Sono ancora soprattutto giovani, uomini, socialmente avvantaggiati e residenti nel nord Italia i consumatori di alcol ‘a maggior rischio’ nel nostro Paese. È questo ciò che emerge dall’ultima rilevazione sull’alcol del sistema di sorveglianza Passi (Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia), realizzata dalle Asl e coordinata dal Iss (Istituto superiore di sanità) con l’obiettivo di monitorare lo stato di salute della popolazione adulta italiana. L’indagine, invece di proporre il tradizionale focus quadriennale, considera il biennio 2020-2021 per meglio distinguere i dati relativi al periodo di massimo impatto della pandemia sui comportamenti e gli stili di vita. Le tendenze che emergono dal biennio considerato, sembrano comunque sostanzialmente in linea con il quadriennio precedente.
Risulta quindi dai dati resi noti che solo il 44% degli adulti di età compresa tra i 18 e i 69 anni ha dichiarato di non aver consumato bevande alcoliche negli ultimi 30 giorni. In compenso una persona su sette (15%) ne ha fatto un consumo definito a ‘maggior rischio‘ per la salute, per quantità o modalità di assunzione. I comportamenti di consumo considerati a ‘maggior rischio’ sono di diverso tipo, tra questi spicca il cosiddetto binge drinking, cioè il consumo di un alto numero di unità alcoliche* in un’unica occasione (cinque o più per gli uomini e quattro o più per le donne), che riguardano l’8% degli intervistati. Un altro esempio è rappresentato dal consumo esclusivamente/prevalentemente fuori pasto, che coinvolge il 7% della popolazione considerata. Il 2% del panel, inoltre, è a maggior rischio per un consumo abituale elevato, corrispondente a tre o più unità alcoliche giornaliere per gli uomini e due o più per le donne.
Ma chi sono questi consumatori ‘a maggior rischio’? Come accennavamo all’inizio, sono soprattutto giovani, visto che il 30% ha fra i 18-24 anni. La presenza di consumatori ‘a maggior rischio’ tra gli uomini è poi maggiore di quanto non sia nella popolazione generale (19% vs 15%) e, per la maggior parte, si tratta di persone senza difficoltà economiche o con un alto livello di istruzione. È inoltre particolarmente preoccupante il numero di persone che assume alcol pur avendo una controindicazione assoluta, come i pazienti con malattie del fegato, fra i quali oltre la metà dichiara di aver consumato alcol durante il mese precedente l’intervista. Anche il 12% delle donne in gravidanza riferisce di aver bevuto alcol nei 30 giorni precedenti mentre, fra coloro che allattano al seno, la quota sale al 30%.
Dal punto di vista geografico, resta ancora una distinzione legata alle tradizioni locali. Il consumo di alcol a ‘maggior rischio’ è infatti storicamente più diffuso nel Nord Italia, come pure il consumo di tipo binge. Le regioni che registrano il peggior valore nazionale per entrambi gli aspetti sono Emilia-Romagna, Friuli-Venezia-Giulia, Molise, Piemonte, Provincia di Bolzano e Trento e Veneto, mentre le regioni che, sugli stessi aspetti, hanno i migliori valori nazionali sono Lazio, Basilicata, Campania e Puglia. Segnaliamo però che nelle rilevazioni non è compresa la Lombardia. Questa regione ha infatti partecipato al sistema Passi con alcune Asl fino al 2017, ma poi ha abbandonato malgrado il Dpcm di istituzione della sorveglianza la definisca un’attività a rilevanza nazionale a cui tutte le regioni ‘progressivamente’ dovrebbero aderire.
Prendendo poi in considerazione i dati storici, dal 2010 si osservava un lento ma progressivo aumento del consumo a ‘maggior rischio’, determinato dall’aumento del binge drinking e dell’abitudine di bere fuori dai pasti. Nonostante questo, l’attenzione degli operatori sanitari al problema dell’abuso di alcol appare tuttora inadeguata: appena il 6% dei consumatori a ‘maggior rischio’ riferisce di aver ricevuto il consiglio di bere meno. Se l’attenzione si sposta sulla popolazione con più di 65 anni sia riscontra che, sempre nel biennio 2020-2021, il 60% delle persone ha dichiarato di non consumare abitualmente bevande alcoliche, mentre ne riferisce un consumo moderato il 21% e un consumo definito ‘a rischio’ per la salute, pari mediamente a più di una unità alcolica (Ua) al giorno, il restante 19%. È preoccupante il numero di questa fascia di età che assume alcol pur avendo una controindicazione assoluta, come il 28% delle persone affette da malattie del fegato.
(*) Un’unità alcolica equivale 12 grammi di alcol puro, che corrispondono alla quantità di alcol contenuta in: un bicchiere (125 ml) di vino di media gradazione (12°), 330 ml di birra, 30 di superalcolico
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L’alcol fa male, sempre e a qualsiasi età è quantità. È un problema di carattere culturale che incide pesantemente sul sociale. È un tema in qualche modo paragonabile al fumo e pertanto di difficile gestione politica oltre che sanitaria.
I danni da uso di alcol sono evidenti e documentati a carico del fegato come per il fumo sui polmoni.
Solo un uso consapevolmente moderato può essere accettato, ma questo non vale per i giovani.