Capsule di integratori alimentari di curcuma o curcumina

Nel mondo sono in commercio non meno di 80mila tipi di integratori alimentari con supposti effetti benefici sulla salute, per un giro di affari che, solo negli Stati Uniti, nel 2023 ha superato i 150 miliardi di dollari, avvicinandosi a quello dei farmaci veri e propri. Eppure, a uno sguardo più attento, ciò che balza agli occhi è l’opacità di prodotti che possono mettere a rischio la salute di chi li utilizza. Secondo alcune stime, nel decennio 2010-2020 negli Stati Uniti integratori non controllati hanno provocato un aumento della necessità di trapianti di fegato del 70%, rispetto a quanto accaduto tra il 1994 e il 2009.

A ricordarlo è uno studio pubblicato su JAMA da un gruppo di esperti che lavora da tempo sul tema dei rischi per il fegato degli integratori e sulle lacune della regolamentazione del mercato statunitense. I ricercatori dell’Università del Michigan di Ann Arbor, infatti, avevano già pubblicato, nel 2019, una ricerca preoccupante. Analizzando 272 prodotti normalmente venduti negli Stati Uniti, avevano dimostrato che più della metà di essi (il 51%) aveva etichette sbagliate, che non illustravano quanto effettivamente contenuto (verificato tramite test specifici) e che vantavano effetti mai dimostrati, prevalentemente relativi alla perdita di peso, al vigore sessuale e ad aspetti estetici. 

Farmaci multipli. ordinati in piccoli piatti o coperchi dalle gemme su uno sfondo grigio. Farmaci e pillole popolari. integratori pastiglie pillole capsule
Uno studio precedente aveva mostrato che più della metà degli integratori in commercio negli USA aveva etichette irregolari

Lo studio su integratori e fegato

Ora hanno fatto un passo ulteriore, verificando l’esposizione di un campione significativo di popolazione che aveva preso parte a una delle rilevazioni chiamate NAHNES (da National Health and Nutrition Examination Survey) a sei integratori di origine vegetale potenzialmente tossici per il fegato: la curcumina, il tè verde, la cimicifuga o black cohosh, la Garcinia cambogia, l’ashwagandha o ginseng indiano e il riso rosso fermentato.

Innanzitutto, gli integratori sono davvero diffusi: il 4,7% delle poco meno di 10mila persone intervistate (età media: 47,5 anni, uomini e donne) ha ammesso di aver assunto integratori contenenti uno tra i sei principi attivi nei 30 giorni precedenti, per lo più senza aver chiesto al proprio medico. Il dato, trasposto sull’intera popolazione statunitense, equivarrebbe a 15 milioni di persone che nel mese precedente hanno assunto sostanze che possono rappresentare un rischio per il fegato. Per confronto, le persone che, nello stesso arco di tempo, assumono farmaci tradizionali che possono essere tossici per il fegato quali alcune statine o alcuni antinfiammatori non steroidei sono in numero simile.

Capsule di integratori e polvere di curcuma o curcumina
Gli integratori di curcuma sono i più popolari tra quelli inclusi nello studio per il rischio epatotossicità

Curcumina e té verde i preferiti

Poi, andando più nello specifico, gli autori hanno visto che la sostanza più amata è la curcumina, consumata dal 3,46% del campione, seguita dal tè verde (1,01%), dall’ashwagandha e dalla cimicifuga (0,38%) e poi dal riso rosso fermentato (0,19%). Infine, tra chi sceglie la curcumina, il 26,8% lo fa pensando che sia benefica per le articolazioni e l’artrosi, mentre chi preferisce il tè verde nel 27,2% dei casi pensa di migliorare così le proprie energie e chi assume Garcinia cambogia ritiene che questa possa aiutare a perdere peso.

Lo scopo del lavoro – hanno spiegato gli autori – non è spaventare le persone, anche perché esso non dimostra affatto un legame tra l’assunzione di questi integratori e un danno epatico o una necessità di trapianto. Piuttosto, è avvisare i consumatori affinché chiedano al proprio medico prima di assumere qualunque integratore e, contemporaneamente, sollecitare i legislatori a regolamentare meglio tutto il settore, a cominciare dalle regole sull’etichettatura per continuare con i controlli sui principi attivi e con le indicazioni per i clienti.

© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock, Depositphotos

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Gabriele Saudelli
Gabriele Saudelli
5 Settembre 2024 01:24

Le etichette! Brava: sono poche le aziende che indicano con precisione i componenti di un prodotto! Sì, scrivono la titolazione, almeno sappiamo che ciò che si prescrive ha qualità; difficile trovare la specifica di un e.s.: l’Estratto Secco. Non viene quasi mai indicato il rapporto Droga:Estratto, D:E, da cui si può evincere la dose che si prescrive. Da medico fitoterapeuta faccio impazzire gli informatori perché mi presentano prodotti chiaramente nati sull’onda di una notizia. E faccio impazzire i pazienti cui un naturopata ha illegalmente prescritto un farmaco fitoferivati. Ah, non dimentichiamolo: solo il medico può prescrivere i fitoderivati…

Joe
Joe
5 Settembre 2024 07:40

Grazie dell’articolo. Ci sono di certo integratori assolutamente non affidabili sul mercato e abbiamo bisogno di più ricerca – specialmente sugli interazioni. Ma c’è anche da dire che se uno fa attenzione alla marca, il dosaggio ed eventuali controindicazioni studiando la letteratura scientifica gli integratori possono essere sicuri e di grande beneficio. L’epatotossicità non dovrebbe essere un qualcosa che si aggiunge senza specificare caso per caso: per il tè verde, vale soprattutto per prodotti con livelli di EGCG elevatissimi (equivale a 10-20 tazze di tè verde) e l’UE ha emesso un avviso contro prodotti con più di 800mg. Ci sono anche prodotti ‘tè verde’ che contengono ormoni e altre schifezze da marche dubbiose dalla cina ecc, soprattutto per la perdita di peso! Da evitare!! La curcuma è un altro caso: parliamo di 9-10 casi dove non è chiaro se la curcumina fosse la vera causa. Probabilmente parliamo di dosaggi elevatissimi, altri attivi e anche materie prime inquinate. Tante erbe che provengono dalla cine e dall’India sono pieno di metalli pesanti ed altro.

Cristiano
Cristiano
5 Settembre 2024 09:38

buona notizia sugli integratori

Raffaelee
Raffaelee
5 Settembre 2024 17:16

Pochissimi medici sono competenti di fitodedivati ma conoscono soltanto il prontuario ed i protocolli farmocologici delle industrie farmaceutiche e quant’altro bene propagandato da loro rappresentanti. Vorrei sbagliarmi ma e’ così purtroppo

Mary
Mary
5 Settembre 2024 22:52

LO STUDIO È STATO EFFETTUATO NEGLI STATES E LE NORME SONO DIVERSE DALLE NOSTRE.
L’ARTICOLO COMUNQUE FA RIFLETTERE PER INFORMARCI MEGLIO SE SIANO DAVVERO NECESSAR E IN ALCUNI CASI SE SE NE FACCIA UN USO SMISURATO CON LA CONVINZIONE DI PROVATA EFFICACIA E SPERANZA DI MIGLIORARE LE PROPRIE CONDIZIONI DI SALUTE.
SARÀ COSÌ O METTIAMO A RISCHIO LE CONDIZIONI EPATICHE???

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