I giornalisti fanno un lavoro bellissimo, ma sempre più difficile: vi spieghiamo perché. Abbiamo chiesto a un noto studio di avvocati del centro di Milano un preventivo per la difesa in una causa civile per danni da diffamazione portata avanti da un’azienda alimentare che fattura oltre 750 milioni di euro l’anno. Il preventivo dello studio legale prevede una spesa di 36 mila euro. Un amico avvocato ci ha chiesto 18 mila euro, che è poi la tariffa minima indicata dall’ordine per una causa come la nostra in cui l’azienda dichiara di aver subito un danno di 1,5 milioni. Attenzione però, perché per una causa di questo tipo uno studio legale può chiedere come parcella oltre 50 mila euro per la difesa (si tratta dell’importo massimo previsto nel tariffario degli avvocati).
Il problema è che spesso questo tipo di cause ha il solo scopo di intimidire i giornalisti e non di ristabilire la verità dei fatti. La causa viene portata avanti anche se l’articolo si limita a raccontare gli eventi basandosi su documenti ufficiali, senza alcuna frase o giudizio calunnioso. Gli avvocati delle aziende sono abilissimi nel creare teoremi, nel vantare danni di immagine e di altro tipo, salvo poi non riuscire a documentarli. Il più delle volte sanno che il giudice rigetterò la querela, ma questo non importa. Lo scopo non è ottenere giustizia, bensì creare un clima di incertezza o addirittura panico in redazione.
La mission degli avvocati è impaurire i giornalisti chiedendo cifre iperboliche. Pretendere 1,5 milioni di euro a titolo di rimborso a una realtà editoriale come la nostra, sapendo che nel caso di soccombenza non sarebbe in grado di fare fronte, vuol dire avere come scopo la chiusura del sito.
La nostra esperienza
Le cause per diffamazione che ho dovuto affrontare sono tante, ma non ho mai perso. Per quanto riguarda Il Fatto Alimentare in alcuni casi si è trovato un accordo con le aziende, anche se questo comporta comunque il pagamento delle parcelle degli avvocati. Per una redazione come la nostra le spese legali sono un onere difficile da sostenere e le aziende lo sanno. Diverso sarebbe se venisse riconosciuta, come avviene in altri Paesi, la lite temeraria per cui l’azienda querelante, quando perde la causa, deve pagare al soggetto querelato il 10-20% dei danni reclamati. Se fosse così, saremmo quasi “ricchi” e il numero di querele per diffamazione in Italia si ridurrebbe del 90%.
La libertà di informazione è in pericolo
Il nostro sistema giuridico però permette di avviare una causa civile per danni da diffamazione anche senza uno straccio di prova del danno, al solo scopo di intimorire. Nelle conversazioni che ho avuto in tanti anni di lavoro, più volte gli interlocutori puntualizzavano che la nostra colpa è di informare i lettori, non di scrivere articoli scorretti. Sì, avete capito bene, non ci accusano di avere scritto cose false. Viene messo in discussione il diritto all’informazione previsto dalla Costituzione. La querela arriva perché abbiamo avuto l’impudenza di raccontare fatti che non piacciono. Fino ad ora queste vicende giudiziarie le abbiamo condivise solo all’interno della redazione. Adesso abbiamo deciso di informare i lettori sulle varie fasi, per fare loro capire quali sono le leve su cui possono agire alcune imprese desiderose di censurare la stampa indipendente.
C’è poi un altro sistema utilizzato da alcune aziende per evitare che i giornalisti pubblichino articoli scomodi. Si tratta di stipulare contratti pubblicitari generosi con gli editori che, per evitare di perderli, evitano di pubblicare articoli scomodi o di realizzare inchieste potenzialmente fastidiose per l’inserzionista (oltre al caso ambiguo dei pubbliredazionali) . Questo sistema è molto diffuso nei giornali e nei siti online, ma con noi non funziona.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
La lite temeraria è presente anche nell’ordinamento italiano, ex art.96 c.p.c., è anche vero che purtroppo è un istituto poco conosciuto e utilizzato :-/
La lite temeraria viene concessa raramente dai giudici italiani e comunque si tratta di qualche migliaio di euro. Non è certo un elemento che può intimorire le aziende che vogliono fare una querela per diffamazione priva di riscontri
SO BENE quanto agiscano sporco politici,gruppi di pressione e grandi ditte: non a caso da decenni sto spingendo dovunque (lettere ai giornali, ai politici, post sui forum ecc) perchè venga implementato nella legislazione italiana
un OBBLIGATORIO ed identico risarcimento pecuniario o una condanna penale identica, quando si fanno querele infondate, oppure quando si denuncia il falso, calunniando ed esponendo a conseguenze penali anche gravi gente che spesso è totalmente innocente (codici rossi e simili) mi quereli e vuoi un risarcimento milionario?
