La pasta del futuro potrebbe essere molto diversa da quella che tutto il mondo conosce oggi: potrebbe essere piatta, prima della cottura. La forma in fogli consentirebbe di risparmiare enormi quantità di imballaggi e di abbattere l’impronta di CO2 a essi associata, per esempio nelle fasi finali del confezionamento e nei trasporti. In più la nuova formulazione cuoce prima, e questo permetterebbe di emettere meno gas serra per la cottura, con conseguenze rilevanti (si stima che in Italia, quelli proveniente da questa specifica attività rappresentino l’1% del totale).
Anche se può suscitare la diffidenza dei puristi, la nuova pasta, messa a punto dai ricercatori del Morphing Matter Lab della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, è giudicata un passo importante verso la sostenibilità di uno degli alimenti più diffusi al mondo, e un esempio di ciò che le più moderne tecnologie possono offrire da questo punto di vista, tanto che si è guadagnata la copertina della prestigiosa rivista scientifica Science Advances, che ha pubblicato l’articolo “Dare forma alla pasta e oltre”.
La pasta piatta, che contiene esattamente gli stessi ingredienti di quella tradizionale, è stata realizzata seguendo lo stesso principio dei mobili componibili e una volta posta in cottura assume la forma familiare ai consumatori: penne, rigatoni, fusilli e così via. Il suo segreto, messo a punto da 17 esperti di scienza dei materiali, ingegneria meccanica e computazionale e design, che da anni lavorano sulle potenzialità di materiali quali il silicone, risiede nella qualità e quantità di piccolissime scanalature impresse sulla sfoglia di semola, che determinano il modo in cui, una volta messa nell’acqua bollente, questa prende una nuova conformazione (vedi video sotto). Lo stesso principio è già sfruttato nella pasta normale, ma in questo caso è amplificato. Nello specifico, infatti, le scanalature impresse aumentano il tempo necessario all’acqua per cuocere una certa zona della pasta e non in un’altra: la parte con la scanalatura si espande di meno rispetto a quella liscia, portando la pasta ad assumere una certa forma.
Quindi, pianificando attentamente dove e come posizionare le scanalature, i ricercatori hanno dimostrato che è possibile controllare quale conformazione dare alla pasta stessa, quando interviene la cottura. Il gusto e la palatabilità, a quanto riferito, sembrano essere identici a quelli della pasta normale. Inoltre i tempi di cottura sono inferiori a quelli della pasta tradizionale, e questo fa risparmiare gas serra.
Sperimentata durante un’escursione dei dottorandi del gruppo, la pasta piatta è rimasta integra e, una volta cotta su un fornello da campo, non ha tradito le aspettative.
E c’è di più. Il metodo potrebbe essere applicato anche in altri ambiti. Poiché il processo dipende dalle scanalature, potrebbe essere utilizzato per conferire una certa forma prestabilita a qualsiasi materiale rigonfiabile utile per esempio in ambito biomedicale.
Come hanno sottolineato gli autori, gli imballaggi alimentari rappresentano una delle principali fonti di inquinamento da plastiche, nelle discariche come nei mari e in tutto l’ambiente. La realizzazione di packaging più sostenibili è un passaggio fondamentale, se si vuole ridurre l’utilizzo di questi materiali.
© Riproduzione riservata. Foto: Advances.sciencemag.org
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Giornalista scientifica
Spettacolare
Tutto molto bello e molto zen. Però non vedo i rigatoni, non vedo i fusilli, non vedo i radiatori…
Certamente il fine di questi studi è lodevole e merita un’applicazione pratica, come ben si comprende guardando la seconda parte del filmato.
Ma i formati della tradizione italiana vanno preservati. Anche l’occhio vuole la sua parte… Se in questi casi non si potrà ridurre il volume, si potrà comunque pensare di vendere la pasta sfusa, in modo da ridurre la plastica usata per l’imballaggio.
e’ vietata la vendita sia di pasta che di riso sfuso per questioni igieniche da almeno 60 anni… si trovava di tutto quando si comprava, dai capelli alle cacche di topo. Che se la mangi chi ha buon stomaco.
ma non è vero che è vietato, conosco diversi negozi che vendono pasta e riso sfusi (senza problemi igienici). Forse il divieto si riferisce all’imballo all’ingrosso…. nei casi che conosco, credo che pasta e riso vengono venduti al dettagliante in sacchi da molti chili l’uno.
vorrei sapere se gli spaghetti subiscono qualche trattamento particolare che li renda più resistenti alla cottura o per altro . Faccio questa domanda, perchè l’ultima volta che li ho mangiati , alla prima forchettata, mi sono sentita soffocare e sono stata malissimo per un quarto d’ora almeno. Penso che possa essere stata un’allergia a qualche componente degli spaghetti.
Gentilissima, difficilmente un processo di produzione può causare questi sintomi, ma le consiglio di rivolgersi a un medico se dovessero ripresentarsi. Riguardo la produzione di pasta qui avevamo approfondito l’argomento: https://ilfattoalimentare.it/pasta-come-mai-non-scuoce.html
L’idea non mi piace per nulla… grazie, passo.
Spero di essere già nell’aldilà quando questo “futuro” arriverà. Che tristezza.