Se il pesce viene nutrito a mangimi vegetali, la quantità di omega 3 sarà insufficiente

In Palestina gli adolescenti che non sono stati alimentati con quantità sufficienti di acidi grassi omega 3, fondamentali per uno sviluppo armonico del sistema nervoso dei bambini, sono più esposti al rischio di sviluppare un disturbo da iperattività/deficit dell’attenzione (ADHD).

Per la prima volta uno studio pubblicato sull’International Journal of Adolescent Medicine and Health, conferma l’associazione tra questi preziosi nutrienti e l’ADHD in una popolazione di ragazzi che non siano nordamericani o europei. E mette in evidenza anche un altro aspetto, e cioè il fatto che l’apporto di omega 3 tra gli adolescenti palestinesi è molto basso, perché nonostante le principali fonti, il pesce e la frutta a guscio, appartengano alla tradizione culinaria della zona, la dieta ne prevede sempre di meno, a causa della guerra e dell’instabilità della regione che si protraggono da anni. Il danno derivante dalla malnutrizione si ripercuote così sulle generazioni più giovani, che dovranno fare i conti con questi disturbi per tutta la vita.

Lo studio dei ricercatori di Ramallah

Pur essendo anche i Territori Occupati in una situazione estremamente difficile, i ricercatori dell’università Berzeit di Ramallah nella scorsa primavera hanno effettuato un sondaggio accurato su oltre 200 preadolescenti di età compresa tra i 10 e i 12 anni, 38 dei quali con una diagnosi di ADHD, tutti residenti nella West Bank o nel governatorato di Gerusalemme Est. Hanno sottoposto i ragazzi e i genitori a una versione modificata del Food Frequency Questionnaire, uno dei più utilizzati per definire la dieta quotidiana, in questo caso adattato in base alla tradizione culinaria mediorientale (e tenendo conto di quelle musulmana, cristiana e di altre religioni).

Quindi hanno calcolato l’apporto medio di omega 3 tra i ragazzi con ADHD e l’hanno confrontato con quello degli adolescenti che non avevano avuto una diagnosi, trovando alcune differenze che confermano il rapporto tra i grassi insaturi e lo sviluppo cognitivo. L’apporto medio tra i ragazzi con ADHD era infatti di 0,60 unità, quello dei giovani senza di 0,89, con una differenza, quindi, del 33% (il concetto di unità è variabile, e generalmente si associa ai supplementi: una unità è una pillola, che può contenere quantità variabili di omega 3, in genere tra i 250 e i 500 milligrammi. Ma in questo caso non si raggiunge neppure un’unità al giorno).

Mix di frutta secca e frutta essiccata omega 3
Le principali fonti di omega 3 , il pesce e la frutta a guscio, scarseggiano

Si tratta comunque, in entrambi i casi, di valori ben al di sotto di quelli raccomandati dalla FAO, che sono attorno ai 250 milligrammi al giorno. La conferma arriva dal fatto che per ogni unità in più al giorno si ha una diminuzione del rischio di ADHD del 45%.

Omega 3 e disuguaglianze

Dall’analisi delle condizioni socioeconomiche è emerso poi un altro tipo di legame: quello con le disponibilità economiche della famiglia, che in una zona di guerra fanno una grande differenza. Chi ha denaro può infatti cercare di acquistare cibo migliore anche in un campo profughi o in una tenda, ma chi ha perso tutto non può che accontentarsi di ciò che trova, soprattutto se non si permette alle organizzazioni umanitarie di intervenire.

In generale, i ragazzi con genitori con un’istruzione universitaria hanno avuto accesso a dosi maggiori di omega 3, ma molto è dipeso anche dal reddito. Se questo si aggirava comunque attorno ai 1.500 dollari mensili, l’apporto di omega 3 era mediamente superiore del 25% rispetto a quello dei ragazzi cresciuti in famiglie dove non si arrivava ai 600 dollari. La guerra, oltre a tutti gli altri danni, amplifica le disuguaglianze.

