Dopo il nostro articolo sulla data di confezionamento dei prodotti preincartati nel supermercato, una lettrice ci ha scritto per chiedere delucidazioni su un argomento simile: la carne confezionata nel punto vendita deve riportare in etichetta la data di scadenza? Anche in questo caso risponde Roberto Pinton, consulente aziendale ed esperto di diritto alimentare.
Buongiorno, sono un paio di volte che acquisto della carne di pollo e tacchino dal market Tigre e ho notato che non c’è la data di scadenza. In verità ho notato che anche in altri supermercati seguono la stessa politica. Premetto che è la carne del bancone che viene confezionata dagli addetti del market. Praticamente c’è la data di confezionamento ma non di scadenza. È corretto?
Sara
Risponde Roberto Pinton, consulente aziendale ed esperto di diritto alimentare.
La lettrice tocca un tasto che è stato delicato per qualche decennio, con qualche sporadica sanzione agli operatori irrorata da qualche giudice di pace, poi definitivamente sotterrata dalla Corte di Cassazione, che con la sentenza 24379 del 9 settembre 2021 (proprio sull’omissione della data di scadenza su fettine di pollo confezionate nel punto vendita di una catena della grande distribuzione) ha confermato la non obbligatorietà della data per i prodotti preincartati.
Già il decreto legislativo 109/92, che attuava direttive CEE del 1989, distingueva tra ‘prodotto alimentare preconfezionato’ (cioè l’unità di vendita destinata a essere presentata come tale al consumatore, costituita da un prodotto alimentare e dall’imballaggio in cui era stato immesso prima di essere posto in vendita) e ‘prodotto alimentare preincartato’ (ossia l’unità di vendita costituita da un prodotto alimentare e dall’involucro nel quale e’ stato posto o avvolto negli esercizi di vendita).
E già la circolare del ministero delle Attività produttive del 10 novembre 2003, n. 168 (Etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari) indicava che i prodotti preincartati, confezionati nel punto vendita ai fini della vendita immediata (l’immediatezza non fa riferimento a un termine temporale, ma alla modalità di offerta al pubblico a libero servizio, senza la presenza di addetti) sono sì preimballaggi, ma la peculiarità della destinazione alla vendita immediata li assimila ai prodotti sfusi, per i quali sono richieste meno indicazioni (nello specifico l’unico prodotto sfuso per il quali è richiesta la data di scadenza è la pasta fresca, ripiena o meno).
La Corte di Cassazione ha ritenuto di concordare con la circolare ministeriale: i prodotti preconfenzionati nel punto vendita per la vendita immediata sono da parificarsi ai prodotti sfusi, con conseguente non obbligatorietà dell’apposizione della data di scadenza per l’immediato esito alla clientela. Il che è del tutto sensato: se la consumatrice oggi 30 giugno chiede al banconiere di affettarle una certa quantità di fettine di petto di pollo non troverà sull’incarto la data di scadenza: sa che ha acquistato le fettine il 30 giugno e le consumerà nel minor tempo possibile (sempre previa accurata cottura).
Allo stesso modo non troverà la data di scadenza se, anziché chiederle al banconiere, preleva dal banco frigo un vassoietto di fettine di pollo preparato sempre oggi 30 giugno dallo stesso banconiere lì nello stesso punto vendita. Ai fini della conservazione è del tutto ininfluente che l’operazione sia avvenuta su sua richiesta e in sua presenza o in sua assenza, quel che conta è se ambedue i prodotti sono stati posti nel rispettivo involucro il 30 giugno. Se la carne di pollo, invece, è preimballata, ossia se non è confezionata nel punto vendita, ma gli perviene già confezionata da un altro operatore, il prodotto non è per niente assimilabile a un prodotto sfuso: l’obbligo della data di scadenza (“da consumare entro …”) è confermato, come previsto dal regolamento (CE) n. 543/2008.
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E vogliamo allora dire qualcosa sulla pratica di ri-etichettatura di questa categoria di prodotti? In quasi tutti i supermercati, se uno ci fa caso, ad un certo punto arriva il macellaio di turno con un carrello, preleva svariati pacchetti di carne, li porta sul retro e dopo un periodo variabile riempie gli scaffali che aveva parzialmente svuotato, con dei pacchetti di carne. Li avrà solo ri-confezionati o casualmente è arrivata proprio adesso una nuova fornitura degli stessi pezzi di carne prelevati poco prima e chissà finiti dove?
Io vorrei sapere perchè sul salmone confezionato alcune marche non mettono più la provenienza del salmone. E io non lo compro quando non è indicata.
L’indicazione della provenienza sul salmone fresco confezionata è obbligatoria
Diciamo che è come chiedersi come mai se compro salumi o formaggi al banco del salumiere nel supermercato non c’è scritta la data di scadenza, passati alcuni giorni sarà il consumatore a valutare se il prodotto è ancora commestibile affidandosi a vista, olfatto e gusto.
Un prodotto tagliato ed incartato da loro al momento e davanti al cliente non ha una data di scadenza, semmai potrebbe essere corretto dare un’informazione generica del tipo “è preferibile non consumare il prodotto oltre 3 giorni dalla data di confezionamento” in caso di salumi o carne o più giorni per i formaggi, soprattutto quelli più stagionati o venduti a pezzi interi e non a fette.
Più che altro bisognerebbe farlo per le persone che non hanno la minima idea di quanto possa durare un prodotto.
Una scelta legislativa comprensibile parzialmente, perché il venditore può essere a conoscenza di modalità di trattamento di quella partita (es., catena del freddo interrotta) che caratterizza la durata del prodotto sullo scaffale.
Prendiamo il pesce: presenta delle caratteristiche tali da renderlo già poco sicuro quasi subito dopo l’acquisto.
Racconto due miniesperienze.
Ho visto esposto, nel banco frigo di un discount, del pesce eviscerato in evidente stato di malconservazione (era marrone come il cappuccino) e l’etichetta riportava sette gg. dal confezionamento.
In un altro caso, un supermercato di una famosissima “catena” italiana, ho chiesto al direttore di ritirare del pesce azzurro eviscerato che, pur riportando una data di tre gg. era in evidente stato di malconservazione (marrone come il cappuccino). E in questo caso il banco del pesce era presidiato da un addetto.
Mi permetto di fare notare che l’indicazione della data di scadenza non è considerata obbligatoria sugli alimenti commercializzati sfusi o imballati in un punto vendita al dettaglio per la vendita immediata al consumatore finale in forza di quanto prevede il DECRETO LEGISLATIVO 15 dicembre 2017, n. 231 entrato in vigore nel maggio 2018, art. 19. A rigore sempre questo articolo prevede che sia indicata la data di scadenza su “paste fresche e le paste fresche con ripieno” come ravioli, tortellini e simili se prodotti in punto vendita al dettaglio. Le carni fresche di pollame imballate in macelleria, quindi, sottostanno al dettato del sopra citato Decreto Legislativo, al di là delle sentenze e delle Circolari ministeriali citate.