“Una dieta a base di grano khorasan Kamut® è l’alleata perfetta nella riduzione del rischio cardiovascolare e dei sintomi del colon irritabile”. È il titolo di un comunicato stampa inviato dalla Kamut Enterprises of Europe, responsabile della commercializzazione dei prodotti realizzati con il frumento coltivato tra gli Stati Uniti e il Canada. Il dossier presenta i dati relativi a tre studi condotti in collaborazione con ricercatori l’Università di Firenze, tre dei quali sono anche curatori di un dossier diffuso dall’azienda sulle “proprietà benefiche del grano khorasan”.
La tesi della multinazionale è chiara: i prodotti sul mercato sono preparati con varietà di frumento che rispetto a quelle antiche hanno una qualità inferiore e una minore biodiversità di nutrienti. Nella comunità scientifica però pochi sono d’accordo con queste argomentazioni che hanno il sapore della trovata pubblicitaria. O meglio: se dei benefici ci sono, i meriti sono da riconoscere alle caratteristiche tipiche del grano khorasan (triticum turanicum), e non solo a quello di marca “Kamut”, che è il nome registrato della società che vende questo cereale.
«È una varietà di frumento – spiega Laura Gazza, ricercatrice dell’Unità di Ricerca per la valorizzazione qualitativa dei cereali del Consiglio di ricerca in agricoltura – con un glutine molto destrutturato: si spiega così la sua più facile digeribilità, simile a quella che si riscontra quando si consumano prodotti a base di farro, di grano monococco e di senatore cappelli. Nessuno studio, al momento, ha confrontato le proprietà del Kamut con quelle dei prodotti a base di khorasan. E nemmeno la distinzione tra antico e moderno regge: sul piano scientifico ciò che distingue il khorasan da molti altri grani è soltanto la strutturazione del glutine, misurabile attraverso l’indice alveografico (w) che ne indica la forza».
Alimenti a base di grano khorasan, ma privi del marchio, si producono e si vendono infatti anche in Italia: Puglia, Basilicata e Toscana le regioni più attive in tal senso. I benefici che apportano a tavola sono gli stessi. «Gli effetti citati in queste pubblicazioni – dichiara Marina Carcea, primo tecnologo ed ex direttore del programma cereali del Centro di Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione (Cra-Nut) – sono stati riscontrati in diversi studi in cui cereali integrali di varie specie vengono utilizzati nell’alimentazione. Il merito, in qualunque caso, è da ascrivere soltanto agli strati esterni della cariosside, ricchi di sostanze benefiche». Anche Silvio Danese, responsabile del centro di ricerca e cura per le malattie infiammatorie croniche intestinali dell’istituto Humanitas di Milano, è scettico circa gli “speciali” meccanismi di azione della farina di khorasan vantati dalla Kamut sulla modulazione della risposta infiammatoria. «Quanto all’intervento terapeutico sui pazienti affetti da malattia Crohn e rettocolite ulcerosa, devo frenare l’ipotesi. Lo studio citato è stato condotto su un campione ridotto di persone: non è possibile diffondere un messaggio simile a tutti i pazienti affetti da queste malattie».
I grani coltivati durante e dopo la rivoluzione verde hanno subìto una selezione in base a due caratteristiche fondamentali: la produttività, legata al nanismo e alla fertilizzazione, e l’aumento della forza del glutine. Una svolta richiesta soprattutto dall’industria, visto il largo uso che si fa oggi di grani duri e teneri nei processi di panificazione e pastificazione. La stessa sorte non è invece toccata al khorasan, ancora molto simile a quello che si coltivava migliaia di anni fa in Anatolia.
Chiosa Enzo Spisni, docente di fisiologia della nutrizione all’Università di Bologna. «Nessuno ha considerato i possibili danni ambientali e gli effetti sulla salute umana di questi passaggi. Nel tempo il frumento potrebbe aver acquisito qualche componente infiammatoria». Di fronte a queste dichiarazioni, dunque, diventa alquanto prematuro celebrare le proprietà nutrizionali del grano korashan. Tutto ciò ha invece un significato all’interno di un’operazione di marketing che tende a identificare la totalità di questo grano con il solo marchio Kamut®.
Fabio Di Todaro, Twitter: @fabioditodaro
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Quindi se capisco bene le proprietà benefiche del khorasan (Kamut o meno che sia), si hanno solo se si assume farina integrale, se invece lo si usa sotto forma di farina 00 non fa nessuna differenza?
Le proprietà benefiche del Khorasan sono soprattutto quelle di avere un glutine meno complesso e più velocemente digeribile dal nostro organismo. La semola integrale (credo si debba chiamare così visto che è un antenato del grano duro) ha il vantaggio di apportare sali minerali e vitamine che non sono invece presenti nella parte interna del chicco, quella da cui si ottiene appunto la semola normale.
Secondo me però quando si acquista una semola o una farina integrale dobbiamo controllare bene che sia biologica poiché i diserbanti utilizzati nelle colture tradizionali si depositano nella parte esterna del chicco che poi viene macinata insieme al resto.
Ciao, io sono abruzzese e da noi si vende (presso alcuni mulini o negozi bio) una farina chiamata Saragolla(non è un marchio, ma è certificata bìo). Mentre cercavo delle ricette per utilizzarla, ho trovato un articolo in cui si parlava di grani duri e citavano la “senatore Cappelli” e la Saragolla esaltandone le qualità soprattutto per chi ha problemi di allergia alle farine normali. In questo articolo si afferma che il khorasan senza marchio si trova sotto il nome di Saragolla in alcune regioni. Non si trovano molte informazioni a riguardo e non ho modo di capire se vi sia una effettiva parentela tra kamut e saragolla, ma allo stesso tempo se fosse così, le persone potrebbero avere il khorasan sotto gli occhi ma non sanno che è chiamato con un altro nome. E’una farina più scura della semola normale. La compro molita a pietra e non posso mangiare farine integrali ma c’è anche la versione integrale. Impasto il pane e la pasta ed è buonissima, le sue qualità si percepiscono subito. Spero di avere una conferma da Voi! Grazie!
il khorasan è il Triticum turanicum, mentre il Saragolla è Triticum turgidum durum
Sono due grani diversi ma sono tutti e due grani antichi. Questa è la differenza. Il grano antico è quello cui i nostri geni sono abituati, quello moderno è quello che causa l’1% della popolazione celiaca.
Grazie per la risposta.
In merito a questa ho trovato un interessante articolo in cui si parla del Triticum e le sue sottospecie (dicoccum, turanicum, bulgarium etc). Quindi parliamo comunque di grani duri (come dice l’articolo) forse è bene scoprirli e usarli un po’ tutti! Grazie