito si sovvenziona con i banner pubblicitari. La nostra campagna sta contribuendo a modificare tante ricette e anche Barilla e Ferrero si sono convinte che bisogna cambiare un pochetto !!!! Una sola nota forse non tutti sapevano che il palma era così presente dappertutto . Oppure tutti gli addetti ai lavori ,ma non certo i consumatori
a chi parla di olio canola, voglio solo ricordare che la maggior parte di quello che viene prodotto nel mondo è OGM.
La cosa grave non è tanto che immancabilmente ogni giorno si fanno articoli contro l'(abuso/invasione di) olio di palma.
A mio avviso la cosa grave è che viene lanciata una petizione e vengono proposte le diverse alternative senza che, come La Pira stesso ha scritto in risposta ad un mio commento in un altro articolo, siano stati analizzati (né dai promotori della petizione, né da altre organizzazioni competenti sull’argomento a quanto pare) gli impatti (ambientali e non) che la riduzione/eliminazione olio di palma e il conseguente aumento di produzione delle alternative possono avere!!
Come ho già detto a La Pira, non sono né giornalista né scienziato, ma non faccio fatica a pensare molto banalmente che se ad esempio l’olio di palma ha una resa molto più alta dell’olio di girasole gli ettari occupati per la produzione di quest’ultimo a diventeranno necessariamente di più. Sicuramente non ci sarà deforestazione per piantare palmeti (ottimo), ma non è che i girasoli verranno coltivati sui balconi…un’area attualmente occupata da “altro” dovrà essere dedicata ai girasoli…e questo “altro” cosa sarà e dove ? E via di seguito… Il mio è un ragionamento terra terra, ma se si estendesse tutti gli oli e grassi alternativi, forse ne scaturirebbe un quadro più completo (che magari darebbe lo stesso ragione alla teoria del Fatto Alimentare) Io credo però che prima di indirizzare le scelte e le opinioni di così tante persone (perché è innegabile che un sito come questo lo faccia, se non altro per la reputazione che si è costruito nel tempo) credo sarebbe stato più corretto avere dei dati a supporto.
La risposta era stata che il sito si occupa di food e non di ambiente. La trovo un risposta che non fa onore né al sito né a chi l’ha data perché: 1) della deforestazione causata dall’olio di palma qui se ne parla spesso e anche in questo articolo; 2) Food e ambiente non sono argomenti scindibili visto dal momento che coinvolgono l’agricoltura.
Ma il mondo delle imprese si è posto il problema ha fatto analisi di impatto ambientale per valutare gli aspetti della deforestazione, ha distrutto le foreste senza scrupoli solo perché il palma costava poco. Adesso lei chiede a ilfatto alimentare di fare analisi agro alimentari prima di fare una petizione contro un olio che fa male alla salute assunto nelle quanitita attuali.
Mi sembra pretenzioso .
Ridurre il problema della deforestazione all’olio di palma é veramente inaccettabile.
A parte il fatto che vine abbattuta foresta per fare spazio anche ad un’infinita di altri prodotti, a cominciare da cacao caffè o anche i pascoli per l’allevamento. Poi c’è da considerare che la popolazione mondiale sta crescendo molto rapidamente, soprattutto nel sud est asiatico, e da qualche parte bisogna trovare lo spazio per nutrire svariati milioni di nuovi individui all’anno.
L’olio di palma è stato scelto dalle aziende perché costa poco, e costa poco perché ha una buona resa ed è relativamente facile da coltivare.
Comunque non mi sembra assolutamente pretenzioso chiedere che quando vengono investiti così tanto tempo e spazio d’informazione per un determinato argomento lo si faccia partendo da basi scientifiche.
Certo pubblicare titoli ad effetto e foto di orango con gli occhioni forse fa aumentare il numero di click e delle entrare pubblicitarie ma non mi sembra il modo migliore di procedere.
Sarò un ingenuo come già ha avuto modo di dirmi una volta, ma ho sempre pensato che un’inchiesta giornalistica corretta debba partire da un’analisi il più possibile completa, per arrivare poi ad una conclusione. Siccome da questa testata non mi aspetto niente di meno che un’inchiesta giornalistica corretta (altrimenti non la leggerei tutti i giorni come invece faccio, né perderei tempo a scrivere commenti anche articolati, pur con tutti i miei limiti), mi ha stupito scoprire che non sia stata fatta alcuna analisi, studio, chiamatela col termine che preferite, ma ci si sia limitati a postulare una conclusione sia pur vera (l’olio di palma è dappertutto, fa male e causa deforestazione, quindi basta). Io (in questo momento) non sto discutendo la conclusione in sé, ma il fatto che non avete nulla a supporto per dimostrare che la sostituzione di un ingrediente con altro/i non abbia a sua volta impatti ambientali o nutrizionali altrettanto rilevanti o che ne abbia solo di positivi. Altrimenti allo adesso modo io posso dire che ci sono troppe persone che non arrivano a fine mese (vero anche questo) e lancio una petizione affinché a tutti indistintamente vengano garantiti 1500€ al mese senza preoccuparmi di capire se questo sia davvero fattibile e quali impatti e conseguenze comporti a 360 gradi. Non chiedo né tanto meno pretendo nulla dal Fatto Alimentare, cerco però di leggervi con spirito critico e non come se stessi consultando l’oracolo di Delfi e quando trovo qualcosa che non trovo corretto esprimo il mio parere (quando la moderazione me lo consente).
