Veterinario suino che controlla un grosso maiale in un porcile. Ispezione di un problema di tubercolosi. allevamento farmaci veterinari antibiotici suini

L’allevamento “zero” si trova a Vernate (Mi). È lì che si è verificato il primo focolaio di Peste suina africana in Lombardia ed è da lì che è probabilmente partito il contagio di altre otto strutture in provincia di Milano, Pavia e Lodi. Lo ha dichiarato il direttore generale welfare della Regione e sub commissario alla Peste suina Mario Chiari in un convegno tenutosi a fine di agosto a Orzinuovi (Bs). L’omessa denuncia della presenza del virus in questo allevamento e le carenze di biosicurezza negli altri hanno causato una parte dei 18 focolai lombardi. In questa regione, però, ci sono oltre 4 milioni di maiali ed è facile rendersi conto di cosa potrebbe succedere se non si controlla ogni focolaio, anche il più piccolo.

Pubblichiamo un’intervista ad Alberto Laddomada (ex dirigente della Commissione Europea e già direttore generale dell’IZS della Sardegna), che riprende e aggiorna due recenti interventi apparsi sul sito Veterinari uniti per la salute.

Cosa si può dire di fronte al proliferare dei casi negli allevamenti?

Avevamo previsto questo mezzo disastro sulla base del peggioramento della situazione Peste suina africana (PSA) nei cinghiali verificatosi nell’autunno 2023 e delle conoscenze sul “picco estivo” nei suini domestici, verificatosi l’anno scorso anche in Lombardia. Probabilmente l’attuale situazione si poteva evitare con una migliore prevenzione. Dal luglio scorso a oggi ci sono stati 24 focolai in Pianura Padana (18 in Lombardia, 5 in Piemonte e 1 in Emilia-Romagna). Sono stati abbattuti o sono in corso di abbattimento oltre 80 mila capi. Una situazione molto grave.

Le dichiarazioni fatte al convegno di Orzinuovi sono utili, perché evidenziano il danno che può causare un singolo allevatore che (come riferito) si comporti in modo irresponsabile, nascondendo la malattia e contravvenendo alla normativa che impone la notifica immediata di mortalità anomale. Come conseguenza di questo comportamento, un terzo dei focolaio di quest’estate sono stati probabilmente originati da questo allevamento “zero”. La carenza di biosicurezza ha fatto il resto. Qualcosa di simile era successo l’anno scorso in provincia di Pavia. Si arrivò perfino a inviare al macello partite di suini infetti, le cui carni finirono in Sardegna e causarono un focolaio per fortuna rapidamente eradicato.

Peste suina bollettino epidemiologico nazionale 03.09.2024 - Istituto Zooprofilattico Sperimentale Abruzzo e Molise
L’area della Pianura Padana sottoposta a pesanti restrizioni è evidenziata in colore più scuro. I triangoli rossi mostrano le zone in cui sono stati trovati cinghiali selvatici positivi e i punti blu corrispondono agli allevamenti infetti

Tutti gli operatori del settore, i veterinari pubblici e molti privati sono stati negli ultimi mesi preoccupati dell’evoluzione della Peste suina nel Nord-Ovest italiano. Le informazioni da parte delle autorità però arrivano con ritardo. Che cosa sta succedendo?

I focolai negli allevamenti di Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna hanno avuto un enorme impatto sia sugli allevatori i cui animali sono stati abbattuti, sia su tutti gli altri delle zone interessate. Un’ampia area geografica della Pianura Padana, dalla provincia di Vercelli a quella di Piacenza, passando per Novara, Milano, Pavia, Lodi, fino ai confini con Cremona, è ora sottoposta a pesanti restrizioni ai movimenti e ai commerci. Misure purtroppo necessarie, visto che la situazione continua a peggiorare.

Una situazione che lei aveva previsto…

In un articolo pubblicato sul sito Veterinari uniti per la salute a dicembre del 2023 avevamo previsto che il 2024 sarebbe stato estremamente difficile, con un elevato rischio di epidemia estiva negli allevamenti di suini domestici. Le previsioni erano state fatte sulla base dell’analisi dei pochi dati epidemiologici pubblicamente disponibili e di una valutazione delle iniziative inadeguate messe in atto dalle autorità locali. Misure coordinate dal Commissario straordinario per la PSA Vincenzo Caputo, dimessosi proprio quando la bomba a orologeria stava esplodendo. Solo adesso, dopo che per oltre due anni la comunicazione pubblica è stata improntata alla minimizzazione, si dice che la situazione è molto seria e si mettono sotto pressione gli allevatori perché assicurino la biosicurezza nei loro allevamenti. Negli ultimi mesi in realtà è stata data un’enfasi crescente alla necessità di un “abbattimento generalizzato” dei cinghiali.

