Si moltiplicano gli studi che mettono in risalto un legame tra il consumo regolare di elevate quantità di alimenti ultra processati e un incremento del rischio di sviluppare alcune malattie. Negli ultimi giorni ne sono stati pubblicati due, diversi nella metodologia ma simili nelle conclusioni: attribuiscono a questi prodotti un aumento della probabilità di avere lesioni pretumorali precoci del colon retto, che possono preannunciare l’evoluzione verso forme tumorali, e quello di sviluppare ciò che rientra nella definizione di prediabete, ovvero la resistenza all’insulina e altri squilibri metabolici che molto spesso precedono il diabete di tipo 2 vero e proprio.
I polipi e gli ultra processati
Il primo, pubblicato su JAMA Oncology, cerca di rispondere a una domanda sulla quale i ricercatori si interrogano da diversi anni, e cioè come mai stia crescendo l’incidenza di polipi (adenomi) e altre lesioni pretumorali del colon in età giovanile, come risulta dai dati epidemiologici. Per rispondere, i ricercatori dell’Università di Harvard e dell’Ospedale Mass General Brigham di Boston hanno lavorato sui dati del grande studio delle infermiere (parte 2), che ha analizzato le abitudini e la salute di circa 30.000 donne nate tra il 1947 e il 1964, sottoposte ad almeno due colonscopie dell’intestino inferiore prima dei 50 anni e seguite per almeno 24 anni. Di loro erano disponibili anche le informazioni relative alle abitudini alimentari, raccolte ogni quattro anni.

I risultati
Durante il periodo di osservazione i ricercatori hanno scoperto poco meno di 1.200 casi di polipi (adenomi) e circa 1.600 di altre lesioni pretumorali, chiamate serrate. Verificando ciò che le donne erano solite mangiare, il rapporto con gli ultra processati è emerso in tutta la sua evidenza. Infatti, chi consumava le quantità più elevate di alimenti industriali (e cioè in media dieci porzioni) ogni giorno aveva un aumento del 45% di avere un adenoma rispetto a che ne consumava solo tre. Non sembra invece esserci una relazione altrettanto diretta con le lesioni serrate, che di solito precedono tumori a crescita lenta e non sono così strettamente collegate a quelli a esordio precoce. Il rapporto tra quantità di ultra processati e polipi appare inoltre essere lineare, e cioè più se ne consumano, maggiore è il rischio.
Nessuna spiegazione, invece, sulle modalità attraverso le quali l’assunzione di alimenti ultra processati possa predisporre a un maggiore sviluppo di polipi intestinali, ma non è in uno studio osservazionale come questo che si possono comprendere i meccanismi: per farlo, concludono gli autori, è necessario progettare ricerche ad hoc, che andrebbero fatte proprio perché la relazione sembra piuttosto evidente, anche se non è dimostrata l’esistenza di un nesso di causa ed effetto.
Il prediabete e gli ultra processati
Qualcosa di simile è emerso anche dal secondo studio, pubblicato su Nutrition & Metabolism dai ricercatori dell’Università della California di Los Angeles. In quel caso, gli autori hanno selezionato 85 volontari sani e in giovane età (17-22 anni), con una storia di sovrappeso o di obesità, e li hanno seguiti per quattro anni, documentando ciò che mangiavano e tenendo monitorati i parametri che definiscono la resistenza all’insulina e, appunto, il prediabete.
Per verificare l’effetto degli ultra processati, hanno suddiviso ciò che rientrava nella dieta in due categorie: quella degli ultra processati e quella dei non ultra processati, valutando poi la percentuale di apporto calorico rappresentata dalle due classi. Ancora una volta il risultato sembra lasciare pochi dubbi: per ogni 10% delle calorie derivanti da ultra processati si vede, in media, il 56% in più di difficoltà nella regolazione del metabolismo del glucosio e il 64% in più di rischio di prediabete, con valori di insulina crescenti da un controllo all’altro (ulteriore segno che ci si sta avvicinando a un diabete). Di nuovo non ci sono prove del rapporto di causa ed effetto, né dettagli su come la presenza di ultra processati nella dieta possa avere come conseguenza il prediabete, ma l’associazione è forte.
Entrambi gli studi, infine, rafforzano la necessità di comprendere come mai gli alimenti industriali siano associati ad aumenti rilevanti di sviluppare certe patologie, e se all’origine degli effetti negativi vi siano componenti singoli oppure miscele.
© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos
Giornalista scientifica



Molto interessante.
Conferma che seguire una dieta composta da alimenti semplici e freschi, piatti poco elaborati, evitando i piatti pronti industriali, come i piccoli vassoi gastronomici e le zuppe pronte, o le bevande industriali (comprese quelle di cereali in sostituzione del latte) mantiene l’organismo in buone condizioni di salute.
Ma vi è un passaggio nell’articolo, relativo alle modalità di azione del cibo
ultraprocessato nel favorire i polipi intestinali che merita – mi scuso per la mia incomprensione – una disambiguazione:
“… è necessario progettare ricerche ad hoc, che andrebbero fatte proprio perché la relazione sembra piuttosto evidente, anche se non è dimostrata l’esistenza di un nesso di causa ed effetto.”. A me pare contraddittoria questa affermazione…