Mi scusi ma questo non è un lavoro da giornalisti ma da ricercatori di mercato , da analisti di ambiente. Il problema esiste ed è vero ma non dobbiamo risolverlo noi ,ma le aziende che hanno a cuore la salute dei cittadini e il loro trend di vendite e che hanno scelto di favorire la deforestazioen senza troppe analisi ambientali. Le soluzioni esistono e forse costano un pochetto di più. La deforestazione è reale, l’incremento delle aree coltivate non è un problema . Oppure facendo il suo ragionamento dobbiamo dire che senza olio di palma non si può più vivere !!!!
Ma come fa a dire che l’incremento delle aree coltivate non è un problema? Certo potremmo sostituire tutto l’olio di palma che importiamo con coltivazioni di girasole in pianura padana (che abbiamo già deforestato) ma a scapito di altre produzioni.
Il compito del giornalista forse non è di risolvere il problema, ma è comunque necessario essere razionali di fronte ad esso.
Come ho scritto nell’altro commento è ridicolo presentare l’olio di palma come causa della deforestazione, questa avviene indipendentemente dal tipo di coltivazione e ha cause più articolate che la semplice avidità delle multinazionali.
Per concludere penso che quasi nessuno voglia nascondere gli elementi critici dell’olio di palma ma bisogna porsi in modo onesto, non esagerare il problema e guardare la situazione in modo completo (la deforestazione è un problema molto più vasto della coltivazione del palma e molti dei prodotti che utilizzano quest’olio, ad esempio la nutella, sarebbero porcherie anche con un olio diverso).
Ma come ha fatto il mondo a vivere senza il palma! Come hanno fatto le aziende alimentare a produrre senza il palma?
Il mondo e la società cambiano, oggi più rapidamente che mai. Solo 15 anni fa c’erano un miliardo di persone in meno sulla terra, e in termini di crescita le zone più colpite sono quelle equatoriali. Come noi italiani per evolverci e crescere economicamente abbiamo fatto piazza pulita in pianura padana (che era un’unica interminabile foresta) anche quelle popolazioni hanno bisogno di spazio. E la situazione è sempre più problematica ma l’olio di palma c’entra ben poco.
Allo stesso modo non vedo l’utilità nel dire “ma prima”, qualche decina di anni fa se si voleva un dolce lo si faceva in casa col burro, cambia poco dal punto di vista salutare e di impatto ambientale visto gli sforzi per l’ambiente che l’allevamento comporta.
Oggi siamo invasi da prodotti industriali e invogliati a consumare in quantità da pubblicità martellanti e scorrette, ma l’olio di palma è solo un sintomo di questo problema non l’origine.
Come detto prima su un tema a voi caro, la nutella, anche se Ferrero cambiasse di punto in bianco tipo di materia grassa certo non si trasformerebbe in una colazione sana ed equilibrata come ci vole fare credere.
È un fatto di educazione alimentare.
Sign.ra Lucia,
sono d’accordo con lei, e più volte mi sono espresso in tal senso in questo sito; E’ doveroso informare il consumatore su cosa mangia, sulla nocività di alcuni ingredienti soprattutto sui rischi che si corrono se questi vengono ingeriti in elevate quantità e costantemente, ma è altrettanto vero che non è il singolo ingrediente che fa la “qualità” del prodotto soprattutto se il prodotto è di tipo industriale, di largo consumo e quindi con un costo accessibile alla maggior parte dei consumatori !! Come dice (bene) lei, anche potendo ottenere lo stesso risultato dal punto di vista sensoriale, non è che sostituendo il 50% di olio di palma con, ad esempio, il 50% di olio di girasole si otterrebbe un prodotto salutare tale da poterne aumentare il consumo in maniera significativa !! Quindi tutto sta nell’informare il consumatore, in modo equivalente e non sbilanciato su un ingrediente piuttosto che su un altro, su tutti i rischi associati ad un abuso del consumo di prodotti industriali, orientandolo verso una dieta più sana e più ricca di alimenti semplici e quindi non trasformati !!
