Ostriche curde aperte disposte a raggiera intorno a mezzo limone su un letto di ghiaccio; concept: molluschi bivalvi

A Natale e Capodanno conviene mangiare le ostriche crude? Anche se l’idea di una cena che inizia con ostriche e Champagne resiste nell’immaginario di molte persone, non è mai una buona idea. Molti, infatti, confondono la freschezza con la sicurezza, per cui pensano che essere in un ristorante di lusso o comprare le ostriche in una pescheria rinomata sia una garanzia. Non è così. La presenza di norovirus non dipende dalla qualità del locale, né dalla bravura dello chef, né dal prezzo pagato. Se il mollusco proviene da un’area dove il virus è presente, arriva contaminato nel ristorante stellato come nel banco refrigerato del supermercato o nella boutique gourmet.

I pericoli delle ostriche crude

A differenza di altri rischi igienici, il ristoratore ha margini di intervento quasi nulli se decide di servire il prodotto crudo: non può ‘bonificarlo’, non può verificare l’assenza di virus, non può affidarsi alla depurazione. I dati scientifici confermano il rischio. Un monitoraggio volontario su molluschi bivalvi (compresi mitili, vongole e ostriche) effettuato in Italia tra il 2018 e il 2020, rivela che il norovirus è stato trovato in una quota significativa dei campioni testati (circa 18% dei molluschi), con prevalenza in particolare in inverno. Un altro studio nel Golfo di Napoli, eseguito su 289 campioni di molluschi, i norovirus GI e GII sono stati trovati rispettivamente nel 10,8% e nel 39,7% dei casi.

Ostriche crude aperte su un tagliere di legno, con ghiaccio, fette di limone e coltello apri ostriche
I ristoratori hanno margini di intervento quasi nulli se decide di servire ostriche crude

Nel marzo 2024, aveva fatto notizia il caso dello chef e della direttrice di un ristorante coinvolti in un focolaio di norovirus durante un banchetto di nozze nel luglio 2021, che aveva colpito una cinquantina di persone, sposi compresi. Secondo quanto ricostruito, l’origine dell’intossicazione era stata il consumo di molluschi bivalvi crudi contaminati. Si tratta di un episodio tutt’altro che isolato, che raramente arriva alle cronache giudiziarie. A spiegare perché il problema non è né raro né marginale è Valentina Tepedino, veterinaria specializzata in prodotti ittici e direttrice di Eurofishmarket, che ha dedicato un approfondimento dettagliato al tema sul suo blog.

I sintomi del norovirus

Nel caso di infezione da norovirus, i sintomi compaiono in genere tra 12 e 48 ore dopo il consumo, con un intervallo che può arrivare fino a 72 ore. Questo può rendere difficile, per alcuni consumatori, collegare l’episodio di gastroenterite alle ostriche mangiate il giorno prima o due giorni prima, magari durante una cena o un pranzo festivo. I disturbi più comuni sono: diarrea improvvisa, vomito, nausea intensa, crampi addominali, mal di testa, talvolta febbre. Nella maggior parte dei casi l’infezione si risolve in 24–48 ore, ma anziani, bambini e persone immunocompromesse possono andare incontro a disidratazione e complicazioni.

C’è poi un aspetto cruciale, spesso ignorato: la carica infettante del norovirus è molto bassa, per cui bastano pochissime particelle virali per causare l’infezione. Tradotto in pratica: anche una o due ostriche crude contaminate possono essere sufficienti. Il problema non è la “non freschezza” del prodotto. I molluschi bivalvi sono organismi filtratori: accumulano tutto ciò che è presente nelle acque in cui vivono, compresi virus di origine fecale. “Nei molluschi bivalvi vivi e vitali i norovirus non sono un caso eccezionale, – spiega Tepedino. – Semplicemente il virus era nelle acque di produzione e i molluschi lo hanno concentrato. Per chi lavora nel settore, trovare norovirus nei campionamenti non è raro”.

Vongole in acqua; concept: molluschi bivalvi, frutti di mare
Nei molluschi bivalvi vivi e vitali (non solo le ostriche) i norovirus non sono un caso eccezionale

A questo si aggiungono due criticità importanti: i sistemi di depurazione utilizzati negli allevamenti sono efficaci contro batteri come Escherichia coli o Salmonella, ma non garantiscono l’eliminazione del norovirus; le analisi sono complesse e costose, e mancano materiali di riferimento certificati per una quantificazione affidabile

Un vuoto normativo che pesa

Nonostante la rilevanza sanitaria, non esistono limiti di legge per il norovirus: né nelle zone di produzione, né nei molluschi destinati al consumo. Questo perché l’unico metodo disponibile rileva il genoma virale, ma non consente di stabilire se il virus sia ancora infettante. Di conseguenza, molte aziende non includono il norovirus nei piani di autocontrollo. Il risultato è che il rischio esiste, è noto agli addetti ai lavori, ma resta largamente invisibile per consumatori e consumatrici.

Mangiare i molluschi cotti riduce il rischio, ma non basta una scottata veloce. Le indicazioni reperibili online sono spesso vaghe o contraddittorie. Il riferimento più autorevole resta l’opinione scientifica dell’EFSA del 2005, che indica come trattamento efficace il raggiungimento di almeno 90°C per almeno 90 secondi nella polpa del mollusco. Una soglia ben lontana dalle preparazioni ‘appena aperte’ o ‘intiepidite’.

Un piatto con tre ostriche alla griglia con formaggio fuso su foglie di insalata con spicchi di limone; concept: ostriche cotte
EFSA raccomanda di cuocere le ostriche in modo tale da raggiungere almeno 90°C per un minimo di 90 secondi nella polpa del mollusco

Su alcune confezioni compare la dicitura “da consumarsi previa cottura”, ma viene spesso ignorata da consumatori e consumatrici, è poco compatibile con l’abitudine di mangiare ostriche crude e raramente viene spiegata o valorizzata nei ristoranti. Come osserva Tepedino, le consuetudini alimentari tendono a prevalere anche di fronte a indicazioni chiare.

Ostriche crude sì o no?

La normativa non vieta di servire o consumare molluschi crudi. Tuttavia richiede una valutazione consapevole del rischio, un piano di autocontrollo adeguato e un’informazione corretta alla clientela. In assenza di strumenti che permettano di azzerare il rischio, l’unica vera tutela resta evitare il consumo crudo o poco cotto, soprattutto per le persone più vulnerabili.

Tra marzo e giugno, sono stati pubblicati diversi richiami di ostriche contaminate da norovirus, ripresi anche dal Fatto Alimentare. Dal 1° gennaio 2025, il Sistema di allerta RASFF ha ricevuto ben 31 notifiche di ostriche contaminate da norovirus (e una da rotavirus), a conferma che il problema non riguarda singoli episodi isolati, ma una criticità strutturale della filiera. Per questo, conclude Tepedino, l’unica vera tutela oggi è un’informazione corretta e onesta, soprattutto per le persone più vulnerabili: anziani, bambini e persone immunocompromesse. E la domanda resta lì, scomoda ma necessaria: a Natale e Capodanno, con tutto quello che sappiamo, conviene davvero mangiare ostriche crude?

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, AdobeStock

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Federico
Federico
19 Dicembre 2025 14:40

Le ostriche cotte?????
20% di prodotto contaminato da norovirus???? No beh dovrei giocare al superenslotto allora visto che un 50 anni non ho mai avuto problemi con le ostriche ( e non sono un consumatore occasionale) .
Cioè se le cose sono come dite voi allora chiudiamo proprio la produzione di ostriche….
Le ostriche cotte non si può sentire .

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