Benissimo. Ma se mi hai querelato ingiustamente, sei tenuto a risarcirmi con una somma IDENTICA a quella che pretendevi.
QUESTA, è una VERA giustizia: e noi la vogliamo. E questo ci daranno:anche con una legge di iniziativa popolare se occorre.
Buona sera, dalla risposta si evince che ha buona conoscenza della materia. Si potrebbe promuovere, attraverso l’organizzazione Change. org, una petizione. Personalmente aderisco a moltissime e per i più disparati motivi sociali.
esatto: in modo tale da fare il passaparola con i social…
bella teoria, perfettamente d’accordo! In uno stato civile, ma da noi “civile” vuol dire soltanto “non militare”.
Sarebbe interessante sapere volta volta chi querela e perchè cosi che noi consumatori e vostri lettori possiamo decidere di non acquistare i prodotti di quell’azienda. Magari saremmo un granello di sabbia rispetto a tutti i consumatori, ma vale la pena provare.
nel mio piccolo mi comporto cosi: mi rifiuto di acquistare qualsiasi cosa che sia soggetta a pubblicità martellanti, che siano divani, cioccolati, antifurti e via dicendo….so che é come combattere contro i mulini a vento ma i mei soldi non li prendono!
Che dire siete dei grandi, speriamo arrivino presto leggi che penalizzino chi fa cause temerarie allo scopo di falsare l’informazione.
non in questo stato e con questi politicanti
L’ambito lavorativo è diverso, tuttavia mi è venuto in mente quel Gruppo romano che aveva messo la mia azienda sulla Lista nera (letteralmente) perchè avevamo osato fargli causa (vincendola ovviamente). Dopo 10 anni io sono ancora qui e loro sono falliti ed auguro identica sorte a chi vuole mettere i piedi in testa al giornalismo serio.
La prevaricazione dei grossi nomi, è all’ordine del giorno in ogni settore; non è facile, ma bisogna trovare il modo di non farsi mettere i piedi in testa.
Dovresti dire il nome del “gruppo romano” e cosa produceva la tua azienda e di quanti soldi era la causa
Ma dovete dirci qual è l’azienda in modo da boicottarla tutti!
Suppongo che la decisione di esporre questi interessanti aspetti poco conosciuti dal pubblico, derivi da quanto raccontato qui qualche giorno fa: https://ilfattoalimentare.it/articolo-spot-san-benedetto-elisabetta-canalis-tribunale.html
La classica goccia che fa traboccare il vaso, parlando proprio di acqua!
Sul fronte più importante sarebbe utopistico pensare che i diritti siano una cosa scontata e intoccabile, purtroppo ce lo siamo già detto che le insidie sono innumerevoli e i più forti esercitano il loro potere approfittando delle inadeguatezze della legge e della discrezionalità, per non dire di peggio, delle persone preposte alla applicazione delle regole esistenti, che sconfina nella ingiustizia in alcune occasioni.
Sta passando tra le altre cose come normalità il concetto che non basta dire la verità per non essere censurati, conta anche il modo con cui si afferma qualcosa, aprendo la parta a malefica discrezionalità selettiva………….
Per un diritto importante come la possibilità di esprimere educatamente opinioni vale la pena di lottare? senz’altro SI senza se e senza ma e a noi lettori sta il compito di sostenervi per quanto ci è possibile, non solo a parole.
Sono estimatore di un detto erroneamente attribuito a Voltaire ma ugualmente importante che recita più o meno ” non condivido a volte quello che dici ma lotterò perchè tu abbia il diritto di dirlo”, sta poi alle persone intelligenti imparare qualcosa da ogni vicenda, positiva o negativa che sia.
Ma questo, purtroppo, é un paese del QUARTO mondo e ne é il capostipide
Mi spiace molto
salve. Sarebbe già qualcosa, ma io sarei più drastico: vorrei che tutti i giornalisti protestassero all’unisono e con decisione per portare il legislatore a fare una legge che condanni il querelante a pagare tutta la cifra che chiede al querelato in caso i primo perdesse la causa
Conosco bene la pratica delle liti temerarie e sono con voi, ma non trovo corretto non indicare nell’articolo di quale azienda si tratta nello specifico caso riportato
Lo faremo presto
I miei complimenti.
Per fortuna che esistono testate giornalistiche come la Vostra
Chiedo scusa ma la simulazione di reato non esiste più?
nome della società che ha fatto causa almeno non compreremo più quei prodotti
lo stesso succede con Report: siamo uno stato in balìa di multinazionali che mal tollerano la scoperta di magagne, l’essenziale é fare soldi, come non importa e chi si mette di traverso rischia; pubblicità ingannevoli e etichette poco chiare fanno parte del gioco.