Sostituendo la metà del alma si contribuirebbe a deforestare meno e il contenuto di acidi grassi saturi si ridurrebbe di molto e la qualità nutritivo del prodotto migliorerebbe.Ci vuole poco a capirlo .
Io non vi ho mai chiesto di risolvere alcunché. Siete stati voi a proporre la soluzione sotto forma di petizione e promuoverla con svariati articoli! Mi aspettavo semplicemente che per farlo voi aveste considerato il problema a 360 gradi. Non lo avete fatto e da quanto scrive non lo farete. È legittimo da parte vostra. I motivi per cui non lo ritengo corretto li ho scritti più volte, non mi ripeterò ulteriormente. Credo di avere sempre posto le mie obiezioni in modo chiaro, spiace che sia sempre così difficile capirsi…
“Sostituendo la metà del alma si contribuirebbe a deforestare meno e il contenuto di acidi grassi saturi si ridurrebbe di molto e la qualità nutritivo del prodotto migliorerebbe.Ci vuole poco a capirlo.”
Vero.
Tanto quanto dire: “sostituendo la metà delle automobili con biciclette si contribuirebbe ad inquinare meno, le polveri sottili presenti nell’ambiente si ridurrebbero di molto e la qualità dell’aria che respiriamo migliorerebbe. Ci vuole poco a capirlo.”
So che non è un paragone “food”, ma la logica è logica in tutti i campi. Entrambe le affermazioni sono vere. Quello che manca è uno studio di fattibilità che ne analizzi gli impatti (banalmente, aumento domanda produzione bici, diminuzione domanda produzione auto, fruibilità del nuovo mezzo a parità di distanza da percorrere, le prime cose che mi vengono in mente…) e che ne determini i pro e i contro attraverso i quali si può dire che la soluzione proposta è fattibile e migliorativa rispetto al problema che si pone di risolvere e che non generi a sua volta ulteriori problemi (ad esempio ho risolto il problema inquinamento ma ora quelle persone non possono raggiungere il luogo di lavoro senza auto).
Ciò non toglie che uno studio di fattibilità dimostri che si possa fare e che effettivamente i “pro” sarebbero superiori ai “contro”. Ma va fatto, direttamente o indirettamente da parte di chi si assume la responsabilità di proporre la soluzione. Al bar, proporre soluzioni senza averne verificato la fattibilità è tollerabile. Su un sito come questo che volente o nolente con la sua forza e reputazione indirizza l’opinione e conseguentemente i comportamenti dei lettori o parte di essi, a mio avviso tollerabile non è.
Grazie per il contributo. Le aziende prima di usare il palma non hanno certo pensato di fare uno studio di impatto ambientale, uno studio sui problemi di salute derivanti dall’invasione del palma nella dieta degli italiani e oppure abbiano solo fatto un calcolo economico e tecnologico. Lei chiede a noi che facciamo i giornalisti di un piccolo sito di sostituirci a quanto avrebbero dovuto fare altri. Noi diciamo che troppo palma fa male , che esistono alternative altri devono dare risposte ( ministeri, autorità sanitarie, associazioni industriali …). Non confondiamo i ruoli. Mi scusi il paragone è come se noi denunciassimo un malaffare e poi dovremmo anche assolvere al ruolo della magistratura o della polizia giudiziaria.
Salve,
segnalo che la COOP, commercializza ancora dei suoi prodotti con olio di palma: biscotti e grissini.
Mi ero da tempo riproposto di non intervenire più sull’olio di palma viste le sparate ideologiche e le interpretazioni più strane, ma data la pubblicazione del grafico soprariportato sul contenuto dei vari tipi di grassi in acidi saturi (manca qualcosa di interessante sui trigliceridi), domando come mai uguale campagna con raccolta di firme per petizioni parlamentari , in favore della “protezione dei consumatori dall’accumulo di colesterolo (cattivo) e dell’impatto ecologico”, non sia stato fatto contro il grasso vaccino (burro, formaggi, latte e tutti i prodotti che lo contengono). Il rapporto quantitativo non è stato considerato, né per gli acidi grassi saturi, e tantomeno per l’emissione di CO2. Suvvia, dedichiamoci a battaglie meno ideologiche, più utili e qualificanti, per favorire una corretta cultura alimentare che abbia un impatto veramente positivo e fattibile !
Il suo discorso si può sintetizzare dicendo ci sono tanti altri problemi da esaminare perché focalizzarsi sul palma. Vede Costante noi trattiamo tanti problemi ogni giormo. Il palma ci sta a cuore come altri ma ormai grazie al nostro lavoro ha assunto dimensioni ampie per cui ne dobbiamo parlare di più. Se ha suggerimenti invii un piano dettagliato sulle prossime petizioni e sui temi che lo prenderemo in considerazione.