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Le attività di depopolamento “non mirato” dei cinghiali potrebbero aggravare la situazione, favorendo la movimentazione verso zone non infette degli animali che si sottraggono all’abbattimento

Quali rischi ne conseguirebbero?

Attività di depopolamento “non mirato” dei cinghiali potrebbero aggravare la situazione, come dimostrano gli altri Paesi europei che hanno adottato quest’approccio. Il rischio è favorire la movimentazione verso zone non infette dei cinghiali che si sottraggono all’abbattimento. Si dovrebbe piuttosto concentrare gli abbattimenti nella zona compresa fra le aree in cui la Peste suina è presente e quelle dove non si sono verificati ritrovamenti di carcasse infette per creare una “fascia taglia fuoco”. Quest’operazione va realizzata aiutandosi anche con barriere vicino alle strade, per ostacolare gli spostamenti dalla zona infetta. Tutto ciò finora non è stato fatto o è stato fatto poco e male.

È dato per certo da molti che per uscire dal problema della Peste suina ci vorranno anni. Lei è d’accordo?

È proprio così: ormai non c’è nessun esperto che preveda che la situazione possa risolversi rapidamente. Finora si è lasciato credere che il problema si potesse risolvere in pochi mesi, magari dandosi come obiettivo l’eradicazione dei cinghiali, impossibile da raggiungere con gli attuali strumenti e certamente non in tempi brevi. Cercare facili capri espiatori è però inutile e controproducente. Ora la priorità è fronteggiare l’ondata dei focolai nei suini domestici visto che ci si sta rendendo conto che spesso la biosicurezza negli allevamenti è molto carente. Lo ha evidenziato lo stesso nuovo commissario straordinario Giovanni Filippini. Ma bisogna farlo anche pensando al futuro.

zanzara
Gli insetti potrebbero agire da “vettori meccanici” e giocare un ruolo nella diffusione del virus negli allevamenti

Tuttavia, la biosicurezza resta fondamentale per evitare futuri focolai di Peste suina…

Certamente. Ma l’idea che basti implementare le misure di biosicurezza per evitare futuri focolai negli allevamenti non mi convince del tutto. Dobbiamo capire le cause del picco di focolai estivi e individuare con maggiore precisione il fattore scatenante. Oltre alla biosicurezza insufficiente, potrebbero esserci co-fattori di rischio legati alla stagione estiva. Gli insetti potrebbero agire da “vettori meccanici” e giocare un ruolo importante nella diffusione del virus negli allevamenti, almeno in alcuni casi. Si tratta solo di un’ipotesi, ma potrebbe spiegare l’insorgenza improvvisa e pressoché simultanea di tanti focolai in piena estate, che non può essere invece causata solamente da una “improvvisa” carenza di biosicurezza, che va contro la logica.

Altre raccomandazioni?

Rafforzare le attività di comunicazione dei produttori e di tutte le parti interessate. Finora queste sono state inadeguate, così come le attività di formazione destinate agli allevatori. Le interviste rilasciate da alcuni responsabili di aziende agricole colpite dall’epidemia denotano scarsa conoscenza delle misure essenziali come l’abbattimento. Questo è molto grave: senza la consapevolezza, il coinvolgimento e la responsabilizzazione degli operatori e degli altri soggetti non vi è possibilità di risolvere il problema. Speriamo che le attività di formazione rese obbligatorie per gli operatori da recenti disposizioni ministeriali servano a colmare queste gravi lacune. Purtroppo, il rischio è che nell’estate 2025 ci si ritrovi di fronte allo stesso problema di quest’anno. E potrebbe essere ancora peggiore.

© Riproduzione riservata; Foto: Depositphotos, Bollettino epidemiologico nazionale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Abruzzo e Molise

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PAOLO
PAOLO
3 Settembre 2024 16:25

Mi chiedevo ma le ASL del territorio nella fattispecie i dipartimenti veterinari di Prevenzione cosa stanno a fare? Se non servono e, la loro utilità è pari a ZERO …..

Roberto La Pira
Reply to  PAOLO
3 Settembre 2024 17:21

In Italia il sistema di prevenzione basato sui veterinari è molto efficiente. Forse in questo caso spettava ai vari commissari straordinari adottare provvedimenti e attivare in modo intelligente i veterinari. Questa cosa si sta facendo solo ora in regione come Lombardia , Emilia-Romagna e Piemonte ma sono passati 30 mesi dall’inizio dell’epidemia.

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