La cooperazione

I ragazzi studiati frequentavano le scuole, ed è sulle scuole che, secondo gli autori, bisogna puntare per migliorare la dieta di bambini e adolescenti già duramente messi alla prova, e nei quali, oltre a tutto il resto, la produzione di cortisolo, aumentata a causa dello stress, compromette ulteriormente il metabolismo degli omega 3. La soluzione è nella cooperazione tra medici, nutrizionisti, insegnanti e genitori, che devono collaborare per mettere a punto e poi attuare dei programmi che aiutino bambini e adolescenti ad assumere quantità di omega 3 più adeguate, ciascuno in base alle proprie necessità, in modo gratuito e ampiamente diffuso nelle scuole appunto. Nello specifico, ecco i punti indicati dagli autori.

Le raccomandazioni

1.        Screening di massima per le carenze nutrizionali di omega 3: ogni studente (con particolare attenzione a quelli che mostrano segni di ADHD, anche non diagnosticato) dovrebbe essere sottoposto a uno screening, per capire se la sua dieta mostra carenze.

2.        Programmi educazionali: i genitori, così come i ragazzi, dovrebbero essere coinvolti in iniziative educazionali che li aiutino a comprendere la fondamentale importanza degli omega 3.

3.        Collaborazione con chi mette a punto i menu delle mene scolastiche: è necessario impegnarsi affinché gli assortimenti prevedano esplicitamente alimenti ricchi di omega 3 su base regolare, in modo da contrastare le carenze.

4.        Interventi di tipo socio-economico: le famiglie più disagiate dovrebbero essere sostenute con sussidi, buoni e altri strumenti, affinché riescano ad assicurare cibo adeguato ai figli.

5.        Collaborazione tra medici, insegnanti e altre figure professionali: è indispensabile per migliorare e intensificare il monitoraggio dei ragazzi, affinché i casi di ADHD vengano individuati prima possibile e adeguatamente gestiti, e affinché siano verificati i risultati degli interventi nutrizionali.

Tra i progetti per le fasi successive a quella attuale è importante prevedere interventi nutrizionali mirati, che cerchino di combattere almeno in parte gli effetti devastanti della malnutrizione che si protrae dall’inizio degli attacchi di Israele, e che finora non è stato possibile affrontare a causa dei blocchi degli aiuti. Fornire omega 3 con il cibo può sembrare un piccolo gesto ma non lo è, perché contribuisce a preservare la salute mentale e non solo dei palestinesi di domani.

© Riproduzione riservata. Foto: AdobeStock

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Alberto
Alberto
28 Novembre 2025 13:42

E qual’é invece il rischio di sviluppare ADHD per i ragazzi adolescenti che hanno la disgrazia di vivere in Darfur, dove si combatte una guerra di cui sul Fatto Alimentare non si parla mai?
Grazie, Alberto.

Valeria Nardi
Reply to  Alberto
28 Novembre 2025 13:47

Abbiamo riportato uno studio che è stato effettuato sugli adolescenti palestinesi. Se ci vuole segnalare uno studio o una fonte sul Darfur saremo lieti di considerarla.
Abbiamo parlato del Darfur qui: https://ilfattoalimentare.it/?s=Darfur

Alberto
Alberto
Reply to  Valeria Nardi
28 Novembre 2025 14:53

Dott.ssa Nardi, mi aspettavo questa risposta da Lei: cercherò uno studio e glielo proporrò, anche se non credo di poter accedere alle stesse fonti cui potete accedere Voi, in qualità di testata giornalistica. Ad ogni modo ho fatto anch’io una ricerca nel Fatto Alimentare, ovvero dove avete parlato della Palestina: https://ilfattoalimentare.it/page/2?s=PALESTINA
Che disuguaglianza! E’ proprio vero che tra gli sventurati, ci sono quelli più “fortunati” e quelli meno “fortunati”, sui quali il mondo posa gli occhi solo raramente.
Cordiali saluti, Alberto

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