L’acquacoltura, ovvero la pratica di allevare pesci e molluschi in ambiente controllato, sta emergendo come un settore chiave nell’Unione Europea. Nel 2021, l’acquacoltura europea ha raggiunto un valore di ben 4,2 miliardi di euro, producendo circa 1,1 milioni di tonnellate di prodotto, corrispondente a un quarto della produzione ittica europea nel complesso. Eurostat ha pubblicato recentemente una panoramica con i dati e le statistiche del settore.
Nei paesi attorno al Mediterraneo, dove la pesca in mare avviene principalmente con imbarcazioni su piccola scala, l’Italia riveste un ruolo di rilievo all’interno di questo panorama. Insieme a Spagna, Francia e Grecia, il nostro paese si posiziona tra i principali produttori nel settore dell’acquacoltura, responsabili di circa due terzi (68,0%) del totale della produzione complessiva dell’Unione Europea.
Ma i diversi prodotti ittici hanno differenti valori di mercato. Ad esempio, il prezzo medio all’ingrosso delle cozze era di circa 1 euro al kg, mentre per il branzino si arrivava a 6 euro al kg e per il tonno 13 euro al kg. Infatti se si parla di valore della produzione, quello della Norvegia supera l’intera UE. Il Pease scandinavo infatti con una produzione di 1,6 milioni di tonnellate (quasi esclusivamente salmoni), ha raggiunto un valore di 7,9 miliardi di euro nel 2021. È inoltre il secondo esportatore al mondo di prodotti ittici, dopo la Cina.
Il biologico
L’acquacoltura biologica sta conoscendo una crescita significativa nell’UE. In Irlanda, circa l’84% della produzione (principalmente salmoni) è avvenuta secondo i criteri del biologico nel 2021, la percentuale più alta fra i paesi UE. Paesi come Paesi Bassi e Slovenia hanno raggiunto oltre un terzo della produzione con questa certificazione. Tuttavia, in Francia, Spagna e Grecia, l’acquacoltura biologica costituisce meno del 5% della produzione totale, evidenziando disparità significative. Tra il 2012 e il 2021, la produzione biologica è cresciuta rapidamente in diverse nazioni, tra cui l’Italia, mentre in altre si sono registrate contrazioni, evidenziando una dinamica diversificata nel settore.
L’allevamento di pesce (in particolare trota, branzino, spigola, carpa, tonno e salmone) e molluschi (soprattutto cozze, ostriche e vongole) ha costituito quasi l’intera produzione di acquacoltura per peso nell’UE nel 2021. La trota iridea è stata la specie più preziosa, rappresentando circa il 14% del totale. Seguivano per valore la produzione di spigole, branzini e ostriche. Si segnala inoltre la coltivazione di alghe come settore emergente. Alcune nazioni dell’UE, come Spagna, Francia e Grecia, presentano una notevole specializzazione nel settore della produzione di specie ad alto valore aggiunto. Paesi come Italia e Francia si distinguono nella produzione di molluschi, mentre paesi come Irlanda e Norvegia sono leader nella coltivazione di salmoni. Questa diversificazione è fondamentale per coprire le esigenze di un mercato in crescita, sia a livello nazionale che internazionale.
Acquacoltura e ambiente
Un ultimo focus è sulla sostenibilità che è diventata un obiettivo chiave in questa industria. L’adozione di pratiche rispettose dell’ambiente e l’investimento in tecnologie avanzate stanno guidando la crescita dell’acquacoltura in Europa. Questo approccio contribuisce non solo a garantire la disponibilità continua di prodotti ittici di alta qualità ma anche a ridurre l’impatto ambientale negativo.
Abbiamo chiesto un parere alla situazione italiana a Valentina Tepedino, medico veterinario esperta del settore. “In Italia l’acquacoltura ha bisogno di crescere come credibilità. Uno degli aspetti più critici relativamente a una corretta crescita sostenibile dell’acquacoltura, soprattutto nel nostro Paese, è l’accettabilità sociale del settore e dei suoi prodotti. Per fare questo occorre una corretta informazione e comunicazione sottolineando non solo il ruolo produttivo ma anche di supporto alla risorsa, all’ambiente, alla sicurezza alimentare, al territorio e all’economia dello stesso.
È fondamentale spiegare che la sostenibilità per essere davvero efficacie deve essere ambientale, sociale ed economica. In Italia ancora molte persone considerano uno “sfregio” naturalistico la presenza di un impianto di acquacoltura in mare e non solo, così come molti considerano di seconda scelta i prodotti allevati rispetto a quelli catturati in mare. L’innovazione nel campo dell’acquacoltura è tantissima e la molluschicoltura è la forma di produzione di proteine animali forse più sostenibile di tutte ma è necessario fare maggiore divulgazione in modo semplice, efficace ed autorevole.”
In conclusione, l’acquacoltura nell’Unione Europea rappresenta un settore in crescita con un futuro promettente. L’Italia, insieme ad altri paesi chiave, svolge un ruolo cruciale nella promozione della sostenibilità e della qualità in questa industria in costante evoluzione. Quello che manca forse è una corretta e approfondita informazione destinata ai consumatori.
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Occorre una comunicazione trasparente circa l’effettiva sostenibilità di tali allevamenti, che spieghi come concretamente ci si attivi per ridurre l’impatto sull’ambiente marino e sulla salute degli animali (inquinamento, antibiotici, ecc.).
L’acquacoltura è un bene sin dall’antichità! Ma gli standard degli allevamenti si devono “avvicinare “il più possibile ad un modo più naturale possibile : vuoi mettere un pollo cresciuto a terra ed al chiuso rispetto a quello cresciuto all’aria aperta e con molto spazio a disposizione?
Ma i polli bio sono cresciuti all’aperto con un campetto a disposizione , però costano il doppio
credo sia solo un problema di domanda ed offerta !
…. e di aiuti economici statali come incentivi statali e/o europei come fatto per il vino il grano ecc
…e comunque c’è una bella differenza tra un kg di branzino a 20 euro al kg es del tigullio e/o sardegna rispetto ai 50 euro del pescato . Resto dell’idea che un buon allevamento molto vicino alle leggi della Natura quindi intendo anche alimentazione sia un buon se non ottimo obbiettivo nutrizionale ed occupazionale!